12 novembre 2011

E comunque noi si festeggia

Già, noi si festeggia questa volta, con tanto di spumante e pasticcini. Spumante, non champagne come mi ero promesso non so neanche più quanti anni fa, perché quello lì ci ha ridotti peggio di quanto temessimo, e ora, anche se l'occasione sarebbe una di quelle che meritano, non è il caso di fare spese folli.
È proprio questo il punto, quello che più mi ha fatto lentamente, ma inesorabilmente, montare il nervoso: il fatto che quello là, il Berlusconi, sia stato in grado di deludere perfino le più disilluse delle aspettative, quelle smaliziate.
Perché noi eravamo quelli che in quel 1994 ridevano come matti di fronte al video della sua "discesa in campo", la scrivania in stile classico, le foto di famiglia rivolte verso la telecamera, la libreria alle spalle (finta, ci dissero subito dopo i detective del video), la calza sulla telecamera per ammorbidire i dettagli.
"Un venditore di pentole", pensavamo, "chi ci può cascare"? E ridevamo. E rideva pure lui, che ha poi riso per vent'anni, alla faccia nostra.
Quella prima campagna elettorale fu impressionante.Eravamo abituati ai cartelli col simbolo di partito, VOTA COMUNISTA, DEMOCRAZIA CRISTIANA, magari il faccione del candidato in giacca e cravatta. Lui invase le città di manifesti 6x3, il sorriso accattivante, trasmetteva entusiasmo.
E noi ridevamo. UN PRESIDENTE OPERAIO, MENO TASSE PER TUTTI, UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO. E in rete fioccavano le parodie, e noi ridevamo, credevamo che svelando il ridicolo di questi slogan avremmo convinto tutti della loro inconsistenza.
"Libererò l'Italia dal comunismo" diceva, e noi ridevamo. Al partito aveva dato un nome ridicolo "Forza Italia", e noi ridevamo. Ma gli stupidi eravamo noi che non capivamo quanto fossero azzeccati quegli slogan, quanto fossero in linea con quanto tanta gente voleva sentirsi dire.
Slogan diretti, semplici, efficaci, come quando devi vendere le pentole.
Ci levammo dalla faccia quel sorriso sbruffone quando il Berlusconi vinse le elezioni. Com'era possibile che tanta gente ci fosse cascata? Come potevano essere così stupidi? Ci siamo perfino arroccati in un'arrogante senso di superiorità, il popolo bue, i cervelli cotti dalla televisione (le sue televisioni, poi...), dai cellulari.
Quel sorriso dalla faccia ce lo siamo levato a fatica, ci abbiamo messo un po' ad ammettere che le sue strategie elettorali erano micidiali, azzeccate e vincenti.
E siamo partiti all'inseguimento. Poster 6x3 per tutti, da sinistra a destra, spot televisivi, cantautori ingaggiati per gli inni di partito, promesse.
E in questa gara siamo stati sempre dietro, non c'è niente da fare. Anche quando al governo non c'era lui, le strategie di comunicazione migliori erano le loro. Rimanevamo impressionati da quanto potenti fossero i messaggi che riuscivano a fare passare. Soprattutto quando erano all'opposizione, le loro dichiarazioni erano convincenti pure per noi. Riuscivano a farci dubitare della bontà delle posizioni dei nostri, ne svelavano le debolezze. E se noi duri e puri vacillavamo ma non crollavamo, il "partito degli indecisi" passava compatto dalla sua parte. E lui tornava in sella.
E allora, ora vengo al punto, noi sconfitti, coltivavamo segretamente una sciocca speranza: quello che propone è ridicolo, troppo lontano dai nostri sogni di giustizia sociale per essere condivisibile, ma se lui realizzasse davvero quello che promette, se davvero si creasse questo milione di posti di lavoro, se davvero calassero le tasse, se davvero la cosa pubblica funzionasse come un'azienda, sarebbe poi così male? Non sarebbe comunque meglio della mafia democristiana, delle tangenti socialiste, del nepotismo, dell'inefficienza, del malaffare? Non avrà cinicamente ragione chi se ne sbatte del conflitto di interessi e pensa che se lui fa il bene delle sue aziende, fa il bene di tutta l'Italia?
Pure alle ultime politiche lo abbiamo pensato: questa volta ha una maggioranza talmente schiacciante che se davvero volesse realizzare le sue promesse da venditore di pentole, potrebbe farlo senza problemi.
Eravamo troppo stanchi di prendere mazzate, si continua ad opporsi, perché tutto ciò era troppo profondamente ingiusto e scorretto per essere accettato, ma quel diavoletto cinico sulla spalla continuava a sussurrarci "sei proprio sicuro che il ponte sullo Stretto non sia davvero una spinta all'economia?". No, certo, è una cazzata colossale, rispondevamo, ma il diavoletto non lo ammazzavamo mai del tutto.

E ora, alla fine, ci rendiamo conto che siamo riusciti a liberarcene solo quando è stato inequivocabile che quell'uomo ci ha ridotto col culo per terra, quando è diventato palese agli occhi anche dei più sprovveduti che le sue promesse erano inconsistenti, che il Berlusconi non aveva nessuna capacità (e in fondo nessun interesse, forse) a realizzarne nemmeno una, nemmeno quelle che non avremmo voluto, ma meglio che niente, e ci ha trascinato nel baratro con un tale misto di incompetenza  e inettitudine che alla fine ha sorpreso perfino noi.

E allora noi si brinda. Non è il momento di festeggiare ora, siamo di fronte alle macerie e non abbiamo neanche iniziato a sistemare qualcosa, ma la sensazione che l'opera di distruzione sia finita è netta. Ora toccherà tornare a fare le persone serie, a lasciare perdere l'inseguimento al venditore di pentole, ma noi per ora festeggiamo, con il gradevolissimo sollievo di un peso che ci siamo tolti.
Cin cin.

3 novembre 2011

Fanatismo?

È una cosa il cui principio non posso non trovare detestabile, ma su cui mi rendo conto che la mia reazione è forse un po' eccessiva. L'altro ieri abbiamo fatto il consueto giro dei cimiteri, a rendere un saluto ai nostri morti, come da tradizione.
E già iniziamo male…: in Italia (ma non solo, ovviamente) si fa vacanza in un giorno che celebra tutti i Santi (e provate a fare lo sforzo di immaginare che cosa siano i santi per chi cattolico non è) e non i morti, il cui ricordo e la giusta commemorazione dovrebbe essere concessa a chiunque. Per cui il "giro dei cimiteri" lo si fa il giorno della festa di Ognissanti e non in quello che a calendario viene dedicato proprio alla commemorazione dei defunti.
E vabbè, sono date, convenzioni, non stiamo a farne una questione.
Poi c'è l'altra fonte di irritazione per chi cattolico non è: il monopolio della commemorazione della morte sembra essere di fatto in mano al cattolicesimo.
Non so quando abbiamo iniziato, credo che derivi da una consuetudine di mia moglie, ma noi in questo "giro dei cimiteri" ci portiamo un lumino (quelle candele chiuse in contenitori antivento rossi o bianchi) per ogni morto che andiamo a visitare e poi una volta lì lo accendiamo con la partecipazione confusionaria dei bambini e lo lasciamo a testimoniare il nostro passaggio sulla tomba.
Beh, provate a cercare un lumino che non abbia appiccicata sopra una Madonna, un Padre Pio, un Gesù morto o un Papa Wojlyla. Provate, non ci riuscirete. E io mi irrito: "Possibile che io debba portare ai miei morti la foto di 'sta gente qua?" A persone che in vita se la ridevano di certe cose, poi.
Allora, ai rituali della giornata, se ne è aggiunto un altro: la rimozione degli adesivi dai lumini:

6 ottobre 2011

Il nuovo mondo


Chi mi conosce sa che all'Università ho studiato Fisica. Poi varie vicissitudini han fatto sì che il mio lavoro si incentrasse su tutt'altro campo e la Fisica è passata dall'essere una prospettiva professionale (da grande farò lo scienziato!) ad un hobby, e poi uno dei tanti interessi che ho, coltivati a livello molto superficiale e da distante osservatore.
In ogni caso le mie antenne sono ancora sintonizzate su certi temi e quando dal mondo della scienza viene fuori qualcosa di eclatante, la mia attenzione viene risvegliata e certi meccanismi mentali decisamente arrugginiti si rimettono faticosamente in moto.

