29 gennaio 2010

J.D.Salinger 1919-2010

Se ne è andato un grandissimo.
Non ci aveva regalato più nulla da molto tempo, ma era sempre un grandissimo.

Ciao Jerome David.

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Sono andato a vederlo.
Dicevano tutti che fosse una cosa epocale, da non perdere, e che l’unico modo di goderlo in pieno fosse di andarlo a vedere in un cinema dove lo proiettassero in 3D.
E così ho fatto.
Che dire? Si conferma tutto quanto avevo già letto in giro: l’impatto è sconvolgente.
Davvero, è difficile spiegarlo, ma una cosa così non si era davvero mai vista. Quelli che una volta si chiamavano effetti speciali, trucco, fotografia, luci, adesso hanno un nome solo: grafica.
E la grafica di questo film è pazzesca.
Sempre: sia nelle scene ambientate nelle foreste di Pandora (il pianeta mira colonizzatrice dei terrestri), che negli interni (ipertecnoligici: il film è ambientato nel 2154), che negli esterni più ordinari, la definizione delle immagini è praticamente perfetta. Il 3D poi le da il tocco in più che contribuisce a conferire realismo alla scena, facendoti quasi letteralmente immergere nel film.
Quando le scene coinvolgono i Na’vi dovrebbe essere una sorta di animazione, un cartone animato insomma, ma non c’è niente, niente che dia l’impressione di essere disegnato, è tutto talmente convincente e realizzato nel minimo dettaglio da risultare perfettamente reale.
Poi c’è la trama, la storia e qui il discorso cambia decisamente: storiella di buoni contro cattivi delle più banali, straviste, anzi, senza neanche quei tentativi di sfumatura, di ambiguità che perfino nei filmoni d’azione holliwoodiani ormai si sentono in dovere di mettere. I buoni sono perfettamente buoni, i cattivi assolutamente cattivi, il pianeta è stupendo, i nativi vivono in un’armonia paradisiaca…
Insomma, un polpettone d’avventura e azione tagliato con l’accetta.
Ma ci sta, è comprensibile. L’investimento probabilmente è stato troppo alto perché si rischiasse un flop con una storia non ultra-collaudata. Il problema è che di cose così se ne sono viste davvero troppe e allora voglio proprio vedere se il sogno di Cameron di replicare il successo cult di Guerre Stellari si può realizzare. Voglio dire: quella roba lì (buoni-cattivi, bene-male, belli-brutti,...) trent’anni fa poteva ancora costituire un successone duraturo, che ancora adesso c’è chi ne va pazzo. Ora non più, se ne sono viste troppe di cose così. Opinione personale eh, poi magari mi sbaglio e allora fra 25 anni ci saranno ancora i raduni di gente vestita da Na'vi come ancora fanno con Star Wars.
Poi il polpettone è ben fatto eh: le scene d’azione sono avvincenti, quelle romantiche sono commoventi, qualche piccola gag strappa pure un sorriso, e alla fine si arriva in fondo alle 2 ore e 40 senza annoiarsi mai (beh, quasi mai).
La cosa che ho trovato più fastidiosa è grossomodo la stessa che aveva già scritto Amedeo Balbi: ma porca miseria, su un pianeta distante 4,5 anni luce dalla terra, possibile che la vita si sia sviluppata in modo così incredibilmente simile a quella terrestre? Le foreste sembrano foreste tropicali. Vabé, con fiori bellissimi e mai visti, ma sono fiori e piante e alberi e liane e muschio… tipo in Amazzonia, per esempio (e il pensiero per l’Amazzonia è una costante nei risvolti ecologistici della vicenda). Poi i Na’vi sono blu, sono alti 3 metri, hanno la coda, ma due gambe, due braccia, due occhi espressivi da morire, tirano con l’arco, si baciano, litigano, si radunano intorno ai fuochi per le cerimonie… Gli uccelli non sono proprio uccelli, ma delle specie di pterodattili, come da noi qualche milioncino d’anni fa…
Insomma, fantasia per fantasia, ci si poteva spingere un po’ più in là e ipotizzare delle forme di vita ben diverse dalle nostrane. Ma poi tornava il discorso del rischio: chi si appassionerebbe alle vicende di esseri pensanti ma di consistenza gelatinosa che si muovono come millepiedi e comunicano con vibrazioni nell’ultravioletto, per dire? Nessuno, anche se sarebbe stato più plausibile.

Comunque nel complesso un filmone: non va inteso come un’esperienza cinematografica, ma come un lunghissimo, coloratissimo, coinvolgentissimo e meraviglioso (nel senso della meraviglia) giro in giostra.
Alla modica cifra di 10 euro.
Si può fare, venghino signori, venghino.

