23 aprile 2009

Il dubbio potere delle preghiere

Notizia gustosa (se non avesse dei risvolti davvero tragici) che non mi trattengo dal copia-incollare:

Il potere della preghiera. Il pilota tunisino che schiantò in mare un ATR della Tuninter nel 2005, causando la morte di 16 persone, è stato condannato a 10 anni di carcere insieme al copilota. Invece di eseguire le procedure di ammaraggio d'emergenza, il pilota iniziò a pregare. A quanto pare, questo tipo di richiesta di soccorso non fu molto efficace (Reuters.comBBC).

22 aprile 2009

Dente - L'Amore non è bello

Un album che contiene quasi esclusivamente canzoni melodiche che parlano d'amore.
Detta così è roba da fare accapponare la pelle, ma Dente (nome d'arte di tal Giuseppe Piveri da Fidenza) ha una sensibilità e una capacità di gestire questi argomenti triti che il risultato è un disco piacevolissimo. E il fatto che possa risultare gradito anche alla ragazzina che manda sms traboccanti di "k" di fianco a voi sul pullman non ne sia un problema.
Il modo in cui Dente tratta l'amore è poi piuttosto originale (vedi il titolo dell'album) e gode di quella rara e per me sempre intrigante capacità di coglierti sempre un po' di sorpresa che riesce a tenerti incollato al testo per non perderti la prossima strofa.
Sono testi surreali e ironici (quando non sfociano nel sarcasmo) costruiti con sapienza e con una musicalità  talmente efficace da apparire leggerissimi, da canticchiare sotto la doccia o facendosi la barba (io lo faccio). Le sue canzoni hanno infatti anche il pregio di essere appiccicose come le caramelle buone e sono di quelle capaci di rimanerti addosso per tutto il giorno come quei motivetti "che ti girano in testa". 

Inoltre questo album è in testa alle classifiche di casa mia, ovvero, soprattutto nei trasferimenti in auto, è uno dei dischi che accontentano un po' tutti. Naturalmente mi pongo la questione se questo sia un pregio o un segnale di mediocrità, data l'età media del mio nucleo familiare (che  per l'esattezza corrisponde, a oggi, a quella di un diciottenne, quasi diciannovenne).
Voglio dire: musica che piace anche ai bambini è buona musica o no?
Non so, dipende. Di certo i gusti dei bambini sono decisamente semplici, è difficile fare digerire loro qualcosa di non orecchiabile, ma pure le strutture, sia melodiche che testuali, devono essere davvero ben congegnate per non perdere la loro attenzione.
Ma questo lo fanno pure le canzoncine di Cristina D'Avena, direte.
Certo, però, per avere un vero successo dalle mie parti, il disco deve piacere pure a me (ché io la Cristina la faccio volare fuori dal finestrino al primo passaggio su un ponte) e questo, il fatto di piacere "a grandi e piccini", è indubbiamente un pregio che non si può non riconoscere all'ottimo Dente.
Per cui, se cercate qualcosa di interessante ma non troppo pesante, divertente senza fare troppo il cialtrone, ascoltabile senza essere la solita cosa da Sanremo e facile da fischiettare durante le operazioni di pulizia personale... io ve l'ho detto.

