6 settembre 2012

Grandissimo Alex!

Alex Zanardi ha vinto la medaglia d’oro nella prova a cronometro di Handbike alle Paralimpiadi di Londra. Io ho avuto l'onore di vederlo in azione dal vivo in un paio di gare in cui oltre ai podisti partecipano anche gli atleti della handbike.
Una di queste era una di quelle tapasciate che solo i matti: freddo, mattina presto, nessun premio in ballo, nebbia. E lui, uomo a suo modo famoso e con disponibilità non comuni, era lì tra noi.
Inutile dire che in quelle occasioni gli avversari li sbaragliava.
Domani correrà la corsa in linea e non si può non augurargli di ripetere il successo di ieri, anche solo per vederlo esultare in questo modo.

7 marzo 2012

La corsa del criceto


Parlo sempre di corsa. Beh, non sempre, anche se effettivamente lo faccio spesso. Ma questa la voglio comunque raccontare.
Si tratta della mia prima esperienza su un tapis-roulant, come lo chiamavo io. Treadmill si dice invece ora. Vabbè, una volta si diceva pure footing, ora è running.
Comunque, il clima nevoso del mese scorso mi aveva convinto ad evitare di correre per strada. Non è la neve quando cade, non è neppure il freddo. Il problema  è il ghiaccio per terra. Le mie scarpette da corsa sono lisce sotto, gomma con appena qualche accenno di scanalatura, proprio il minimo indispensabile per fare fluire via l'acqua, ma per il resto con quelle scarpe potrei tranquillamente pattinare. E io di cadere ho paura, correrei tutto prudente e contratto. Tanto vale non correre proprio.
E allora, visto che per correre in pausa pranzo ho fatto l'abbonamento ad una palestra che normalmente utilizzo solo come spogliatoio, mi sono convinto a piazzarmi su uno di quei tappeti rullanti e provare a correre lì sopra. Qui di seguito riporto qualche pensiero sparso:

È pericolosissimo!
Ho in mente questa gif animata:

Secondo me il rischio di fare quella fine è altissimo. Soprattutto se si corre ai propri limiti e la stanchezza sale. Perdere la concentrazione è un attimo e quel coso lì sotto scorre davvero  forte. Credo che il 60% della mia attenzione sia costantemente dedicato al non fare errori che lì sopra avrebbero conseguenze disastrose.

È noiosissimo.
Già non mi piacciono i percorsi monotoni, quelli troppo dritti e piatti. Correre su quel coso significa spingere all'estremo quelle caratteristiche. Nelle palestre (compresa quella che frequento io) piazzano i treadmill di fronte a degli schermi televisivi nel tentativo di rendere meno noiosa l'attività. Va da sé però che la scelta dei programmi sia molto discutibile: io mi sono beccato un paio di tg a volume basso e una specie di Grande Fratello americano su MTV, sempre a volume zero, ma con i sottotitoli.

Fa un caldo folle.
Non è necessario essere dei missili per apprezzare l'aria che ti scorre addosso mentre corri all'aperto. Io per esempio ho l'impressione di iniziare a sudare sul serio solo quando mi fermo, a fine corsa.
Alcuni treadmill sono dotati di ventole che soffiano aria addosso, ma quelli che ho usato io ne erano privi. In sostanza: era dallo scorso agosto che non sudavo così tanto. Parlo proprio di gocce di sudore che cadevano sul rullo!
E si badi che non è solo una questione di disagio: l'aumento eccessivo della temperatura corporea può essere un problema, che innanzitutto diminuisce le prestazioni (o a parità di queste, come si è costretti a fare su un tappeto rullante, aumenta la fatica), ma più che altro affatica eccessivamente il cuore.

Non si può sputare.
Sembra una cretinata, ma quando sei all'aria aperta e ti si accumula saliva in bocca, semplicemente sputi. È sgradevole, lo so, ma io non riesco a farne a meno.
Sul treadmill in palestra non lo puoi fare. E allora te ne stai lì con 'sto bolo in bocca fastidiosissimo e prima o poi te ne devi liberare, se no non respiri più.
Mandi giù, non hai alternative socialmente praticabili.

Dà la scossa.
Altra stupidaggine, ma irritante. Dopo un minuto di corsa sono carico come una pila e qualsiasi cosa tocchi mi dà sberla fastidiosissima. Lo so e lo ripeto, è una sciocchezza, ma essere lì sapendo che nel momento in cui toccherò le maniglie o il pannello di controllo prenderò una scossa, mi da fastidio.

Da allora fortunatamente il ghiaccio per strada è sparito, per cui ho abbandonato il macchinario del criceto e sono tornato alla strada, all'aria che ti scorre addosso, alle curve, alle salite e alle discese, alle persone che corrono  assieme a te, al paesaggio che cambia mentre ti muovi.
E alla possibilità di sputazzare quando mi pare.

1 marzo 2012

Immagini del mondo che cambia

Oggi ho visto passare un camion carico di cabine telefoniche destinate (immagino) alla demolizione.

27 febbraio 2012

Che peccato

Pare proprio che dietro ai risultati dell'esperimento sui neutrini non ci sia uno sconvolgimento epocale dei nostri modelli fisici. Molto più probabilmente si tratta solo di un paio di errori nei meccanismi dell'esperimento.
Tutto sommato è la soluzione più ragionevole e in fondo prevedibile, però è un vero peccato.
Resta la consolazione che quello che noi abbiamo capito finora del mondo si rivela ancora una volta corretto.