26 gennaio 2010

Sto pasticciando

Chi visita questo blog si sarà ben accorto che sto picchiando duro sul layout della pagina.
È che ho trovato dei template bellissimi qua, e allora voglio cambiare un po' aspetto alla pagina.
E quindi aspettatevi un po' di casino, tra una prova e l'altra.

Ciumbia!

La scienza si sa, è astrusa e pressoché incomprensibile.
Allora si è inventata una cosa chiamata divulgazione che non è altro che il tentativo di tradurre la scienza in parole comprensibili ai non addetti ai lavori.
È un impresa difficile, tanto che c'è chi addirittura ne nega la legittimità, sostenendo che sia impossibile tradurre in termini non tecnici dei concetti che si basano su un linguaggio codificato troppo strutturato per potere essere ricondotto al parlare comune senza perdere, in questa traduzione, aspetti importantissimi.
In fondo è un problema comune alle traduzioni in genere. In questo caso forse ulteriormente amplificato.
Però a volte ci si riesce, e questo è un esempio (piuttosto semplice a dire il vero).
Si tratta di rispondere ad una semplicissima domanda: "Quante sono le stelle nell'universo?"
Amedeo Balbi, tenutario di un interessantissimo blog, risponde così:

Nella nostra galassia ci sono circa cento miliardi di stelle. Si stima che in tutto l'universo osservabile ci siano circa cento miliardi di galassie. Assumendo che ognuna contenga cento miliardi di stelle, come la nostra, ci sono circa diecimila miliardi di miliardi di stelle in tutto l'universo. Se per ogni stella aveste un granello di sabbia, potreste coprire tutta la superficie della Terra con uno strato di sabbia spesso due centimetri[*].



[*]Se ogni granello ha un diametro di 1 mm, ce ne sono circa un miliardo in un metro cubo. La superficie terrestre è di 5.1x1014 metri quadrati; moltiplicando per due centimetri di spessore avete un volume di circa 1013metri cubi; moltiplicando per il numero di granelli in un metro cubo (109) avete 1022, uguale al numero di stelle nell'universo.

22 gennaio 2010

Philip Roth - Indignazione

C'è una semplice, banale domanda che mi frulla in testa ogni volta che leggo un libro di Philip Roth: come diavolo si fa a scrivere così bene?
Sia inteso: non sto parlando di virtuosismi o di pindarici voli di penna. Sto parlando di una scrittura piana, che narra una vicenda che tutto sommato non sarebbe neanche poi così eccezionale. Eppure c'è un modo di farlo, un modo di raccontare questo tipo di cose che quando riesce bene, e a lui riesce davvero bene, ha dell'incredibile. Ti lascia proprio incredulo.
Come dicevo, la vicenda è semplice: nel 1951, durante la guerra in Corea, un ragazzo ebreo di Newark decide di entrare in college per affermarsi come primo della sua famiglia ad averlo fatto e per sfuggire al reclutamento proprio per quella guerra. Dopo il primo anno in un istituto vicino a casa, decide di trasferirsi in un altro college più lontano, spinto dall'apprensione del padre che sta raggiungendo livelli esasperanti. In questo luogo lontano dai grandi centri urbani, si trova però ad avere a che fare col conservatorismo che lui, fervido seguace dell'ateismo di Bertrand Russell e dotato di una dialettica che gli aveva permesso di ottenere anche dei riconoscimenti in passato, lui non riesce ad accettare. È però solo un ragazzo e inevitabilmente, più che ad affermare la propria personalità controcorrente, si trova ad essere travolto dagli eventi innescati da scelte o piccoli accadimenti del tutto casuali.
Tutto qui. E in effetti una storia del genere non ha niente di che, sono cose che potrebbero essere capitate anche a noi. Però come vengono raccontate in questo libro, assumono uno spessore ed un intensità tali da diventare talmente reali, talmente vere, da diventare impossibile non appassionarsi, non lasciarsi coinvolgere.
Bellissimo libro. Tanto bello da scatenare in giro ancora una volta una domanda che sta iniziando a diventare ricorrente: ma quelli là in Svezia, quando la pianteranno di tirare fuori dal cappello scrittori sconosciuti e si ricorderanno della grandezza di quest'uomo?

19 gennaio 2010

La Strada (il film)

Hanno fatto un film tratto da quel libro pazzesco di cui ho parlato un po' di tempo fa.
C'è Viggo Mortensen, Charlize Theron, Robert Duvall, Guy Pearce... insomma dovrebbe essere un filmone.
Epperò qui non ce lo faranno vedere: troppo cupo, dicono.
Dai speriamo, magari si ricredono.
Qui intanto il trailer:

15 gennaio 2010

Haiti - 12.01.2010


Non ci sono più parole.