21 aprile 2009

Vikas Swarup – Le dodici domande

È il libro da cui hanno tratto il film Il Milionario, l’acchiappa-Oscar 2009 (ne ha vinti 8, che non è un record, ma è già un bel risultato).
A chi ha visto anche solo il trailer del film la trama non dovrebbe essere ignota, comunque si racconta la storia di Ram Mohammad Thomas, un diciottenne indiano di estrazione umilissima che in una trasmissione tipo la nostra Chi Vuol Essere Milionario (il format mi sa che è uguale uguale in  tutto il mondo, cioè tutto il pianeta si sorbisce la stessa sbobba televisiva) arriva a vincere un miliardo di rupie[*].
Un tale vincita da parte di un ragazzino così misero desta qualche sospetto, soprattutto a chi quei soldi non li vorrebbe affatto scucire. Così all’inizio del libro il protagonista viene arrestato dalla polizia e molto rudemente invitato a confessare che lui le risposte le ha azzeccate grazie ad un imbroglio.
Interviene un avvocato a prendere le sue difese e con lei Ram Mohammad Thomas si confida raccontando la propria storia. Lo schema narrativo si struttura quindi in questo modo: ogni capitolo del libro è relativo ad una delle dodici domande a cui lui rispose durante il quiz (che lui e l’avvocatessa rivedono su DVD) e per ognuna viene narrato un periodo della vita del protagonista che giustifica il fatto che lui quella risposta la potesse effettivamente sapere. In questo modo, a spezzoni disgiunti viene raccontata tutta la sua rocambolesca ed avventurosa vita.

È un libro tutto sommato leggerino ed agile, appassionante se si vuole, non un capolavoro, ma piuttosto gradevole. Di sicuro è molto interessante per chi, come me, è quasi del tutto ignorante della cultura indiana, dei suoi strani meccanismi, la spiritualità, la povertà, la ricchezza,  la storia, l’orgoglio, le lotte, la crudeltà, l'ambizione…
Alcune critiche gliele potrei anche muovere, ma tutto sommato sono cose da poco, che non indeboliscono di molto il valore del romanzo. A patto però di prenderlo come una favola contemporanea, non come una storia assolutamente realistica.

[*]Mi sono informato: al cambio attuale fanno più di quindici milioni di euro. Però la rupia fino ad un paio di anni fa era fortemente svalutata rispetto ad oggi. Il libro è del 2005, quando un miliardo di rupie corrispondevano alla ben più modesta cifra di 22.000 dollari.
Il film, che è del 2008 parla di 20 milioni di rupie.

20 aprile 2009

Nel paese dei balocchi

La scorsa settimana l’ho trascorsa in vacanza a Parigi.
E ho fatto pure una capatina ad Eurodisney.
Sembrava assolutamente ovvio, sembravo essere l’unico sul pianeta a non considerarlo tale.
Mi spiego: chi non mi conosce sappia che ho tre marmocchi di età compresa tra gli 1 e i 7 anni e quindi, chi invece mi conosce e veniva a sapere del mio prossimo viaggio nella Ville Lumiere, mi diceva immancabilmente “Ah, quindi vai a Eurodisney”.
Senza punto interrogativo, senza interlocuzione, senza inflessioni dubitative.
Una certezza: vai a Parigi con la famiglia, quindi vai pure a Eurodisney.
E quello che più mi ha lasciato sorpreso è che questa associazione la facevano tutti, ma proprio tutti, tanto che alla fine è diventata quasi una barzelletta (“Ho detto a Tizio che vado a Parigi” “Ti ha detto che vai a Eurodisney!” indovinavano quelli con cui avevo condiviso il mio stupore).
Beh, alla fine pare proprio che fossi l’unico al mondo a non considerarlo scontato (per quanto non mi opponessi eh, solo non mi sembrava così ovvio) e allora ci sono andato con tutta la marmaglia a seguito.
Tipo diario di viaggio, riporto disordinatamente qui sotto qualche considerazione che mi è venuta da fare a riguardo.

Costa un botto: 42 euro i bambini, 50 gli inevitabili adulti accompagnatori (mica li puoi mandare da soli).  È vero che costa meno del concerto di Springsteen che andrò a vedere a Luglio, ma, a parte il fatto che non tollero paragoni tra il Boss e Pippo&Pluto, il punto è che secondo me pure i concerti costano davvero troppo. Ma comunque ai concerti io ci vado da solo o con chi vuole vedere il concerto assieme a me, senza accompagnatori.
Secondo me dovrebbero inventare la formula “accompagnatore”: non hai diritto a utilizzare nessuna attrazione, ma non paghi niente.
“See, bravo te” m’han detto. Il fatto è che i dei fantastiliardi che incassano quotidianamente, la maggior parte è per pagare il biglietto di chi ci va solo per accompagnare altri.