Qualche giorno fa è esplosa sui giornali italiani e di tutto il mondo la notizia del superamento della velocità della luce da parte dei neutrini. Poi nel nostro belpaese siamo riusciti a trasformare tutto in farsa grazie soprattutto all'incompetenza del nostro Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, che con un goffo tentativo di attribuire al Governo parte dei meriti dell'esperimento è stata in grado di fare una delle  figuracce più clamorose che la nostra già vergognosa storia ricordi.
Ma a parte questo, la notizia è una di quelle capaci di dare la  sensazione di essere davvero all'ingresso di un nuovo mondo, almeno per quanto riguarda la nostra comprensione del mondo.

Innanzitutto l'esperimento: neutrini, cioè particelle leggerissime (per lungo tempo si è  ipotizzato che avessero massa nulla) prodotte nei laboratori del CERN di Ginevra, sparate sottoterra per 730km e intercettate nei laboratori del Gran Sasso.
Già questa da sola è una cosa mirabolante. Sparare un fascio di roba impalpabile a 730.000 metri di distanza e centrare il bersaglio richiede una precisione fantastica. Ma questa era la parte scontata dell'esperimento.
Lo scopo principale di questo  esperimento è una cosa un po' complessa da spiegare qui, comunque aveva come obbiettivo la verifica del fatto che il neutrino ha effettivamente una massa.
Intanto che c'erano, gli scienziati che lavorano su questo esperimento si sono presi la briga di misurare anche la velocità dei neutrini in questo viaggio.
Cioè, per poco che ne sappia di fisica, se conosco la distanza tra punto di partenza e punto di arrivo, e so quanto tempo ci ha messo ad arrivare, ci va poco a misurare la velocità, no? Divido la distanza per il tempo e voilà.
Attenzione però, qui siamo di nuovo nel mirabolante: immaginate di misurare la lunghezza di una stanza: prendi un metro, ti metti in un angolo, lo tiri, ecc.
Immagina ora di misurare la lunghezza di un campo di calcio. Stesso discorso: prendi un metro un po' più lungo ecc. ecc.
Ma se vuoi misurare la distanza tra, chessò, la porta di casa tua e la porta principale del Duomo di Milano, come fai? Be, facile. Butto via il metro, mi attacco al pc, vado su Google Maps e tiro una riga. A me viene 125.091 metri, ma vatti a fidare.
I ragazzi dell'esperimento hanno fatto una cosa del genere, non con Google Maps, ma utilizzando GPS ad alta precisione e accuratissimi modelli geodesici. Il risultato è che questi signori conoscevano la distanza tra il punto di partenza e quello di arrivo con un incertezza di 20 centimetri. Una spanna su 730km!
E poi occorre misurare il tempo impiegato per andare da un punto all'altro. Anche questo è un problema non da poco a volerlo fare con cura. Innanzitutto si tratta di un tempo ridicolmente breve: 2 millisecondi e mezzo. Non sono in grado di paragonarlo a niente di facilmente intuibile. Diciamo che durante il classico battito di ciglia i neutrini potrebbero fare avanti e indietro almeno una ventina di volte.
E poi, quando la misura deve essere precisa precisa, non è che puoi metterti al telefono a Ginevra e dire "Via!" quando fai partire il fascio e il tuo amico al Gran Sasso fa partire il cronometro e lo ferma quando lo vede arrivare. È un casino mica da poco.
Però pure questa misura sono riusciti a farla con una precisione incredibile e qui, sorpresa! I neutrini ci mettevano un po' meno di quanto previsto e quanto previsto era esattamente il tempo che ci metterebbe la luce a fare lo stesso viaggio. Quanto meno? Un'inezia, 60 millisecondi, uno scarto di poco più di due parti su 100.000. Tipo due gocce d'acqua di meno in un bidone da 5 litri.
Un'inezia.
Però agli scienziati queste inezie non vanno giù. Si può  accettare che i risultati varino di un inezia tra una misura e l'altra, ma in modo casuale, una volta si misura un tempo un po' più lungo, una volta uno un po' più corto. Significa solo che non sono stati bravi a fare la misura, ma se la differenza tra quanto ci si aspetta e quello che si misura è sempre nello stesso senso, vuol dire che c'è qualcosa sotto.
La cosa più banale è che si sia sbagliato qualcosa, per esempio  che la distanza sia effettivamente minore di quanto si pensi. Allora si ripetono tutte le misure, le si fanno con sistemi diversi, le si discutono, le si criticano, fino ad arrivare ad una conclusione: la misura è corretta. Anche perché per giustificare quella differenza avrebbero dovuto sbagliarsi di 18 metri, mentre la loro incertezza era dell'ordine di una spanna.
E così gli scienziati hanno fatto per tre anni. Notare: nessun sensazionalismo, nessuna conclusione affrettata. Per tre anni hanno preso in considerazione e cercato di eliminare ogni causa di errore, ma la differenza tra il tempo atteso e quello misurato rimaneva lì. 60 nanosecondi.
A questo punto, come dice Sherlock Holmes "Quando hai eliminato l'impossibile, qualsiasi cosa resti, per quanto improbabile, deve essere la verità".
E l'improbabile verità a cui tocca arrendersi con incredulo stupore è che i neutrini viaggino più veloce della luce.
E qui casca tutto.
La velocità della luce come limite massimo, praticamente irraggiungibile per qualsiasi cosa abbia una massa è un punto fermo della fisica del ventesimo secolo. Una colonna portante. A scardinarla potrebbe venire giù tutto. Forse esagero, ma le conseguenze concettuali sarebbero gigantesche.

Ora tutte le cautele sono ancora da tenere altissime.  Un dato di tale portata andrà riprodotto da qualcun altro in qualche altro modo per avere la certezza che non si tratti di un'anomalia dovuta a qualcosa sfuggito in questo esperimento. Perché può ancora darsi che nonostante tre anni di riflessioni di simili teste d'uovo,  il motivo di quell'anticipo sia molto più banale. Allora facciamo un altro esperimento da qualche altra parte e rimisuriamo la velocità di questi neutrini.
E poi ci sono altre cose che non quadrano (esempio: come mai non si è mai rilevato niente del genere  durante le esplosioni di stelle in supernova, in cui si ricevono i neutrini contemporaneamente alla luce dell'esplosione?) e altre cose da sistemare.
Ma se, e ripeto, SE il fenomeno dovesse essere reale, cioè i neutrini viaggiano più veloce  della  luce, allora occorrerà risistemare una bella fetta della nostra conoscenza del mondo. Nel passato quando sono successe cose di questo tipo l'impatto è stato  devastante: si è scoperta la fisica quantistica, la relatività, la nostra visione del mondo è mutata in modo  fondamentale.
Chiunque assapori il fascino per l'indagine del mondo sta tifando perché il fenomeno sia reale. Io sono tra questi e spero davvero di potere assistere ad un'altra rivoluzione analoga a quella che si verificò tra il 1900 e il 1930.
Assistere dalla finestra alla nascita di un nuovo mondo. Magari.

5 ottobre 2011

Wikipedia.it è chiusa

e per me è un dramma.
Aggiornamento del 6/10: ha riaperto, era solo una minaccia. Ma se mai dovesse concretizzarsi...

4 ottobre 2011

La giornata di un corridore

Ho provato, per gioco e per memoria personale, a scrivere il resoconto di una gara di corsa a cui ho partecipato la scorsa primavera. Ho cercato di farlo nello stile di quegli splendidi articoli lunghi abbastanza tipici del giornalismo anglosassone, quelli in cui l'autore parla in prima persona raccontando l'evento dal di dentro. Al di là della qualità del risultato (che spero essere almeno decente), ne è venuta fuori una cosa piuttosto lunga, che non è il caso di pubblicare tutta qui. Ne inserisco solo il prologo, poi chi fosse interessato può trovare il documento completo qui.