24 febbraio 2012

Cagate

Ogni tanto vado a curiosare la prima pagina di Wikipedia dove trovo curiosità o anche spunti interessanti per scoprire qualcosa di nuovo. Oggi, tra le voci di qualità, cioè "voci che hanno dimostrato di essere di buona qualità, soprattutto in termini di affidabilità dei contenuti, ma che non raggiungono ancora una qualità pari a quella delle voci in vetrina", ho trovato il riferimento alla Bristol Stool Scale, dove "stool" significa "feci". Lo so, è un argomento serio, in certi casi anche molto serio, ma leggendo la classificazione riportata nella tabella qui sotto, non ho potuto non sorridere e rievocare personalissime ed intime esperienze. Riconoscetevi anche voi:

11 febbraio 2012

Illuminazione

Qui in Piemonte, da veri polentoni, il passato remoto non lo usiamo mai. Nemmeno se parliamo della nostra infanzia, nemmeno se parliamo delle gesta dei nostri avi. Mai, neanche sotto tortura.
Le uniche volte che coniughiamo a voce in quel tempo per noi impensabile è quando ce lo chiedono a scuola: "Verbo partire, passato remoto!"
E allora, facendoci una violenza inaudita, scioriniamo la litania: "Io partii, tu partisti, egli partì..."
Quindi, domanda: come fare a ficcare in testa a dei bambini che non l'hanno mai usata la coniugazione del passato remoto?
Oggi mi sono trovato esattamente in questa situazione, con la figlia ottenne alle prese con i compiti scolastici. Stavo tentando una faticosa sessione di memorizzazione forzata, quando ho avuto l'illuminazione:
"Carlotta, il passato remoto è il tempo delle fiabe!"
"Io partii, tu partisti, egli partì, noi partimmo..."
Voilà.

27 gennaio 2012

La crisi dell'industria discografica e io

Proprio in questi giorni si sono verificati un paio di avvenimenti che riguardano l'ormai eterna lotta tra i produttori di musica e film e il mondo vario e diffuso della cosiddetta pirateria.
Il primo evento è stata la protesta dei maggiori servizi internet (Google e Wikipedia, per dirne due colossali) contro una proposta di legge del senato USA che, dando la possibilità di imporre la rimozione di contenuti che unilateralmente vengono considerati come violazioni del copyright, avrebbe avuto come conseguenza l'impossibilità di diffondere su internet informazione libera e democratica.
L'altro evento è stato la chiusura di alcuni provider di file sharing, in altre parole siti dove chiunque può mettere a disposizione di tutti i propri file, compresi ovviamente musica e film.

Questi due accadimenti mi hanno portato per l'ennesima volta a riflettere sulla mia posizione in merito alla pirateria, alla diffusione gratuita di contenuti altrimenti intesi a pagamento.
Una volta tanto voglio provare a pubblicare qui le mie considerazioni:

1. Scaricare musica e film aggratis da internet non è un furto.
Io un furto lo intendo come sottrazione a qualcuno di un bene o un valore che gli appartiene. In questo caso il furto sarebbe tale solo se fosse vero che se non avessi potuto scaricare quello che ho scaricato, l'avrei comprato. Non è vero, quasi mai. Chi scarica il CD dei Pinco Pallinos non è detto che lo avrebbe comprato se non avesse potuto scaricarlo. Molto probabilmente ne avrebbe fatto a meno.
Soprattutto quei bulimici del download che scaricano 10.000 mp3 alla settimana, mai e poi mai li avrebbero comprati tutti.
Scaricare è piuttosto come assistere a uno spettacolo a scrocco, senza pagare il biglietto. È scorretto, chiaro, ma non è la stessa cosa di rubare. Se non avessi potuto entrare gratis, lo spettacolo non lo avrei visto e tu, artista, i miei soldi non li avresti presi lo stesso. Punto. Perché costa troppo, perché non ho voglia di fare la fila per il biglietto… per qualsiasi ragione, giusta o sbagliata. A questo punto, dato che comunque io il biglietto non lo pago, sta a te, artista, decidere se è meglio che comunque io lo spettacolo lo veda o no. Se lo vedo, magari ne parlo in giro, ti faccio pubblicità e la voce arriva alle orecchie di chi i CD o i DVD li compra. O magari me li compro io (vedi punto 3).
2. Come corollario al punto precedente: se invece io scarico un CD che se non avessi potuto scaricare lo avrei comprato e me lo ascolto per sempre aggratis, allora questo è un furto bello e buono. Niente scuse.
Chiaro che il processo alle intenzioni è un po' difficile, come si fa a dire cosa uno avrebbe fatto? Ma ognuno in cuor suo lo sa, e sia onesto almeno con sé stesso.
3. Per quanto mi riguarda il file sharing non è solo dannoso per le case discografiche, anzi in alcuni casi può essere addirittura benefico. Riassumo questa considerazione con questa frase che ogni tanto mi ripeto: "non ho mai comprato tanti CD come da quando ho avuto la possibilità di scaricarli".
Statisticamente funziona in questo modo: più o meno compro 1 CD ogni 10 scaricati e ascoltati. Se ne scarico 100 ne compro 10. Semplice.
In epoca pre-download invece ne compravo molti, molti di meno.
I motivi sono piuttosto banali: i CD costano un sacco di soldi e un acquisto al buio comporta un rischio notevole. Allora si tende ad andare sul sicuro, cioè si comprano i CD di chi si sa già che ci piace. Però questo filone si esaurisce in fretta, gli artisti invecchiano e la loro musica perde smalto nel 99% dei casi. Alla fine si lascia perdere. Dopo l'ennesima fregatura a 20 euro il pezzo, uno smette. E di CD ne compri molti di meno, praticamente nessuno. Per me, prima del download, è andata proprio così.
Grazie al download invece ho potuto allargare gli orizzonti di migliaia di chilometri. Ho avuto modo di esplorare zone del mondo della musica di cui non sospettavo nemmeno l'esistenza, anche in senso temporale, andando a recuperare gigantesche e colpevoli lacune nella mia conoscenza musicale, ovviamente ascoltando anche un sacco di roba indigeribile, ma nel mucchio trovando tantissime cose magnifiche. Il tutto senza dovere pensare ogni volta se quei 15-20 euro li avrei rimpianti o meno.
E qui è tornata in ballo la mia passione per la musica e il piacere di possedere un CD, la sensazione che se hai un elenco di mp3 non hai nulla, e che se hai un CD invece possiedi un opera (opera d'arte a volte). Quindi il cerchio è presto chiuso: quello che scarico e che mi piace, prima o poi finisco per comprarlo, così più scarico aggratis, più scopro cose che mi piacciono e più ne compro.