Non è per adulti. Questa mia affermazione è abbondantemente smentita da migliaia di maggiorenni divertitissimi da ogni cosa. E dalla presenza di adulti che non sono lì ad accompagnare nessun altro che non se stessi. Il fatto è che per problemi di flussi (vedi punto successivo) le attrazioni che potrebbero interessare anche gli adulti (che mi rifiuto di credere che sulla giostra di Dumbo ci vadano davvero volentieri, anche se ne ho visti con i miei occhi) durano davvero troppo poco, non abbastanza da permettere un vero divertimento per i grandi.
Per esempio, mi dicono che da questo punto di vista Gardaland sia meglio. Io non lo so, là non ci sono stato.

Le code sono da suicidio. Giuro che in un caso mi sono messo a cronometrare: 57 minuti di coda per un giro di 1 minuto e 26. Praticamente un rapporto coda/divertimento di 40/1. insostenibile, se non fosse che uno ha speso quella cifra là, e allora i giri se li fa tutti, non ci sono storie.
Va detto però che io ci sono andato in piene vacanze di Pasqua, un momento che credo sia davvero di massima affluenza.
E va pure detto che gli sforzi per ridurre i tempi e la noia delle code sono encomiabili: operazioni di accesso/uscita alle giostre gestite in maniera efficientissima, tempi ridotti delle attrazioni per consentire un maggior flusso di persone, intrattenimento per chi aspetta, una cosa che si chiama FastPass che in pratica è una prenotazione (prendi un biglietto che ti dice di presentarti all’ingresso dopo 3 ore e a quel punto non farai più coda, o molto poca), belle serpentine strette al punto giusto da scoraggiare i furbi e abbastanza compatte da non farti vedere che la coda che stai per fare è lunga centinaia di metri…
Io qualche idea su come ridurle ulteriormentece l’avrei (per esempio con numerini tipo al supermercato).  Ma quella gente non è affatto stupida (vedi punto successivo) e il problema delle code lo affronta seriamente. Per cui immagino ci abbiano già pensato e l’abbiano scartato per qualche buon motivo.

Professionalità. Va bene che siamo lì tutti per divertirci, ma quando uno magari ha affrontato un viaggio di mezzo continente e i prezzi di cui sopra (c’ho proprio la fissa), non vuole scazzi, tutto deve funzionare perfettamente. E tutto funziona perfettamente, davvero (a parte le code…). E sono tutti gentilissimi, efficienti, disponibili, informati.
Ripeto, date le premesse uno lo pretenderebbe, ma poi fa davvero piacere vedere che effettivamente è così, che non devi fare valere i tuoi diritti con qualche litigio o incazzatura. Non ce n’è bisogno, i poveri cristi vestiti da paggetti che trovi in giro per il parco (perché a lavorare conciati così sono proprio dei poveri cristi), sembra provino davvero piacere a lavorare per il tuo divertimento. Non è scontatissimo se ci pensate.

Quel baraccone deve costare davvero un botto. È fatto davvero bene, niente da dire. Tutto curatissimo, le aiuole fiorite, le siepi tagliate a perfezione, i castelli di pietra che resisterebbero ad un’atomica, i personaggi travestiti (Pippo, Pluto, Cenerentola, Biancaneve, Minnie, e tutti gli altri) credibili e non goffi come uno si potrebbe aspettare, musica dappertutto (quella musica di merda dei cartoni, ma lì cos’altro puoi aspettarti?), tutto curato nei minimi dettagli.
Per dire: guardavo i lampioni. In ogni area del parco sono intonati allo stile dell’ambientazione (regno della fantasia, avventura, spazio,…) e sono belli solidi, ben fatti. Non me ne intendo, ma diciamo che possano costare 200 euro (tipo questi). Ce ne saranno almeno 1000. Ecco, solo per i lampioni, che sono un dettaglio che a uno non verrebbero neanche in mente, ma che sono indispensabili, spendono 200.000 euro.
E i lampioni lì dentro sono niente.