Corri sul percorso più panoramico d’Italia”. Sono le parole dello slogan della manifestazione a venirmi in mente mentre mi reco a piedi verso la partenza della gara. È un’alba spettacolare: cielo perfettamente azzurro e senza una nuvola; il sole sta spuntando da dietro una montagna e la superficie del lago sembra d’argento. In settimana ha nevicato in alta quota, per cui le cime dei monti che circondano il bacino del lago sono spolverate di bianco. L’aria è frizzante, decisamente fresca, ma mi basta tenere la cerniera della tuta chiusa fino al collo e le mani in tasca per non patire il freddo.
Mi sono iscritto alla Lago Maggiore Half Marathon, una gara podistica di 21.097 metri che si svolge a inizio Marzo, tra le città di Stresa e di Verbania. Sono città che si affacciano su due sponde opposte di un’ansa del lago, per cui il percorso è una sorta di ferro di cavallo che percorre tutto il lungolago tra le due località e lo scenario che ne risulta, al di là della prosopopea dello slogan, è particolarmente scenografico.
(segue)

30 settembre 2011

Cinque anni

Alberto è morto cinque anni fa. E cinque anni esatti è la nostra differenza di età, quindi io da domani sarò più vecchio di quanto il mio fratello maggiore non sia mai stato. Mi è venuto in mente questo passo de "Il primo uomo" che lessi un sacco di tempo fa, quando pensieri di morte e di vecchiaia sembravano solo un'idea remota:

Fu in quell'istante che lesse sulla lapide la data di nascita del padre, scoprendo nello stesso tempo di averla sempre ignorata. Poi notò le due date -"1885-1914"- e fece un rapido calcolo: ventinove anni. Un pensiero lo colpì all'improvviso e lo scosse. Lui di anni ne aveva quaranta. L'uomo che giaceva sepolto sotto quella pietra, e che era stato suo padre, era più giovane di lui.

da Il primo uomo, di Albert Camus

31 agosto 2011

La macchina

Che gusto ci provi a correre? Fatica, maltempo, solitudine. Monotono, sempre lo stesso gesto. Ancora fatica.
Non lo so, in effetti è difficile dare una giustificazione razionale a questa attività, però questa mattina ho provato una di quelle sensazioni che se riuscissi a trasmettere per intero potrei convincere chiunque.

Erano esattamente 19 giorni che non correvo. In vacanza non mi era sembrato il caso di portarmi scarpe e abbigliamento e soprattutto non mi sembrava il caso di bloccare tutta la famiglia in attesa dei rientri dalle mie uscite di corsa. E soprattutto era più di un anno che correvo senza sosta almeno tre volte alla settimana, per cui una pausa ci stava bene. Un po' di riposo non avrebbe guastato.
Così questa mattina mi sono alzato prestissimo - non era ancora giorno - e sono sceso in paese chiedendomi come sarebbe stata quell'uscita, se avrei fatto fatica, se fosse il caso di fare la distanza che mi ero imposto.
Sono sceso dalla macchina e ho fatto un giro del paese per riscaldamento in un percorso a saliscendi.
Il paese dormiva ancora, non c'era nessuno per strada, tranne un gatto che è scappato al mio arrivo. L'aria era fresca, la luce scarsa era quella dell'aurora. Sono passato di fianco al camper di nostri amici pensando che anche loro come noi lo stavano risistemando dopo le vacanze estive. Ho affrontato una salita ripida pensando che in cima c'è un muro a rischio di frana chiedendomi se il Comune avesse davvero intenzione di aspettarne il crollo prima di decidersi a intervenire. Dopo la salita sono passato sotto la scuola che frequentano i miei figli contando mentalmente che loro - fortunati - avevano ancora 12 giorni di vacanza prima di iniziare, infine ho iniziato una discesa che mi avrebbe portato al punto di partenza pensando a…
Ecco, questo è il punto esatto: in quel preciso istante mi sono reso conto di avere fatto quella strada - niente di che, sarà un km in tutto, ma in saliscendi e con una salita piuttosto impegnativa - senza neanche accorgermene, guardandomi intorno e pensando ai fatti miei, mentre le gambe e il cuore e i polmoni mi portavano a spasso con tranquilla efficienza. La sensazione è più o meno quella che si ha passeggiando in bicicletta su un percorso facile. Facile, appunto, gradevole.
Non era la prima volta che mi capitava, anzi direi che mi capita spesso di avere quella sensazione di essere a bordo di una macchina che sono io, ma oggi l'insieme di tutte queste cose - l'alba, la lunga pausa, i luoghi familiari, l'aria fresca e non umida - me l'ha resa ancora più piacevole di sempre.
Questa è stata la bellissima sensazione di essere vivo che ho provato e che vorrei, ma non riesco a trasmettere.

Poi ho iniziato la corsa vera e propria, con l'umore alle stelle e la voglia di correre per sempre.
(ah sì, poi verso la fine dell'allenamento la fatica si è fatta sentire, eccome, ma questo è solo un dettaglio).

19 luglio 2011

Il Baby Juke Box

Tra i CD che mi porto in macchina, ce n'è uno, intitolato Baby Juke-Box che, nonostante il fatto che i miei figli un vero juke box non l'abbiano mai visto, contiene una raccolta di canzoni a loro gradite che metto su in loro presenza non potendo costringerli ad ascoltare certe "robe noiose che ascolta papà".
In realtà questo CD non è l'unica cosa che sentiamo in macchina, perché quando mi capita di ascoltare qualcosa che immagino possa piacergli, lo metto su, lo si ascolta alla noia e poi il best-of viene aggiunto al Baby Juke-Box.
Poi ci sono le richieste spontanee, canzoni che hanno sentito qua e la e che mi chiedono di inserire in lista.