Ragionando in questi termini mi chiedo quanto possa essere diffuso il mio modello di scaricatore-compratore. Temo molto poco, quelli come me non salveranno di certo l'industria discografica, ma sono convinto di non essere affatto da solo. Siamo in tanti a vedere nel download un mezzo per potersi concedere acquisti più soddisfacenti e anche (e soprattutto) meno popolari, più di nicchia, per dire.
Il motivo per cui questo modello non è tanto diffuso è che si applica a persone che hanno una serie di caratteristiche che ho provato a rappresentare in questo giochino di insiemistica:

Utilizzatore di Internet: sembrerà incredibile a chi legge queste cose su un blog, ma i veri utenti di internet sono ancora una percentuale piuttosto bassa, soprattutto se non si tiene conto di chi internet lo usa solo per mail e facebook. Gli internauti sono ancora una minoranza. In crescita, ma per ora è ancora così, soprattutto in Italia.
Ascoltatori di musica: comprende tutti gli ascoltatori, da quelli che la musica la ascoltano sul grammofono ai possessori di i-pod et similia. Anche questa è solo una percentuale ben lontana dal 100% della popolazione. L'intersezione di questa categoria con la precedente (quindi gli ascoltatori di musica che navigano in internet) costituisce il popolo dei downloader. Con qualche eccezione, ovviamente.
I musica-dipendenti: cioè quelle persone che della musica proprio non possono fare a meno, che la amano e cercano di ascoltarla ogni volta che possono, che si informano, che cercano di tenersi aggiornati. È un sottoinsieme degli ascoltatori, comprende sia internauti che non.
Persone che amano il possesso dei CD: sono quelli convinti che il CD sia un valore. Sono fortemente convinto che le colpe maggiori delle case discografiche consistano nell'avere assottigliato questo insieme di persone, svendendo la musica in ogni modo possibile, dal trionfo dell'usa-e-getta degli hit commerciali agli investimenti smodati in video e marketing piuttosto che sulla qualità. Fatto sta che nonostante tutto i CD-maniaci ancora esistono. Per loro (per noi) il possesso di un CD è un piacere quanto per alcuni il possesso di un quadro, di una bella macchina, di un paio di scarpe.
Amano (amiamo) vagare in un negozio di CD alla ricerca di un titolo da comprare, guardare la propria CD-teca a casa, leggere il booklet mentre ascoltano il CD.
Persone che possono permettersi l'acquisto di CD: già, perché comunque i CD costano e la possibilità del download li rende ancora più superflui. Senza voler fare retorica, i tempi sono quelli che sono e destinare una parte del proprio budget ai CD è una scelta pesante. In questa categoria quindi inserisco non tanto chi può permetterselo finanziariamente (20euro al mese, per dire, sono alla portata di quasi tutti), quanto quelli che se la sentono di destinare una quota del proprio stipendio ai CD, dovendo scegliere tra CD, libri, cinema, sport, videgame e chissà cos'altro. Il fatto che io dica di appartenere pure a questo insieme non sia quindi inteso come spocchia, ma semplicemente di come io indirizzo le spese superflue.

Ecco, secondo me è l'intersezione di tutte queste categorie a definire quelli come me, che non hanno mai comprato tanta musica come da quando hanno avuto la possibilità di scaricarla a scrocco.

Non siamo molti, ma ci siamo. Sappiatelo, case discografiche, e coccolateci un po', ogni tanto.

12 gennaio 2012

Innamoramento

 L’altro ieri mi sono trovato per un paio d’ore da solo con mia figlia in montagna. Lei aveva appena terminato la sua lezione di sci e attendevamo la conclusione di quella del fratello.
Durante le sue escursioni aveva adocchiato una pista di pattinaggio su ghiaccio, per cui mi ha chiesto di andarci.
“Sì, perché no?”, le ho risposto più prontamente di quanto potessi immaginare.
Mi sono così ritrovato goffo e traballante, a cercare di domare quegli scomodissimi arnesi che sono i pattini da ghiaccio al di sopra di una superficie insidiosa e pericolosamente dura.
E mi sono ritrovato a pensare che mi stavo comportando esattamente come una persona innamorata.
Mi spiego: a mente fredda avevo diverse volte pensato che non mi sarei mai ritrovato a fare la figura dell’uomo goffo e traballante che cerca di fare una cosa così stupida come muoversi lentissimamente sul ghiaccio (intendiamoci: non considero il pattinaggio su ghiaccio una cosa stupida, anzi, trovo che sia un’attività incantevole quello artistico e uno sport sbalorditivo quello di velocità. Quello che trovo stupido è il penoso risultato a cui giunge un quarantenne che mette i pattini per la seconda volta in vita sua, la prima essendosi verificata circa 25 anni prima).
È una questione di dignità, mi dicevo. E non è neanche che io sia così cocciutamente sensibile alla dignità, solo che quando il beneficio è irrisorio quanto una ginocchiata sul ghiaccio, allora non vale davvero la pena di sopportare l’onta di una seppur irrilevante brutta figura.
Queste cose, pensavo, si fanno quando si è innamorati e la bella di turno ci propone di fare qualcosa che fino ad un secondo prima avremmo rifiutato categoricamente. È una cosa tipicamente maschile, direi (le donne hanno altri modi di instupidirsi), che si traduce in corsi di latin dance, di cucito, poesie scritte con inchiostri colorati, nomignoli infantili e vocine ridicole.
È una cosa che, mi sono accorto, si fa anche con i propri figli. Parlo soprattutto delle ultime due, omoni grandi e grossi che parlano ai figli (solitamente neonati o poco più, poi passa) con vocine da cartoon che loro stessi troverebbero indegne di qualsiasi rispetto.
Ed era proprio questa comunanza di atteggiamenti tra l’innamoramento e l’essere genitore che mi intrigava mentre, più che pattinare, evitavo di cadere.
Ho spesso pensato che quella per i propri figli sia la forma di amore più pura che si possa immaginare: totale, senza compromessi e completamente disinteressata. Per esperienza (almeno da parte di padre) direi che questo vale soprattutto finché i figli sono piccoli, poi le aspettative si fanno più articolate e l’amore pur rimanendo fortissimo assume toni meno assoluti, diventa sempre più simile ad un rapporto tra persone più che all’adorazione di un tesoro.
L’amore di un uomo per una donna (o ragazza, o ragazzo… insomma, ci capiamo) è qualcosa di molto più legato ad aspettative di reciprocità, ma quando queste sono soddisfatte, allora anche in questo caso lo sbracamento è totale.
Sto leggendo un libro che tratta dell’origine evolutiva e culturale di certe facoltà umane, per cui mi sono trovato a domandarmi per estensione a quale fosse il motivo per cui l’attrazione verso altre persone adulte e le cure parentali abbiano questo tratto così netto in comune. A farla semplice: perché ci instupidiamo di fronte alla fidanzata come di fronte ai nostri figli?
La ragione dell’istupidimento verso i figli dovrebbe risiedere in un comportamento che attenua l’aggressività maschile nei confronti di esseri del tutto indifesi. Addolciamo il nostro testosterone con dosi di melensaggine per evitare di sbranare i frugoletti. Si tratta di un comportamento vincente dal punto di vista evolutivo, perché banalmente chi non sbrana i propri figli ha maggiore probabilità di dare discendenza ai propri geni.
Sul perché diventiamo melensi e accondiscendenti con le nostre amate mi risulta più difficile da intuire. A istinto, ma ne so poco, penso che potrebbe essere anche in questo caso un tentativo di apparire inoffensivi, unito magari ad una strategia che faccia leva sull’istinto materno delle femmine.
Sia chiaro che sono considerazioni che valgono il tempo che trovano; affermazioni di questo tipo per potere assumere un qualche carattere di serietà, vengono sezionate nei minimi dettagli, verificate con test, statistiche, confutate, discusse.
I miei sono solo pensieri al volo, fatti cercando di mantenere un’instabile equilibrio e godendomi l’ebbrezza di quel momento di innamoramento limpido come il cielo su quelle montagne.