La parata è spettacolare. Premetto che non l’ho vista, ero con Lorenzo in coda per un giro nello spazio. Ma dai racconti di Monica e Carlotta (sempre per chi non mi conosce: moglie e figlia), è stata forse la cosa più bella di tutta la giornata. Tutti i personaggi in parata per il parco con musica a palla. Detto così sembra un’americanata, ma dai racconti è stata una cosa davvero emozionante.
Niente da dire, ci sanno fare.

Questo è il mio resoconto, ora vedetevela un po’ voi se andarci o no.
E per quel che mi riguarda continuerò a non dare per scontata l’associazione Parigi-Eurodisney.

1 aprile 2009

Running in the rain

In generale in questo luogo vorrei evitare di vantarmi delle mie imprese personali. Però ogni tanto alcuni “fatti miei” qui li racconto e dato che questa cosa sta inesorabilmente diventando un mio chiodo fisso, faccio un’eccezione e ve la propino lo stesso.
Alcune settimane fa ho iniziato ad andare a correre durante la pausa pranzo lavorativa. Ho cercato di dare a questa attività una disciplinata regolarità più a causa di un cerebrale entusiasmo (vedi Le mie brucianti (ed effimere) passioni) che per un qualche fioretto o serio proposito.
Così, da allora, tre giorni alla settimana svesto abito, camicia e cravatta per infilare pantaloncini e scarpette e correre prima per le vie del centro e poi, finalmente tra i meravigliosi viali del Parco del Valentino.
Chiaro che anche dopo un inizio difficoltoso (anni e anni di sedentarismo pesano, eccome), dai e dai, i primi risultati non possono non venire. La corsa ha infatti il vantaggio, rispetto a (forse tutti) gli altri sport, di essere un’attività del tutto naturale, che non richiede tecnica. Corri e vai, non c’è altro[*].
E ora finalmente inizio a godermi i primi risultati. Che non hanno niente a vedere con il cronometro (i tempi di noi novellini fanno ridere), ma con la soddisfazione di percorrere una distanza decente ad un ritmo decente senza massacrarmi di fatica, ma godendomi ciò che sto facendo e con la sensazione che proprio a volerlo potrei fare ancora meglio. Un po’ come un bel giro in bicicletta, per dire.
Oggi poi pioveva e ho avuto modo di mettere a prova la mia determinazione: vado o non vado? Vado ovviamente, vado.
E sono andato pure bene, sempre meglio insomma.
La cosa più bella poi, a parte la corsa in sé, è stato lo stare sotto la pioggia. Ho realizzato che anche questo erano anni che non lo facevo più: essere all’aperto, con la pioggia che ti infradicia, piombando ripetutamente nelle inevitabili pozzanghere, senza curarmene minimamente, senza dover cercare un riparo, un ombrello e lasciando che l’acqua mi scivolasse addosso, come quella volta, secoli fa, che ci mettemmo a giocare a pallone in piazza sotto un autentico nubifragio. Secoli fa.
Sono rientrato alla base zuppo come il proverbiale pulcino, ma con addosso tante e tali belle sensazioni da avere voglia di cantare dalla gioia.
Singin’ in the rain, appunto.

[*] Sì, vabè, ad alti livelli la tecnica c’è. Ma la particolarità della corsa è che questa viene dopo, quando sei già fortissimo e vuoi ancora limare qualche secondo, al contrario di altri sport dove prima impari i movimenti, poi inizi ad usarli (vedi tennis, nuoto, sci, basket, calcio,…)[**]
[**] Già, forse pure il ciclismo su strada è tipo la corsa, a meno che imparare ad andare in bicicletta si possa considerare un apprendimento tecnico alla stregua del tennis