14 gennaio 2010

Haiti - 12.01.2010


E poi quando mi vengono a raccontare di quello là, quello infinitamente buono e onnipotente, non dovrebbero girarmi i coglioni.
Maledizione!

8 gennaio 2010

TV per famiglie

L'altra sera su Rete4 (eravamo al mare e lì si vede ancora Rete4) abbiamo avuto la bella idea di guardare un programma che si intitola WILD-nonsochecosa, costituito da una serie di 'documentari' incentrati sulla pericolosità o ferocia di animali di un po' tutte le specie. In realtà non sono documentari ma delle ricostruzioni di incidenti avvenuti quando le simpatiche bestiole (leoni, puma, squali, serpenti,...) hanno avuto la bella pensata di attaccare degli uomini. Tipo RealTV, per dire, con interviste e racconti ai protagonisti più o meno sopravvissuti agli eventi.
Beh, questo bel programma l'abbiamo guardato, da bella famigliola sul divano (io in realtà mi sono rotto le palle in fretta e me ne sono andato beccandomi del 'brontolone').
Di seguito un elenco dei termini di più frequente utilizzo:
spappolato
dilaniato
feroce
polpa viva
frantumato
fauci
brandelli
sangue
sangue
sangue
sangue
affilati
reciso
squarciato
devastante
terrore
paralizzato
lugubre pasto
letale
sparpagliati
sangue
sangue
sangue
micidiale
sangue
squarciato
sangue
forza impressionante
viscere
mortale
smembrato
sangue
sangue
sangue

Inutile raccontare l'andirivieni di bambini agitati nel lettone di mamma&papà durante il seguito della notte.

7 gennaio 2010

Il Meglio (musicale) del Decennio

Sull'altro blog (lalbumbianco) ho postato la classifica con quelli che sono, per me, i migliori 10 album del decennio appena trascorso.
Qui faccio solo un elenco di riepilogo con i rimandi ai post più dettagliati che ho scritto di là.
Questo è il post in cui introduco l'operazione e più che altro spiego lo spirito con cui ho selezionato gli album.
Poi c'è la classifica:

Poi ho scritto un ulteriore post in cui elenco gli album che ho dovuto con dispiacere escludere da questa lista: Gli Esclusi.

Mauro Covacich - A Perdifiato

Ne ho già parlato ed è quasi un'ovvietà: il coltivare le proprie passioni porta inevitabilmente a indirizzare le proprie letture in quella direzione, per cui il motivo fondamentale per cui ho deciso di leggere questo libro è che è incentrato sulla corsa.
Ma come è doveroso in un intelligente libro di genere, la corsa è un pretesto, uno sfondo su cui si muovono i protagonisti con le loro magagne.
Dario è un ex maratoneta, uno che ha sfiorato i vertici mondiali, ma non ce l'ha fatta per un pelo, e ora viene inviato ad allenare un gruppo di ragazze, giovani speranze della nazionale ungherese.
In questo posto ai confini del mondo, in un ambiente vittima di una catastrofe ecologica, Dario, tanto forte e determinato nello sport quanto debole e passivo nella vita sentimentale, si lascia trascinare in una relazione con una delle atlete, Agota, mentre con Maura, la moglie a casa (Trieste), è in attesa di adottare una bambina Haitiana.
Dunque per Dario la corsa, oltre che professione, è una fuga, una veloce fuga dalle decisioni importanti, difficili, quasi che tutto il suo impegno umano venga divorato dallo sport, e al di fuori di esso si lasci trascinare in situazioni le cui prevedibili disastrose conseguenze non sembrano essere in grado di dargli la forza di prendere in mano le redini.

Un libro molto umano, dove con questo termine intendo la capacità di descrivere con minuzioso realismo le difficoltà, le contraddizioni, le debolezze, ma anche le gioie e gli entusiasmi di persone vere sballottate dagli eventi, dal caso o anche solo dalla stanchezza.
Uno dei più bei libri che abbia letto ultimamente, al di là della corsa.
Solo un piccolo avvertimento: ci sono alcuni dettagli tecnici sulla corsa che possono risultare un po' ostici a chi non ne sa molto, ma non credo influiscano sulla comprensione della narrazione e alcuni importanti dialoghi in inglese non tradotti. Chi ne fosse proprio a digiuno (è inglese semplice, parlato da non madrelingua) è avvisato.

SPOILER--- (In cui parlo un po' del finale, poco poco, però) ---SPOILER
Francamente il finale mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca. Troppo facile così, l'intervento risolutivo sa un po' troppo di deus ex machina per essere soddisfacente.
Comunque va bene, era una possibile soluzione e l'autore ha scelto questa, forse contando più sull'effetto sorpresa che sulla sua plausibilità.