Così questo CD è ormai frutto di un paio d'anni di aggiunte e contiene brani per tutti i gusti (più o meno infantili). A chi può fregare qualcosa, vado ad elencare la lista ragionata dei brani a oggi:
1) Lady Gaga - Bad Romance
Lady Germanotta è una star a casa nostra. Pacchiana e sfacciata quanto basta per renderla simpatica a tutti. La sua musica poi è dance di buon livello, tamarra ma fatta ad arte. Su le maniiii!
2) Britney Spears - Toxic
Volete Lady Gaga? Allora vi piazzo pure Britney. Toxic mi piaceva quando lo sentivo passare per radio, ma in effetti vale meno di quanto ricordassi.
3) Las Ketchup - Asereje
Questa, come alcune altre che vengono dopo, fa parte di un'analoga compilation che Lorenzo ascoltava in macchina con suoi amichetti durante le trasferte al corso di sci con il loro papà. Io le ho riprese passivamente.
4) Shakira - Waka Waka (This Time for Africa)
Grande successo trainato dai mondiali di calcio. Lorenzo ne apprezza gli aspetti calcistici, Carlotta quelli danzerecci e sexy della protagonista. Poi per entrambi è stata oggetto di festa di fine anno (l'hanno imparata per il coro).
5) Chumbawamba - Tubthumping
6) Opus - Live is life
Queste due facevano parte della stessa compilation di Asereje. Le ho inserite anche a memoria della mia adolescenza, ma non ricordavo quando fossero irrimediabilmente brutte.
7) Valeria Rossi - Tre Parole
Canzoncina che va bene per il revival, ma pure questa piuttosto imbarazzante
8) Renato Carosone - Tu Vuo Fa...
Su richiesta di Lorenzo che però aveva sentito l'ipnotico remix contemporaneo. La versione originale non gli dispiace, ma non esalta neanche. Roba troppo vecchia in effetti, per quanto simpatica.
9) The Cramberries - Zombie
In omaggio alla mamma, che questa canzone l'adora. È apprezzata anche dai bambini che ne amano il piglio rock. Quando passa, sul sedile posteriore si scatena il concertino, Lorenzo fa il batterista, Carlotta la cantante e Francesco il chitarrista. Uno spasso
10) Garbage - Milk (Massive Attack remix)
Questo brano omaggia il fidanzamento tra mamma e papà. A quei tempi girava parecchio nelle nostre autoradio. È un po' moscia in effetti, ma va bene per darsi una calmata dopo lo scatenamento di Zombie.
11) Vita Tranquilla - Tricarico
Me la ricordavo simpatica da un Sanremo di qualche anno fa. Carina, ma niente più. Ho l'impressione che ai bimbi non piaccia un granché.
12) Cesare Cremonini Feat. Jovanotti - Mondo
Questo pezzo scatena gli entusiasmi di tutti. Grandi cori e balletti. Il buon Cesare ha un bel piglio, niente da dire.
13) Sade - The Safest Place
Ho sfruttato l'animo romantico di Carlotta per infilare questo pezzo che piace soprattutto a me. Il mio brano preferito dell'ultimo album di Sade.
14) Sting - Englishman in New York
Sentita da Lorenzo a scuola (durante le lezioni di Inglese). Io un po' la detesto, ma a tutti gli altri piace. E io mi adeguo.
15) Giuseppe Povia - I Bambini Fanno ooh…
Pure il piccolo Francesco propone le sue hit. Questa è tutta per lui, ma pure gli altri 2 sotto sotto apprezzano.
16) Bee Gees - Stayin' Alive
Anche questa scovata da Lorenzo (che la chiamava "Stimolai") non so dove. Una ventata di disco anni '70. La balla pure Francesco, col dito al cielo.
17) Sheryl Crow - Here Comes The Sun
Richiesta da Carlotta che l'ha sentita sul finale di Bee Movie. Questa versione con voce femminile le piace di più dell'originale dei Beatles.
18) Petra Magoni / Ferruccio Spinetti - Guarda Che Luna
Un grande classico della nostra famiglia. Tutti i bimbi sono stati deliziati dalle nostre interpretazioni fin dalla più tenera età e la sanno a memoria. L'originale di Fred Buscaglione per loro è una curiosità, per loro l'originale è questa, cantata dalla virtuosa Petra Magoni.
19) Loredana Berté - E La Luna Bussò
"Il primo reggae italiano" lo definisce la stessa Bertè. Non so se sia vero, ma fa molto estivo, si canta volentieri.
20) System Of A Down - B.Y.O.B.
Concessione estrema a Lorenzo, che quando passa questo pezzo si agita come un tarantolato. Tutto sommato la apprezzano pure gli altri, almeno negli stacchi melodici.
21) Dente - Buon Appetito
Dente è un caso di successo tra i CD che ho proposto io alla famiglia. Questa è una delle canzoni preferite, ma l'album ogni tanto lo si ascolta volentieri nella sua interezza.
22) Cristina Donà - Più Forte del Fuoco
Anche l'ultimo album di Cristina Donà è una mia proposta. Amata soprattutto da Carlotta, abbiamo fatto fatica a trovare la canzone preferita dell'album, tutto molto bello.
23) Jovanotti - Tutto L'Amore Che Ho
24) Jovanotti - Il Piu' Grande Spettacolo Dopo Il Big Bang
Due hit dall'ultimo album di Jovanotti. Non male, ma su questo tizio potrei scrivere un bel pezzo denigratorio sul talento sprecato. Comunque queste canzoni si lasciano ascoltare, scorrono innocue come tutta la sua musica.
25) Caparezza - Il Dito Medio Di Galileo
L'album di Caparezza (l'ultimo) è un altro grande successo familiare. Questa canzone è una delle più apprezzate, per l'arrangiamento rock e soprattutto per la volgarità implicitamente permessa del gesto del dito medio.
26) Emiliana Torrini - Jungle Drum
Rititolata "Racatuncia" per l'onomatopea sul ritmo tribale cantata nel ritornello. Una delle canzoni più pop dell'islandese dal nome italiano: proposta ed accettata con entusiasmo.
27) Jovanotti - Ciao mamma
È qui la festa? Mette allegria e lo si canta in coro. Mi preoccupa un po' questo proliferare di Jovanotti, ma tant'è...
28) Davide Caci - Il Pistolero
Pretesa con estenuante insistenza da Francesco, che l'ha imparata su un giochino a moneta al mare (un cavallo tutto nero…). Pure lui va accontentato, con buona pace di tutti.
29) Selena Gomez - Naturally
L'orlo del baratro. Richiesta da Lorenzo, scoperta da lui non so dove e non so come (penso alla tele). Inizia a sganciarsi dalle proposte paterne per richiedere roba che piace a lui autonomamente. Questa ragazzina made in Walt Disney è banale e scontata, ma piace ai ragazzini, non c'è niente da fare. Ci si adegua, temendo i giorni in cui mi imporranno l'equivalente contemporaneo di Erosramazzotti o Laurapausini.

13 luglio 2011

La mia vita nelle mani altrui

Sono sempre più disgustato, siamo a livelli insopportabili.
Mi riferisco al testo della legge sul testamento biologico approvato ieri da quell'acozzaglia di farabutti che siedono nel Parlamento della Repubblica Italiana, totalmente dediti ai propri piccoli e personali interessi, schiavi di disgustosi servilismi a danno di un paese che fingono di rappresentare, ma di cui non provano neanche ad avvertire le più elementari ed umane esigenze.
Persone che si arrogano il diritto di decidere della mia vita, che si investono del potere di scegliere quanto dignitosa dovrà essere la mia fine, senza alcun rispetto per la mia volontà. Pensando poi nel dettaglio quanto rivoltanti sono certi personaggi che siedono in quel luogo, mi viene da schiumare di rabbia. Sono furioso.

Un'analisi un po' più lucida della mia la fa Stefano Rodotà su Repubblica, ma il succo del discorso non è molto diverso:
L'ULTIMA VOLONTÀ ESPROPRIATA

Pessima giornata, ieri, per la civiltà giuridica di questo paese. Pessima giornata per la legittimazione sociale del Parlamento, che si allontana vertiginosamente dalle persone, da anni favorevoli quasi all´80% al diritto di ciascuno di decidere liberamente sulle modalità del morire.

Questo ci dice il voto con il quale la Camera dei deputati ha approvato le norme sulle "dichiarazioni anticipate di trattamento" che espropriano ciascuno di noi del potere di decidere sul morire. Non è ancora una legge della Repubblica, perché il testo dovrà di nuovo essere esaminato dal Senato. Ma, dopo che si è riusciti a peggiorare un testo orribile già all´origine, ogni speranza che i senatori possano avere qualche ripensamento sembra del tutto infondata.
Al posto della volontà della persona compare ormai, violenta e invadente, quella del legislatore.
Perdiamo il diritto all´autodeterminazione, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 438 del 2008, ha riconosciuto come diritto fondamentale della persona. Si esclude, infatti, che la persona possa liberamente stabilire quali siano i trattamenti che intende rifiutare qualora, in futuro, si trovi in situazione di incapacità. Le sue dichiarazioni non hanno valore vincolante, vita e corpo della persona sono sottratti al governo dell´interessato e affidate a regole autoritarie, alla pretesa del legislatore di farsi scienziato, ed alla decisione del medico. La persona scompare, altri soggetti compaiono al suo posto. La dignità nel morire è cancellata.
Invece di rispettare la persona quando riflette sul momento più difficile e intimo della sua esistenza, si dà voce ad uno spirito vendicativo, esplicitamente dichiarato da quelli che hanno attribuito al testo votato ieri la funzione di chiudere la fase aperta dalla decisione della Corte di Cassazione nel caso di Eluana Englaro.
Una rivincita contro una sentenza definita "giacobina" (quale approssimazione culturale in questo modo di esprimersi!), mentre si è trattato di una sentenza così accuratamente argomentata da mettere la nostra giurisprudenza al livello della miglior riflessione giuridica internazionale su questi temi.
Ieri, al contrario, ci siamo allontanati dall´Europa e dal mondo, spinti dal medesimo, cieco furore ideologico che ha prodotto la pessima legge sulla procreazione assistita, che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima in alcuni dei suoi punti più significativi e di cui si occuperà anche la Corte europea dei diritti dell´uomo.
Questo è il destino al quale va incontro la legge sul testamento biologico. Ed è inquietante che nel dibattito parlamentare siano state usate parole quasi intimidatorie, quando si detto che sarebbe un brutto giorno per la democrazia quello in cui la Corte costituzionale decidesse contro la maggioranza del Parlamento, una volta investita del giudizio sulla nuova legge.
Possibile che ogni volta si debba ricordare ai parlamentari che le corti costituzionali sono appunto "giudici delle leggi", che hanno proprio il compito di vegliare sul rispetto dovuto dal Parlamento alla Costituzione? Possibile che ignorino che la discrezionalità del legislatore incontra limiti precisi in particolare quando sono in questione la vita, la salute, la dignità della persona?
La verità è che il testo votato ieri non chiuderà le polemiche, ma avvierà una lacerante stagione di conflitti. Si è detto che si voleva sottrarre ai giudici il potere di decidere sulla vita. Accadrà il contrario, perché siamo di fronte a norme che apriranno la via a contestazioni, a ricorsi, a eccezioni di incostituzionalità.
Si è imposta una logica che rende le persone prigioniere proprio di quelle costrizioni dalle quali, con un testo semplicemente ricognitivo del diritto all´autodeterminazione, avrebbero potuto liberarsi. Si corre il rischio di vie traverse, di sotterfugi. Esattamente il contrario della lezione civile di Beppino Englaro, che ha accettato la via aspra e lunga della legalità, e che ieri, per questo, è stato insultato nell´aula di Montecitorio. Si incentiverà il terribile "turismo eutanasico" verso altri paesi, un cammino che già più d´uno ha cominciato dolorosamente a percorrere.
Questi sono i frutti amari dell´ideologia, della pretesa di sottomettere ai propri convincimenti "le vite degli altri", proprio quelle che dovrebbe essere massimamente rispettate. E´ quel che accade in tutti i paesi che hanno approvato leggi in questa materia, è quel che hanno fatto, con vera carità cristiana, la Conferenza episcopale tedesca e il Consiglio delle Chiese evangeliche nell´opuscolo con il quale hanno dato ai fedeli le istruzioni sul testamento biologico, che legittimano quasi tutto quello che in Italia viene vietato.
Ma questo è pure il frutto amaro di un bipolarismo distruttivo, di una cieca obbedienza di parlamentari ormai senza relazione alcuna con il mondo che li circonda, di una appartenenza imposta dal fatto che il loro destino personale e politico è solo nelle mani del padrone della maggioranza.
Nella vituperata Prima Repubblica la civiltà del confronto non venne meno neppure nella discussione di leggi assai più dirompenti per i problemi di fede che ponevano, come quelle sul divorzio e, soprattutto, sull´aborto. Oggi che si prospetta il ritorno di un partito cattolico, con imprimatur cardinalizio, la vicenda del testamento biologico non è l´auspicio migliore.