Mia figlia si è poi stufata prima di me del pattinaggio, permettendomi di raggiungere il duplice risultato di non scontentarla interrompendo qualcosa che le piace e di impartirle l’implicita lezione che quando chiedi qualcosa, soprattutto se coinvolgi qualcun altro, non ti è poi concesso di accantonare il giocattolo dopo un attimo, come un capriccio. D’altronde sono pur sempre un padre…

10 gennaio 2012

No, non ve lo consiglio

La cosa più orribile che abbia letto in tutta la mia vita. Solo quattro pagine, ma crudeli e lancinanti come una scheggia di vetro, insopportabili e irresistibili.
Le leggi tutte d'un fiato, in apnea, perché non ti ci puoi staccare, e più veloce che puoi perché desideri solo che quello strazio finisca al più presto. Ti chiedi -dopo, quand'è finito- se sia sadismo ad avere dettato quelle frasi, o puro genio, o tutte e due le cose.
È la precisione dei dettagli secondari ad amplificare l'orrore che provi, a dargli quell'ulteriore sensazione di realismo che rende tutto insopportabilmente preciso.

INCARNAZIONI DI BAMBINI BRUCIATI di David F. Wallace (contenuto nella raccolta di racconti OBLIO, ed. Einaudi)

12 novembre 2011

E comunque noi si festeggia

Già, noi si festeggia questa volta, con tanto di spumante e pasticcini. Spumante, non champagne come mi ero promesso non so neanche più quanti anni fa, perché quello lì ci ha ridotti peggio di quanto temessimo, e ora, anche se l'occasione sarebbe una di quelle che meritano, non è il caso di fare spese folli.
È proprio questo il punto, quello che più mi ha fatto lentamente, ma inesorabilmente, montare il nervoso: il fatto che quello là, il Berlusconi, sia stato in grado di deludere perfino le più disilluse delle aspettative, quelle smaliziate.
Perché noi eravamo quelli che in quel 1994 ridevano come matti di fronte al video della sua "discesa in campo", la scrivania in stile classico, le foto di famiglia rivolte verso la telecamera, la libreria alle spalle (finta, ci dissero subito dopo i detective del video), la calza sulla telecamera per ammorbidire i dettagli.
"Un venditore di pentole", pensavamo, "chi ci può cascare"? E ridevamo. E rideva pure lui, che ha poi riso per vent'anni, alla faccia nostra.
Quella prima campagna elettorale fu impressionante.Eravamo abituati ai cartelli col simbolo di partito, VOTA COMUNISTA, DEMOCRAZIA CRISTIANA, magari il faccione del candidato in giacca e cravatta. Lui invase le città di manifesti 6x3, il sorriso accattivante, trasmetteva entusiasmo.
E noi ridevamo. UN PRESIDENTE OPERAIO, MENO TASSE PER TUTTI, UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO. E in rete fioccavano le parodie, e noi ridevamo, credevamo che svelando il ridicolo di questi slogan avremmo convinto tutti della loro inconsistenza.
"Libererò l'Italia dal comunismo" diceva, e noi ridevamo. Al partito aveva dato un nome ridicolo "Forza Italia", e noi ridevamo. Ma gli stupidi eravamo noi che non capivamo quanto fossero azzeccati quegli slogan, quanto fossero in linea con quanto tanta gente voleva sentirsi dire.
Slogan diretti, semplici, efficaci, come quando devi vendere le pentole.
Ci levammo dalla faccia quel sorriso sbruffone quando il Berlusconi vinse le elezioni. Com'era possibile che tanta gente ci fosse cascata? Come potevano essere così stupidi? Ci siamo perfino arroccati in un'arrogante senso di superiorità, il popolo bue, i cervelli cotti dalla televisione (le sue televisioni, poi...), dai cellulari.
Quel sorriso dalla faccia ce lo siamo levato a fatica, ci abbiamo messo un po' ad ammettere che le sue strategie elettorali erano micidiali, azzeccate e vincenti.
E siamo partiti all'inseguimento. Poster 6x3 per tutti, da sinistra a destra, spot televisivi, cantautori ingaggiati per gli inni di partito, promesse.
E in questa gara siamo stati sempre dietro, non c'è niente da fare. Anche quando al governo non c'era lui, le strategie di comunicazione migliori erano le loro. Rimanevamo impressionati da quanto potenti fossero i messaggi che riuscivano a fare passare. Soprattutto quando erano all'opposizione, le loro dichiarazioni erano convincenti pure per noi. Riuscivano a farci dubitare della bontà delle posizioni dei nostri, ne svelavano le debolezze. E se noi duri e puri vacillavamo ma non crollavamo, il "partito degli indecisi" passava compatto dalla sua parte. E lui tornava in sella.
E allora, ora vengo al punto, noi sconfitti, coltivavamo segretamente una sciocca speranza: quello che propone è ridicolo, troppo lontano dai nostri sogni di giustizia sociale per essere condivisibile, ma se lui realizzasse davvero quello che promette, se davvero si creasse questo milione di posti di lavoro, se davvero calassero le tasse, se davvero la cosa pubblica funzionasse come un'azienda, sarebbe poi così male? Non sarebbe comunque meglio della mafia democristiana, delle tangenti socialiste, del nepotismo, dell'inefficienza, del malaffare? Non avrà cinicamente ragione chi se ne sbatte del conflitto di interessi e pensa che se lui fa il bene delle sue aziende, fa il bene di tutta l'Italia?
Pure alle ultime politiche lo abbiamo pensato: questa volta ha una maggioranza talmente schiacciante che se davvero volesse realizzare le sue promesse da venditore di pentole, potrebbe farlo senza problemi.
Eravamo troppo stanchi di prendere mazzate, si continua ad opporsi, perché tutto ciò era troppo profondamente ingiusto e scorretto per essere accettato, ma quel diavoletto cinico sulla spalla continuava a sussurrarci "sei proprio sicuro che il ponte sullo Stretto non sia davvero una spinta all'economia?". No, certo, è una cazzata colossale, rispondevamo, ma il diavoletto non lo ammazzavamo mai del tutto.

E ora, alla fine, ci rendiamo conto che siamo riusciti a liberarcene solo quando è stato inequivocabile che quell'uomo ci ha ridotto col culo per terra, quando è diventato palese agli occhi anche dei più sprovveduti che le sue promesse erano inconsistenti, che il Berlusconi non aveva nessuna capacità (e in fondo nessun interesse, forse) a realizzarne nemmeno una, nemmeno quelle che non avremmo voluto, ma meglio che niente, e ci ha trascinato nel baratro con un tale misto di incompetenza  e inettitudine che alla fine ha sorpreso perfino noi.

E allora noi si brinda. Non è il momento di festeggiare ora, siamo di fronte alle macerie e non abbiamo neanche iniziato a sistemare qualcosa, ma la sensazione che l'opera di distruzione sia finita è netta. Ora toccherà tornare a fare le persone serie, a lasciare perdere l'inseguimento al venditore di pentole, ma noi per ora festeggiamo, con il gradevolissimo sollievo di un peso che ci siamo tolti.
Cin cin.

3 novembre 2011

Fanatismo?

È una cosa il cui principio non posso non trovare detestabile, ma su cui mi rendo conto che la mia reazione è forse un po' eccessiva. L'altro ieri abbiamo fatto il consueto giro dei cimiteri, a rendere un saluto ai nostri morti, come da tradizione.
E già iniziamo male…: in Italia (ma non solo, ovviamente) si fa vacanza in un giorno che celebra tutti i Santi (e provate a fare lo sforzo di immaginare che cosa siano i santi per chi cattolico non è) e non i morti, il cui ricordo e la giusta commemorazione dovrebbe essere concessa a chiunque. Per cui il "giro dei cimiteri" lo si fa il giorno della festa di Ognissanti e non in quello che a calendario viene dedicato proprio alla commemorazione dei defunti.
E vabbè, sono date, convenzioni, non stiamo a farne una questione.
Poi c'è l'altra fonte di irritazione per chi cattolico non è: il monopolio della commemorazione della morte sembra essere di fatto in mano al cattolicesimo.
Non so quando abbiamo iniziato, credo che derivi da una consuetudine di mia moglie, ma noi in questo "giro dei cimiteri" ci portiamo un lumino (quelle candele chiuse in contenitori antivento rossi o bianchi) per ogni morto che andiamo a visitare e poi una volta lì lo accendiamo con la partecipazione confusionaria dei bambini e lo lasciamo a testimoniare il nostro passaggio sulla tomba.
Beh, provate a cercare un lumino che non abbia appiccicata sopra una Madonna, un Padre Pio, un Gesù morto o un Papa Wojlyla. Provate, non ci riuscirete. E io mi irrito: "Possibile che io debba portare ai miei morti la foto di 'sta gente qua?" A persone che in vita se la ridevano di certe cose, poi.
Allora, ai rituali della giornata, se ne è aggiunto un altro: la rimozione degli adesivi dai lumini:

6 ottobre 2011

Il nuovo mondo


Chi mi conosce sa che all'Università ho studiato Fisica. Poi varie vicissitudini han fatto sì che il mio lavoro si incentrasse su tutt'altro campo e la Fisica è passata dall'essere una prospettiva professionale (da grande farò lo scienziato!) ad un hobby, e poi uno dei tanti interessi che ho, coltivati a livello molto superficiale e da distante osservatore.
In ogni caso le mie antenne sono ancora sintonizzate su certi temi e quando dal mondo della scienza viene fuori qualcosa di eclatante, la mia attenzione viene risvegliata e certi meccanismi mentali decisamente arrugginiti si rimettono faticosamente in moto.

Qualche giorno fa è esplosa sui giornali italiani e di tutto il mondo la notizia del superamento della velocità della luce da parte dei neutrini. Poi nel nostro belpaese siamo riusciti a trasformare tutto in farsa grazie soprattutto all'incompetenza del nostro Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, che con un goffo tentativo di attribuire al Governo parte dei meriti dell'esperimento è stata in grado di fare una delle  figuracce più clamorose che la nostra già vergognosa storia ricordi.
Ma a parte questo, la notizia è una di quelle capaci di dare la  sensazione di essere davvero all'ingresso di un nuovo mondo, almeno per quanto riguarda la nostra comprensione del mondo.