Stefano Rodotà

29 giugno 2011

Riflessione del dopocena

Si prova una sensazione strana a leggere libri scritti da persone decisamente più giovani di noi.
Innanzitutto c'è una perdita di "automatica autorevolezza". Voglio dire: da giovani, quando ci si ritrova un libro tra le mani, spesso capita che questo sia scritto da persone che magari hanno il doppio o il triplo dei propri anni, o più. La loro autorevolezza la si dà per scontata. Se uno proprio scemo non è, e se ha riflettuto sull'argomento di cui ti parla per un tempo pari o ancora maggiore di tutta la tua vita, qualcosa di intelligente da dire dovrà pure averlo. Con gli scrittori giovani questo discorso invece non si può fare, allora leggi in modo guardingo, non ti fidi ad occhi chiusi. Valuti se magari il tizio non ha scritto una cretinata. E alla fine, se qualcosa riesce davvero a insegnartelo, la soddisfazione è tanta.
Poi c'è una sorta di invidia. Molti di noi hanno il classico libro nel cassetto o almeno hanno sognato di scriverne uno (io appartengo alla seconda categoria). Così quando ti trovi a riconoscere che uno ben più giovane di te ce l'ha già fatta, bè, allora scatta l'invidia. Poi magari si tratta di invidia positiva, cioè senza astio, ma solo quel desiderio di essere al suo posto (l'invidia negativa è quella in cui desideri che dato che tu non sei al suo posto, non vorresti che neanche lui ci fosse), ma di invidia pur sempre si tratta.
Infine c'è il compiacimento di non essere ancora un vecchio che se la fa solo con i vecchi. Lo so, il rischio di scadere nel giovanilismo è forte (il 40enne che si atteggia a 20enne per dire, cosa tristissima), però la soddisfazione di essere non dico al passo con i tempi, perché noi maturi i tempi che corrono li guardiamo con diffidenza, o tempora, o mores!, ma almeno quella di saperli osservare, di capirli e di esserne in certo modo in sintonia.

Cose così, che mi passano per la testa leggendo i libri di Jonathan Safran Foer, che ha 7 anni meno di me.

28 giugno 2011

A. Baricco - I Barbari. Saggio sulla mutazione

Personalmente apprezzo più il Baricco saggista che non il Baricco romanziere. Questione di gusti immagino, ma in questo agile saggio mi pare di trovare un solido fondamento a questa scala di preferenze.
Nelle 200 pagine scarse del libro, che in realtà è stato pubblicato "a puntate" su Repubblica nel corso del 2006, Baricco descrive quella che molti vedono come una degenerazione dei costumi culturali, come il manifestarsi di una rivoluzione di portata simile a quella costituita dall'avvento del romanticismo nella cultura occidentale.
Caposaldo di quella rivoluzione fu la Nona sinfonia di Beethoven, opera che ancora oggi assume agevolmente il titolo di capolavoro, ma che al tempo fu osteggiata da eminenti critici, che la reputarono frivola, affettata, adatta a cervelli essenzialmente dediti a moda, gossip e (udite udite!) lettura di romanzi. E proprio da questo baluardo della cultura parte il ragionamento di Baricco: per godere di una simile opera (e poi quelle successive, Wagner su tutti) è necessario scavare in profondità, lavorare, studiare, sforzarsi, concentrarsi, ostinarsi, ritornarci su, fino ad arrivare a scovare il profondo tesoro che essa nasconde.
Oggi invece, per i barbari, non è più cosa.
Il mondo è vasto interconnesso, si può viaggiare da una meraviglia all'altra con grande velocità, fare scoperte inaspettate, prendere strade impreviste e trovare altre meraviglie. Certo, non si ha tempo per scavare mai a fondo, ma qual è la perdita? Enorme dicono i romantici, non apprezzare la Nona di Beethoven è una perdita più che enorme: incommensurabile.
Risibile, dicono invece i barbari. Perdo la Nona di Beethoven, ma nel tempo che ci avrei messo a coglierne il segreto tesoro (e non è affatto detto che dopo tanta fatica ci sarei arrivato), ho esplorato un universo, ho fatto esperienze bellissime ed eterogenee, ho vissuto in un mondo che sta cambiando, che diventa sempre più veloce e spettacolare. Non è affatto una perdita, anzi.

L'ho buttata giù semplice e spero di non avere mancato di molto il succo della questione, ma Baricco nel suo saggio articola, giustifica e offre gli strumenti necessari a sostenerla, la sua tesi, per cui consiglio a chiunque voglia almeno ascoltare un'interpretazione di quanto sta succedendo di questi tempi, di procurarselo e leggerselo, o almeno di dare un'occhiata all'esaustiva pagina di wikipedia dedicata.

Per conto mio voglio provare a riportare tre obiezioni. Non credo che siano critiche, anche perché è lo stesso Baricco a trasmettere alcuni dubbi, qualche incertezza non su quanto descrive, ma sul suo valore positivo.
Innanzitutto durante tutta la lettura del libro non si estingue mai la sensazione che tutto questo discorso non sia che uno strutturato sdoganamento della sciatteria. "Elogio della superficialità" l'ho sentito definire. Poi è vero che Baricco la propone piuttosto come una reinvenzione della superficialità, ma, rimanendo nella metafora, viene da chiedersi che cosa ne sarebbe di un mondo in cui non esistessero più menti dedite alla profondità, a creare le strutture portanti di quello che navigando in superficie si coglie come straordinario. Va bene per gli spettatori dunque, ma per suonare il piano, anche solo come Giovanni Allevi, ci va studio e dedizione, altroché. Allora cosa ascolteranno i barbari se quello sforzo non sarà più considerato un valore?
Poi, cosa di cui viene fin troppo accusato, sembra che Baricco parli sostanzialmente di sé stesso. Lo stile di scrittura di Baricco è agile, spettacolare, leggero, incrocia temi e narrazioni, salta di registro senza mai scendere nei meandri più profondi dell'argomento. Questa attitudine è quella per cui, come dicevo all'inizio, lo apprezzo più come saggista che come romanziere, ma troppe volte in questo saggio mi è sembrato che Baricco parlasse proprio di sé e del suo modo di scrivere, di scorgere dunque una certa auto-analisi, o meglio, una specie di auto-legittimazione.
Infine a volte ho la sensazione che sia più una questione di quantità che di qualità. I fenomeni descritti da Baricco (attrattiva per la spettacolarità, superficialità, velocità, iconoclastia, successo commerciale, il supporto di nuove tecnologie...) sono propri di ogni epoca, non sono una novità dei nostri giorni. Quello che cambia oggi è la loro semplicità di diffusione per mezzo dei media (internet su tutti) e per la loro fruizione da parte di strati sempre più ampi di popolazione. Forse il paragone con l'orda barbarica è azzeccatissimo se descrive un movimento che è sempre esistito al di là dei nostri confini, ma che solo ora ha raggiunto una forza d'urto tale da travolgere il mondo come lo conoscevamo. Nel pensarlo mi riconosco un po' troppo all'antica per i miei gusti, ma temo che in tal caso una certa nostalgia per la profondità dei bei tempi passati continuerà a pervadermi.
Ma io non sono un ragazzino, respiro ancora coi polmoni, io.

24 giugno 2011

Prova

Questa è solo una prova, sto tentando di collegare il blog a facebook.
Sembra facile...

22 giugno 2011

È ora di smettere

Io l'ho fatto un bel po' di anni fa. Ho smesso di fumare dopo averlo fatto per un buon decennio e ancora adesso ritengo quel momento (quello in cui l'ho deciso, perché si è trattato di un istante ben preciso e netto) uno dei più felici e produttivi della mia vita. Per cui non posso che consigliare a chiunque ancora fumi di smettere subito.

Dal canto suo la Food and Drug Administration negli Stati Uniti, sta provando a convincere i cittadini utilizzando metodi piuttosto rudi: d'ora in poi i pacchetti di sigarette venduti sul suolo americano dovranno avere impressa una di queste immagini.
Qui sotto ne pubblico una delle più simpatiche:

14 giugno 2011

Cicogne, chi ci avrebbe mai pensato

Ho scoperto quasi per caso l'esistenza di quest'oasi della Lipu a pochi chilometri da Torino. Si trova a Racconigi, cittadina che già varrebbe la visita per il suo castello e il magnifico parco annesso.
Sfortuna ha voluto che quando ci sono stato con la mia vivace famigliola, la sera prima si fosse scatenato un temporale tremendo che ha messo fuori sicurezza i percorsi del parco. Così quando ci siamo presentati all'ingresso ci hanno detto che era chiuso, che la nostra visita non s'aveva da fare.
Disappunto, dispiacere, rabbia. Che fare?
C'è una bella oasi Lipu a 3 km da qui, ci dicono, l'oasi delle cicogne.
Vabbé, andiamo.
E devo dire che si è trattato di una bella sorpresa.
Innanzitutto ci sono le cicogne. Non so quante ne abbiate viste dal vero, ma vi assicuro che sono animali davvero impressionanti. Uccelli eleganti e davvero grandi, la loro apertura alare è delle dimensioni delle braccia aperte di un uomo, anche un po' di più a volte, fanno un rumore buffissimo col becco (un velocissimo clac-clac che è il loro modo di comunicare, essendo praticamente mute) e soprattutto fanno dei bellissimi ed enormi nidi su tetti e comignoli. Le abitazioni intorno all'oasi sono tutte addobbate di queste meraviglie, e lo stesso vale per il castello:

Oltre alle cicogne l'oasi ospita gli anatidi, cioè la famiglia che comprende anatre, cigni e oche. Questi animali sono ospitati in una sorta di giardino in cui girano liberamente tra sentieri e laghetti.
Il centro è circondato da paludi e stagni ed è fornito di postazioni per il birdwatching da cui è possibile osservare gli uccelli senza essere visti e senza dunque spaventarli. Grida dei bambini permettendo, ovviamente…

13 giugno 2011

I menagrami

NBA:
- Tifavamo LA Lakers e sono arrivati ai Playoff. E ci mancherebbe.
- Tifavamo LA Lakers e sono stati eliminati al primo turno, 0-4.
- Siamo passati a tifare Chicago Bulls. Fatti fuori in semifinale.
- Abbiamo detto "ci piace vincere facile" e per le finali abbiamo deciso di tifare Miami Heats.
- E hanno perso.
Per il prossimo anno accettiamo offerte da chi volesse chiederci di non tifare per lui...

Intanto, onore e complimenti ai Dallas Mavericks e a "Wunderdirk" Nowitzki su tutti.
Chapeau.

E ora, fuori dalle palle

È presto, lo so, è presto...
Io intanto inizio a mettere lo champagne in frigo.

9 giugno 2011

Dietro alle quinte

Se niente niente vi piace il cinema, fatevi un giro in questo sito. Ci sono delle fantastiche foto dietro alle quinte di alcuni film epocali.
Qui sotto, per esempio un autoritratto di Stanley Kubrik sul set di Shining, con Jack "Jack Torrance" Nicholson fuori fuoco:

2 giugno 2011

Comportarsi secondo natura

Poi si dice della poesia e gentilezza della natura:
Le formiche, in particolare, si può sostenere che siano gli animali più aggressivi e più bellicosi. Esse superano di gran lunga gli esseri umani, quanto a cattiveria organizzata; al confronto la nostra specie è gentile e mite. Il programma di politica estera delle formiche può essere riassunto così: aggressione ininterrotta, conquista territoriale e genocidio fino all'annientamento delle colonie limitrofe ogni qualvolta sia possibile. Se le formiche possedessero armi nucleari, probabilmente distruggerebbero il mondo nel giro di una settimana.

30 maggio 2011

Buone notizie

Rosicano, oh quanto rosicano...

Perfino una città come Milano diventa simpatica oggi.

27 maggio 2011

NBA Finals!

Mi spiace per il mio piccolo, che si è affezionato a Derrik Rose e ai suoi Chicago Bulls, ma come avevo ampiamente previsto (dall'alto della mia indiscutibile competenza…), i Miami Heats li hanno stritolati e si sono guadagnati il titolo di campioni dell'Eastern Conference e l'accesso alle finali NBA, contro i Dallas Mavericks che già avevano spazzato via i Lakers e poi i Thunder.
Ripubblico il mio bracket con tanto di previsione sul titolo finale.
Ancora una volta per dimostrare che "io ne so"[1]:

[1] Nota solo per chi è anche meno avveduto di me sul tema: questa è una finta sbruffonata, non mi prendete sul serio. Le previsioni che ho fatto (quelle in rosso nel bracket) erano talmente scontate (nel momento in cui le ho fatte) che ci sarebbe ben poco da vantarsi. Altra cosa sarebbe stato azzeccarle all'inizio dei playoff, ma io non ne sarei mai stato in grado.

26 maggio 2011

Ripensare le proprie abitudini

Ho iniziato a leggere questo libro qua:
È sconvolgente.
Oggi la pizza l'ho presa vegetariana.

24 maggio 2011

Il Piave mormorava

Oh, oggi è il 24 maggio!

Niente, solo un ricordo d'infanzia, quando il mio maestro di quinta elementare ci fece studiare a memoria una strana poesia.
Era un tizio a suo modo eccentrico, don Munari, un prete veneto, ex combattente alpino, ricchissimo di ricordi legati alla guerra che ci sciorinava praticamente sempre, usando i più edificanti come esempi di retta virtù.
Era bravo a raccontare, e parlare di guerra ai bambini significa affascinarli e rapirli, per quanto questo possa sembrare disdicevole.
Nei suoi intenti, i racconti delle sue notti in trincea, le marce forzate, le privazioni, dovevano rappresentare un grande esempio per i suoi allievi. Invece a noi piaceva l'aspetto truculento della vicenda. Elementare.
Il più coraggioso di noi una volta riuscì a fare la domanda che tutti, senza eccezioni, ci ponevamo: "Maestro, ma lei l'ha mai ucciso un nemico?". In fondo era un prete, la faccenda ci intrigava.
Non ci rispose. Silenzio.