Innanzitutto l'esperimento: neutrini, cioè particelle leggerissime (per lungo tempo si è  ipotizzato che avessero massa nulla) prodotte nei laboratori del CERN di Ginevra, sparate sottoterra per 730km e intercettate nei laboratori del Gran Sasso.
Già questa da sola è una cosa mirabolante. Sparare un fascio di roba impalpabile a 730.000 metri di distanza e centrare il bersaglio richiede una precisione fantastica. Ma questa era la parte scontata dell'esperimento.
Lo scopo principale di questo  esperimento è una cosa un po' complessa da spiegare qui, comunque aveva come obbiettivo la verifica del fatto che il neutrino ha effettivamente una massa.
Intanto che c'erano, gli scienziati che lavorano su questo esperimento si sono presi la briga di misurare anche la velocità dei neutrini in questo viaggio.
Cioè, per poco che ne sappia di fisica, se conosco la distanza tra punto di partenza e punto di arrivo, e so quanto tempo ci ha messo ad arrivare, ci va poco a misurare la velocità, no? Divido la distanza per il tempo e voilà.
Attenzione però, qui siamo di nuovo nel mirabolante: immaginate di misurare la lunghezza di una stanza: prendi un metro, ti metti in un angolo, lo tiri, ecc.
Immagina ora di misurare la lunghezza di un campo di calcio. Stesso discorso: prendi un metro un po' più lungo ecc. ecc.
Ma se vuoi misurare la distanza tra, chessò, la porta di casa tua e la porta principale del Duomo di Milano, come fai? Be, facile. Butto via il metro, mi attacco al pc, vado su Google Maps e tiro una riga. A me viene 125.091 metri, ma vatti a fidare.
I ragazzi dell'esperimento hanno fatto una cosa del genere, non con Google Maps, ma utilizzando GPS ad alta precisione e accuratissimi modelli geodesici. Il risultato è che questi signori conoscevano la distanza tra il punto di partenza e quello di arrivo con un incertezza di 20 centimetri. Una spanna su 730km!
E poi occorre misurare il tempo impiegato per andare da un punto all'altro. Anche questo è un problema non da poco a volerlo fare con cura. Innanzitutto si tratta di un tempo ridicolmente breve: 2 millisecondi e mezzo. Non sono in grado di paragonarlo a niente di facilmente intuibile. Diciamo che durante il classico battito di ciglia i neutrini potrebbero fare avanti e indietro almeno una ventina di volte.
E poi, quando la misura deve essere precisa precisa, non è che puoi metterti al telefono a Ginevra e dire "Via!" quando fai partire il fascio e il tuo amico al Gran Sasso fa partire il cronometro e lo ferma quando lo vede arrivare. È un casino mica da poco.
Però pure questa misura sono riusciti a farla con una precisione incredibile e qui, sorpresa! I neutrini ci mettevano un po' meno di quanto previsto e quanto previsto era esattamente il tempo che ci metterebbe la luce a fare lo stesso viaggio. Quanto meno? Un'inezia, 60 millisecondi, uno scarto di poco più di due parti su 100.000. Tipo due gocce d'acqua di meno in un bidone da 5 litri.
Un'inezia.
Però agli scienziati queste inezie non vanno giù. Si può  accettare che i risultati varino di un inezia tra una misura e l'altra, ma in modo casuale, una volta si misura un tempo un po' più lungo, una volta uno un po' più corto. Significa solo che non sono stati bravi a fare la misura, ma se la differenza tra quanto ci si aspetta e quello che si misura è sempre nello stesso senso, vuol dire che c'è qualcosa sotto.
La cosa più banale è che si sia sbagliato qualcosa, per esempio  che la distanza sia effettivamente minore di quanto si pensi. Allora si ripetono tutte le misure, le si fanno con sistemi diversi, le si discutono, le si criticano, fino ad arrivare ad una conclusione: la misura è corretta. Anche perché per giustificare quella differenza avrebbero dovuto sbagliarsi di 18 metri, mentre la loro incertezza era dell'ordine di una spanna.
E così gli scienziati hanno fatto per tre anni. Notare: nessun sensazionalismo, nessuna conclusione affrettata. Per tre anni hanno preso in considerazione e cercato di eliminare ogni causa di errore, ma la differenza tra il tempo atteso e quello misurato rimaneva lì. 60 nanosecondi.
A questo punto, come dice Sherlock Holmes "Quando hai eliminato l'impossibile, qualsiasi cosa resti, per quanto improbabile, deve essere la verità".
E l'improbabile verità a cui tocca arrendersi con incredulo stupore è che i neutrini viaggino più veloce della luce.
E qui casca tutto.
La velocità della luce come limite massimo, praticamente irraggiungibile per qualsiasi cosa abbia una massa è un punto fermo della fisica del ventesimo secolo. Una colonna portante. A scardinarla potrebbe venire giù tutto. Forse esagero, ma le conseguenze concettuali sarebbero gigantesche.

Ora tutte le cautele sono ancora da tenere altissime.  Un dato di tale portata andrà riprodotto da qualcun altro in qualche altro modo per avere la certezza che non si tratti di un'anomalia dovuta a qualcosa sfuggito in questo esperimento. Perché può ancora darsi che nonostante tre anni di riflessioni di simili teste d'uovo,  il motivo di quell'anticipo sia molto più banale. Allora facciamo un altro esperimento da qualche altra parte e rimisuriamo la velocità di questi neutrini.
E poi ci sono altre cose che non quadrano (esempio: come mai non si è mai rilevato niente del genere  durante le esplosioni di stelle in supernova, in cui si ricevono i neutrini contemporaneamente alla luce dell'esplosione?) e altre cose da sistemare.
Ma se, e ripeto, SE il fenomeno dovesse essere reale, cioè i neutrini viaggiano più veloce  della  luce, allora occorrerà risistemare una bella fetta della nostra conoscenza del mondo. Nel passato quando sono successe cose di questo tipo l'impatto è stato  devastante: si è scoperta la fisica quantistica, la relatività, la nostra visione del mondo è mutata in modo  fondamentale.
Chiunque assapori il fascino per l'indagine del mondo sta tifando perché il fenomeno sia reale. Io sono tra questi e spero davvero di potere assistere ad un'altra rivoluzione analoga a quella che si verificò tra il 1900 e il 1930.
Assistere dalla finestra alla nascita di un nuovo mondo. Magari.

5 ottobre 2011

Wikipedia.it è chiusa

e per me è un dramma.
Aggiornamento del 6/10: ha riaperto, era solo una minaccia. Ma se mai dovesse concretizzarsi...