Come dicevo, un giorno ci dettò e poi ci diede da studiare una poesia strana, lunga e dai termini molto desueti. Noi la studiammo, poi una volta ce la fece cantare. Tutta la classe in coro.
La poesia era questa:
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"

Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"

E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
"No", disse il Piave, "no", dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', o straniero!"

Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!

21 maggio 2011

Predicozzo primaverile

Ci sono un paio di cose che nelle chiacchiere da bar o da dopocena ho sempre trovato insopportabilmente irritanti. Una è il malcelato e sciocco orgoglio con cui certe persone ti dicono "Io dico sempre quello che penso".
Non è vero, porca miseria! Chiunque prima di sciorinare una qualsiasi frase accende il cervello e valuta se e come sia il caso di dirla. Chiunque, sempre.
E chi dice "Io dico sempre quello che penso" lo fa solo per giustificare a posteriori un atto di maleducazione o di scarsa sensibilità verso i sentimenti altrui.

L'altra cosa è chi ti dice con un sorriso falsamente timido che vorrebbe coprire una falsa rassegnazione: "Io sono fatto così, non ci posso fare niente".
No! Non è che non ci PUOI fare niente, è che non VUOI, perché ti sembra troppo faticoso, o perché comunque pensi che tutto il mondo sia tenuto a sopportare, volente o nolente, ciò che tu sei, senza nemmeno potersi augurare che tu faccia qualcosa per migliorarti.

Sono un rompipalle, lo so. Ma ora ho trovato un supporto sorprendentemente concorde a queste mie intolleranze:
In generale, tra noialtri esseri umani vige una certa sopravvalutazione della sincerità. A un certo punto abbiamo incominciato a spacciare per ipocrisia la buona educazione con cui sceglievamo cosa dire e cosa no, e a legittimare ogni accondiscendenza nei confronti di noi stessi definendola spontaneità: «Io sono fatta così...», «Ah, io dico quello che penso». Oppure, con ingenua simulazione di autocritica: «Ah, io non posso farci niente, dico quello che penso» o «Io ho questo difetto, che dico sempre quello che penso».
Il problema è che è davvero un difetto, dire sempre quello che si pensa. Perché se uno pensa delle fesserie - e capita sovente - poi le deve dire, e magari era meglio di no. Perché se uno pensa delle cose cattive, o sgradevoli, forse è meglio che non le dica. Perché se uno pensa delle cose violente, o stupide, forse è meglio che le reprima. E questo ci porta - dalle parole ai fatti - a uno dei più catastrofici alibi costruiti dal genere umano per autoassolversi e mettere in vacanza la propria responsabilità su di sé.
Sii te stesso.
Già, bravi. Sii te stesso. E se uno è uno stronzo? «Sii te stesso», con tutta l'aura di grande dignità che si porta dietro, è una tra le peggiori predicazioni della storia. E sta dentro questo grande inganno autoassolutorio per cui l'impegno, l'applicazione, il lavoro di comprensione delle cose giuste e di quelle sbagliate, l'aspirazione a essere migliori, finiscono per essere disprezzati come artificiose ipocrisie, di fronte alla pretesa nobiltà del pigro e vile affidarsi alla propria natura.

Luca Sofri, Un grande paese, BUR
(ne parlerò)

18 maggio 2011

La Pioggia (pensando a Y.)

All'inizio, proprio all'inizio, quando i tuoi occhi sono grandi e luminosi e voraci, delle gocce non ti accorgi neanche.
Poi ogni goccia che ti cade vicino ti sconvolge e ti sbatte per terra.
Dopo iniziano a fare male, molto male a volte, ma tu rimani in piedi, devi stare dritto: sei diventato forte.
Poi la pioggia inesorabilmente aumenta, le gocce sono sempre più frequenti e il cielo diventa scuro.
Ci si abitua a tutto, dicono. Ma anche al diluvio?

16 maggio 2011

Affacciato sull'NBA

Che io continui a non capirci un granché continua ad essere un dato di fatto, ma nel frattempo ho azzeccato tutte e 4 le semifinaliste per il titolo NBA 2010-11.
Per chi ne sa ancora meno di me, elenco qualche cosa che ho capito da poco, soprattutto le cose diverse dalla nostra mentalità:
  • L'NBA, la National Basketball Association è composta da 30 squadre, che in realtà si chiamano franchigie e che sono una cosa un po' diversa da come intendiamo noi le squadre
  • Le franchigie infatti sono tipo delle aziende (ah, l'Amerika…) che possono fallire e sparire di botto. Non sono legate in maniera indissolubile ad una città, anche se il loro nome ne indica la collocazione geografica. I Los Angeles Lakers sono di Los Angeles, ma se i proprietari vedessero dei buoni motivi per trasferirsi a Chattanooga in Tennessee, diventerebbero i Chattanooga Lakers. Poi è chiaro che gli abitanti di una città si affezionano alle squadre locali, per cui questi spostamenti sarebbero dei traumi sportivi da gestire, ma in linea di massima si può fare e in effetti ogni tanto succede. Proprio i Lakers fino al 1960 erano i Minneapolis Lakers, poi si trasferirono a L.A.
  • L'ingresso di una nuova franchigia nella lega è frutto di trattative a me ignote. In ogni caso chi si propone deve dimostrare che il proprio inserimento significherà un beneficio (economico, of course) per la lega, portando tifosi, impianti, giocatori ecc.
  • Non esiste retrocessione. La lega è unica, anche se in qualche modo collegata con altre leghe inferiori, ma se arrivi ultimo in campionato ti becchi solo l'ira dei tifosi, non la serie B.
  • Nonostante il nome, l'NBA va oltre i confini nazionali USA e ammette anche squadre canadesi: al momento ci sono solo i Toronto Raptors, fino a poco tempo fa c'erano anche i Vancouver Grizzlies, ora trasferiti a Memphis.
  • La lega è divisa in due Conference, la Eastern e la Western. Durante la stagione regolare, ogni squadra gioca principalmente contro le altre squadre della propria Conference, ma gli incroci con l'altra sono frequenti.
  • In totale le partite giocate da ogni squadra durante la sola stagione regolare sono 82! Poi ci sono playoff. Prima c'è la pre-season. In mezzo c'è l'All Star Game, che è un weekend di puro spettacolo in cui si esibiscono i migliori giocatori della lega in sfide Est-Ovest, gare di schiacciate, dei tiri da 3 punti,...
  • Quando si parla delle partite, le squadre sono citate in ordine inverso rispetto a come facciamo noi: Boston-Chicago vuol dire che si gioca a Chicago, in casa dei Bulls. Difatti spesso si trova la @, che in questa accezione significa "at": Boston @ Chicago (I Boston Celtics vanno a Chicago).
  • Non essendoci pareggi, non ci sono punteggi per la vittoria o sconfitta. Semplicemente la classifica si fa contando quante vittorie ha ottenuto ogni squadra. I risultati di ogni squadra sono in genere messi tra parentesi dopo il nome. Per esempio, quest'anno i Chicago Bulls hanno vinto 60 partite e perse 22, per cui si trova frequentemente scritto Chicago Bulls (60-22).
  • A fine stagione le migliori 8 squadre di ogni Conference partecipano ai Play-Off. Questi sono rigorosamente divisi tra Western e Eastern conference. Non ci sono incroci prima della finale.
  • Gli scontri di playoff sono giocati al meglio di 7 partite. Chi ne vince 4 passa il turno.
  • Il sistema "al meglio di 7", la logica degli abbinamenti e lo schema in casa-fuori casa è stato oggetto di polemiche e revisioni nel corso dell'intera storia dell'NBA. Attualmente lo schema è il 2-2-1-1-1, cioè la squadra che aveva fatto più punti durante la stagione regolare gioca in casa le partite 1, 2, 5 e 7; quindi la squadra con il miglior piazzamento viene premiata con un maggior numero di gare in casa, compresa l'eventuale ultima sfida.
  • Le finali di Conference costituiscono le semifinali di lega. Chi vince il titolo di Conference si gioca il titolo NBA con l'altra vincitrice di Conference, sempre al meglio di 7.

Allora, secondo le mie ponderatissime ed autorevoli previsioni ho azzeccato tutte le finaliste di Conference, che sono:
A Est: Chicago Bulls vs. Miami Heats
A Ovest: Dallas Mavericks vs. Oklahoma Thunder

Invece la mia sparata "gli Heat gli fanno un mazzo così ai Bulls" inizia già a vacillare: in gara 1 i Bulls hanno strapazzato gli Heat 103-82.
Mio figlio, che ha già dimenticato i Lakers e tifa Bulls, a colazione ha fatto i salti di gioia:
"Grandi Buuulsss!"
"Piano, che versi il latte!"

Wanjiru

Quando ti appassioni a qualcosa ti appassioni pure ai personaggi stellari che quell'attività la praticano a livelli eccelsi.
Mi capita per ogni mia Bruciante Passione, e dato che l'attuale e più bruciante di tutti è la corsa, il mio amore si rivolge incondizionato verso i fantastici maratoneti che corrono i 42km a velocità che neppure la mia mente riesce a concepire, senza parlare delle gambe.
Ce n'era uno, fino a ieri, che prometteva di diventare Il Più Grande Di Tutti, si chiamava Samuel Wanjiri e aveva vinto la maratona Olimpica di Pechino 2008, una di quelle vittorie che ti lanciano senza dubbi nell'empireo dei Grandissimi dello Sport. Lui tra l'altro l'aveva fatto da giovanissimo, a 21 anni trionfando in una gara dove l'esperienza e la testa contano tanto quanto le gambe, forse ancora di più.
Ha detenuto il record mondiale sulla mezza maratona per diversi anni (la prima volta l'aveva battuto a 18 anni), palleggiandoselo con Sua Maestà Haile Gebrselassie, e dato che questa è la gara che corro anch'io(1), la mia ammirazione per lui raggiunge livelli sconfinati.
Sempre giovanissimo aveva già vinto alcune delle maratone più prestigiose del mondo: Pechino, Londra e Chicago due volte.
Sportivamente un fenomeno, un fuoriclasse destinato a cose grandissime.
E invece la vita, le cose più banali e ordinarie della vita, lo hanno sconfitto. Non si sa bene cosa sia successo, pare che la moglie l'abbia trovato a letto con un'altra, che l'abbia chiuso a chiave in camera. Poi lui è volato giù dal balcone, non è chiaro perché, se sia suicidio o cosa.
In fondo però non importa.
È stata una vicenda piccola e meschina a uccidere un uomo grandissimo, un piccolo atleta (poco più di un metro e sessanta per 52kg) capace di fare cose meravigliose. In uno sport poi, in cui la saggezza, la capacità di sopportare dolore e fatica, la voglia di soffrire per ore, lo rendono più adatto ad animi ponderati che a giovanili esuberanze. Uno sport che non ammette colpi di testa, gesti inconsulti.
E invece, ad ulteriore dimostrazione di quanto il nostro carattere sia sempre troppo sfaccettato e articolato per essere descritto semplicemente, è stato tutto ciò che non deve esistere nella corsa di resistenza a ucciderlo.
Mi piacerebbe crederci e potergli augurare "Buone corse, ovunque ti trovi", ma non è nel mio sentire. Mi limito a digli "Grazie Samuel, sei stato una grandissima testa calda, ma grandissimo davvero".

(1)Oddio, mi sembra ridicolo mettermi nello stesso post in cui parlo di certa gente.
Lo è. È ridicolo.

14 maggio 2011

Mi preoccupo?

Non sono residente a Torino, ma ci lavoro e ci passo molto del mio tempo, poi abito abbastanza vicino da conoscerne problemi e temi, per cui, anche se domenica non dovrò votare, ho fatto il gioco Voi Siete Qui di openpolis per verificare la mia vicinanza o lontananza con i candidati sindaci in città.
Sono finito praticamente in braccio a Fassino:

12 maggio 2011

EnBiEi

Del difficile ed esaltante mestiere di padre, una delle cose più belle è senz’altro la possibilità di guardare con occhi nuovi le cose vecchie. Ed è esaltante pure l’occasione di appassionarsi alle cose nuove, ma qui il terreno è più scivoloso, dato che si rischia facilmente di scadere nel giovanilismo,.
Come il 99% dei miei coetanei, lo sport che ho quasi esclusivamente praticato durante l’infanzia e l’adolescenza è stato il calcio, in ogni sua forma, dal correre dietro una lattina schiacciata al giocare su campi regolari in squadrette da oratorio.
I risultati di tanto impegno, per quanto mi riguarda, sono stati penosi e l’aggravante è che con questa monotematicità mi sono precluso non solo la pratica, ma pure la conoscenza di qualsiasi altro sport di squadra.
[esagero naturalmente, sono tanti gli sport che ho in qualche modo praticato, ma se metto vicine le ore dedicate al calcio a quelle dedicate a tutto il resto, il confronto è assolutamente impietosamente a favore del primo]
Mio figlio, il primogenito, pratica invece qualsiasi cosa che non sia il calcio, chiaramente entro vincoli di tempo e disponibilità. Nuota, scia, giocava a rugby (ora ha smesso), va in bici, pattina, ha fatto pure qualche garetta di corsa, ma il suo sport preferito è indubbiamente il basket, che gioca regolarmente nelle giovanili della squadra locale.
Temo che questioni di altezza gli tarperanno le ali in futuro, ma per ora è un piacere vederlo accanirsi con ogni sua forza per gettare la palla nel canestro in pantaloncini e canotta.
Pantaloncini e canotta sono gialli e viola, i colori dei Los Angeles Lakers. Il numero è il 24, quello di Kobe Bryant. E qui veniamo al punto.
Praticare uno sport significa appassionarsi per le gesta dei protagonisti ai livelli più alti, e quando si tratta di basket non c’è dubbio che la massima espressione di questo sport sia quella giocata dai giocatori USA, nell’NBA.
Nelle mie vesti di padre dunque mi ritrovo a fare da accompagnatore e facilitatore (non è facile qui in Italia seguire le vicende dell’NBA) di questa sua passione, finendo a mia volta per appassionarmi con lui.
La squadra (franchigia, si dice franchigia!) scelta come oggetto di tifo è appunto quella dei L.A. Lakers, una delle più titolate e campione della scorsa stagione, la cui stella è proprio Kobe “Black Mamba” Bryant (quello della foto), uno dei più forti giocatori di sempre. Il tifo da così lontano ci permette comunque di essere abbastanza flessibili, per cui, dopo la disastrosa eliminazione al secondo turno di playoff (0-4 contro i Dallas Mavericks), ci siamo orientati verso i Chicago Bulls, in cui milita l’astro nascente Derrik Rose (mentre la stella di Bryant è per motivi anagrafici in fase calante).
Via, morto un papa se ne fa un altro. Ma d’altronde nel calcio (che comunque seguiamo, non siamo marziani) già tifiamo per il Toro e di essere condannati alla sofferenza pure nel basket non ci va, quindi pigliamo la squadra più forte, coi giocatori più sensazionali e tifiamo per quella. Poi un giorno ci affezioneremo e saremo più fedeli, forse.
Però, per il mio piccolo ragazzo ho una brutta notizia: secondo me i Miami Heats gli fanno un mazzo così ai Bulls. Comunque per ora facciamo gli spettatori e va detto che seguire una partita di quelle, significa assistere ad uno spettacolo pazzesco, dove la gente fa delle cose che sembrano impossibili, a ritmi frenetici e intensità mostruosa (niente a che vedere col calcio, ci diciamo io e il mio compare dandoci di gomito).
Vabbè, le mie previsioni valgono poco più di niente, sto ancora cercando di capire le regole più sottili, per dire, ma ora metto qui il mio bracket, tanto per poter vantarmi, quando avrò azzeccato ogni pronostico, che io ne capisco.
Ah, la fase dei playoff è già piuttosto avanzata, quindi i giochi sono già piuttosto facili. In nero i risultati già acquisiti, in rosso quelli previsti.

Buoni propositi

Voglio tornare a scrivere sul blog.