4 ottobre 2011

La giornata di un corridore

Ho provato, per gioco e per memoria personale, a scrivere il resoconto di una gara di corsa a cui ho partecipato la scorsa primavera. Ho cercato di farlo nello stile di quegli splendidi articoli lunghi abbastanza tipici del giornalismo anglosassone, quelli in cui l'autore parla in prima persona raccontando l'evento dal di dentro. Al di là della qualità del risultato (che spero essere almeno decente), ne è venuta fuori una cosa piuttosto lunga, che non è il caso di pubblicare tutta qui. Ne inserisco solo il prologo, poi chi fosse interessato può trovare il documento completo qui.

Corri sul percorso più panoramico d’Italia”. Sono le parole dello slogan della manifestazione a venirmi in mente mentre mi reco a piedi verso la partenza della gara. È un’alba spettacolare: cielo perfettamente azzurro e senza una nuvola; il sole sta spuntando da dietro una montagna e la superficie del lago sembra d’argento. In settimana ha nevicato in alta quota, per cui le cime dei monti che circondano il bacino del lago sono spolverate di bianco. L’aria è frizzante, decisamente fresca, ma mi basta tenere la cerniera della tuta chiusa fino al collo e le mani in tasca per non patire il freddo.
Mi sono iscritto alla Lago Maggiore Half Marathon, una gara podistica di 21.097 metri che si svolge a inizio Marzo, tra le città di Stresa e di Verbania. Sono città che si affacciano su due sponde opposte di un’ansa del lago, per cui il percorso è una sorta di ferro di cavallo che percorre tutto il lungolago tra le due località e lo scenario che ne risulta, al di là della prosopopea dello slogan, è particolarmente scenografico.
(segue)

30 settembre 2011

Cinque anni

Alberto è morto cinque anni fa. E cinque anni esatti è la nostra differenza di età, quindi io da domani sarò più vecchio di quanto il mio fratello maggiore non sia mai stato. Mi è venuto in mente questo passo de "Il primo uomo" che lessi un sacco di tempo fa, quando pensieri di morte e di vecchiaia sembravano solo un'idea remota:

Fu in quell'istante che lesse sulla lapide la data di nascita del padre, scoprendo nello stesso tempo di averla sempre ignorata. Poi notò le due date -"1885-1914"- e fece un rapido calcolo: ventinove anni. Un pensiero lo colpì all'improvviso e lo scosse. Lui di anni ne aveva quaranta. L'uomo che giaceva sepolto sotto quella pietra, e che era stato suo padre, era più giovane di lui.

da Il primo uomo, di Albert Camus

31 agosto 2011

La macchina

Che gusto ci provi a correre? Fatica, maltempo, solitudine. Monotono, sempre lo stesso gesto. Ancora fatica.
Non lo so, in effetti è difficile dare una giustificazione razionale a questa attività, però questa mattina ho provato una di quelle sensazioni che se riuscissi a trasmettere per intero potrei convincere chiunque.

Erano esattamente 19 giorni che non correvo. In vacanza non mi era sembrato il caso di portarmi scarpe e abbigliamento e soprattutto non mi sembrava il caso di bloccare tutta la famiglia in attesa dei rientri dalle mie uscite di corsa. E soprattutto era più di un anno che correvo senza sosta almeno tre volte alla settimana, per cui una pausa ci stava bene. Un po' di riposo non avrebbe guastato.
Così questa mattina mi sono alzato prestissimo - non era ancora giorno - e sono sceso in paese chiedendomi come sarebbe stata quell'uscita, se avrei fatto fatica, se fosse il caso di fare la distanza che mi ero imposto.
Sono sceso dalla macchina e ho fatto un giro del paese per riscaldamento in un percorso a saliscendi.
Il paese dormiva ancora, non c'era nessuno per strada, tranne un gatto che è scappato al mio arrivo. L'aria era fresca, la luce scarsa era quella dell'aurora. Sono passato di fianco al camper di nostri amici pensando che anche loro come noi lo stavano risistemando dopo le vacanze estive. Ho affrontato una salita ripida pensando che in cima c'è un muro a rischio di frana chiedendomi se il Comune avesse davvero intenzione di aspettarne il crollo prima di decidersi a intervenire. Dopo la salita sono passato sotto la scuola che frequentano i miei figli contando mentalmente che loro - fortunati - avevano ancora 12 giorni di vacanza prima di iniziare, infine ho iniziato una discesa che mi avrebbe portato al punto di partenza pensando a…
Ecco, questo è il punto esatto: in quel preciso istante mi sono reso conto di avere fatto quella strada - niente di che, sarà un km in tutto, ma in saliscendi e con una salita piuttosto impegnativa - senza neanche accorgermene, guardandomi intorno e pensando ai fatti miei, mentre le gambe e il cuore e i polmoni mi portavano a spasso con tranquilla efficienza. La sensazione è più o meno quella che si ha passeggiando in bicicletta su un percorso facile. Facile, appunto, gradevole.
Non era la prima volta che mi capitava, anzi direi che mi capita spesso di avere quella sensazione di essere a bordo di una macchina che sono io, ma oggi l'insieme di tutte queste cose - l'alba, la lunga pausa, i luoghi familiari, l'aria fresca e non umida - me l'ha resa ancora più piacevole di sempre.
Questa è stata la bellissima sensazione di essere vivo che ho provato e che vorrei, ma non riesco a trasmettere.

Poi ho iniziato la corsa vera e propria, con l'umore alle stelle e la voglia di correre per sempre.
(ah sì, poi verso la fine dell'allenamento la fatica si è fatta sentire, eccome, ma questo è solo un dettaglio).

19 luglio 2011

Il Baby Juke Box

Tra i CD che mi porto in macchina, ce n'è uno, intitolato Baby Juke-Box che, nonostante il fatto che i miei figli un vero juke box non l'abbiano mai visto, contiene una raccolta di canzoni a loro gradite che metto su in loro presenza non potendo costringerli ad ascoltare certe "robe noiose che ascolta papà".
In realtà questo CD non è l'unica cosa che sentiamo in macchina, perché quando mi capita di ascoltare qualcosa che immagino possa piacergli, lo metto su, lo si ascolta alla noia e poi il best-of viene aggiunto al Baby Juke-Box.
Poi ci sono le richieste spontanee, canzoni che hanno sentito qua e la e che mi chiedono di inserire in lista.

Così questo CD è ormai frutto di un paio d'anni di aggiunte e contiene brani per tutti i gusti (più o meno infantili). A chi può fregare qualcosa, vado ad elencare la lista ragionata dei brani a oggi:
1) Lady Gaga - Bad Romance
Lady Germanotta è una star a casa nostra. Pacchiana e sfacciata quanto basta per renderla simpatica a tutti. La sua musica poi è dance di buon livello, tamarra ma fatta ad arte. Su le maniiii!
2) Britney Spears - Toxic
Volete Lady Gaga? Allora vi piazzo pure Britney. Toxic mi piaceva quando lo sentivo passare per radio, ma in effetti vale meno di quanto ricordassi.
3) Las Ketchup - Asereje
Questa, come alcune altre che vengono dopo, fa parte di un'analoga compilation che Lorenzo ascoltava in macchina con suoi amichetti durante le trasferte al corso di sci con il loro papà. Io le ho riprese passivamente.
4) Shakira - Waka Waka (This Time for Africa)
Grande successo trainato dai mondiali di calcio. Lorenzo ne apprezza gli aspetti calcistici, Carlotta quelli danzerecci e sexy della protagonista. Poi per entrambi è stata oggetto di festa di fine anno (l'hanno imparata per il coro).
5) Chumbawamba - Tubthumping
6) Opus - Live is life
Queste due facevano parte della stessa compilation di Asereje. Le ho inserite anche a memoria della mia adolescenza, ma non ricordavo quando fossero irrimediabilmente brutte.
7) Valeria Rossi - Tre Parole
Canzoncina che va bene per il revival, ma pure questa piuttosto imbarazzante
8) Renato Carosone - Tu Vuo Fa...
Su richiesta di Lorenzo che però aveva sentito l'ipnotico remix contemporaneo. La versione originale non gli dispiace, ma non esalta neanche. Roba troppo vecchia in effetti, per quanto simpatica.
9) The Cramberries - Zombie
In omaggio alla mamma, che questa canzone l'adora. È apprezzata anche dai bambini che ne amano il piglio rock. Quando passa, sul sedile posteriore si scatena il concertino, Lorenzo fa il batterista, Carlotta la cantante e Francesco il chitarrista. Uno spasso
10) Garbage - Milk (Massive Attack remix)
Questo brano omaggia il fidanzamento tra mamma e papà. A quei tempi girava parecchio nelle nostre autoradio. È un po' moscia in effetti, ma va bene per darsi una calmata dopo lo scatenamento di Zombie.
11) Vita Tranquilla - Tricarico
Me la ricordavo simpatica da un Sanremo di qualche anno fa. Carina, ma niente più. Ho l'impressione che ai bimbi non piaccia un granché.
12) Cesare Cremonini Feat. Jovanotti - Mondo
Questo pezzo scatena gli entusiasmi di tutti. Grandi cori e balletti. Il buon Cesare ha un bel piglio, niente da dire.
13) Sade - The Safest Place
Ho sfruttato l'animo romantico di Carlotta per infilare questo pezzo che piace soprattutto a me. Il mio brano preferito dell'ultimo album di Sade.
14) Sting - Englishman in New York
Sentita da Lorenzo a scuola (durante le lezioni di Inglese). Io un po' la detesto, ma a tutti gli altri piace. E io mi adeguo.
15) Giuseppe Povia - I Bambini Fanno ooh…
Pure il piccolo Francesco propone le sue hit. Questa è tutta per lui, ma pure gli altri 2 sotto sotto apprezzano.
16) Bee Gees - Stayin' Alive
Anche questa scovata da Lorenzo (che la chiamava "Stimolai") non so dove. Una ventata di disco anni '70. La balla pure Francesco, col dito al cielo.
17) Sheryl Crow - Here Comes The Sun
Richiesta da Carlotta che l'ha sentita sul finale di Bee Movie. Questa versione con voce femminile le piace di più dell'originale dei Beatles.
18) Petra Magoni / Ferruccio Spinetti - Guarda Che Luna
Un grande classico della nostra famiglia. Tutti i bimbi sono stati deliziati dalle nostre interpretazioni fin dalla più tenera età e la sanno a memoria. L'originale di Fred Buscaglione per loro è una curiosità, per loro l'originale è questa, cantata dalla virtuosa Petra Magoni.
19) Loredana Berté - E La Luna Bussò
"Il primo reggae italiano" lo definisce la stessa Bertè. Non so se sia vero, ma fa molto estivo, si canta volentieri.
20) System Of A Down - B.Y.O.B.
Concessione estrema a Lorenzo, che quando passa questo pezzo si agita come un tarantolato. Tutto sommato la apprezzano pure gli altri, almeno negli stacchi melodici.
21) Dente - Buon Appetito
Dente è un caso di successo tra i CD che ho proposto io alla famiglia. Questa è una delle canzoni preferite, ma l'album ogni tanto lo si ascolta volentieri nella sua interezza.
22) Cristina Donà - Più Forte del Fuoco
Anche l'ultimo album di Cristina Donà è una mia proposta. Amata soprattutto da Carlotta, abbiamo fatto fatica a trovare la canzone preferita dell'album, tutto molto bello.
23) Jovanotti - Tutto L'Amore Che Ho
24) Jovanotti - Il Piu' Grande Spettacolo Dopo Il Big Bang
Due hit dall'ultimo album di Jovanotti. Non male, ma su questo tizio potrei scrivere un bel pezzo denigratorio sul talento sprecato. Comunque queste canzoni si lasciano ascoltare, scorrono innocue come tutta la sua musica.
25) Caparezza - Il Dito Medio Di Galileo
L'album di Caparezza (l'ultimo) è un altro grande successo familiare. Questa canzone è una delle più apprezzate, per l'arrangiamento rock e soprattutto per la volgarità implicitamente permessa del gesto del dito medio.
26) Emiliana Torrini - Jungle Drum
Rititolata "Racatuncia" per l'onomatopea sul ritmo tribale cantata nel ritornello. Una delle canzoni più pop dell'islandese dal nome italiano: proposta ed accettata con entusiasmo.
27) Jovanotti - Ciao mamma
È qui la festa? Mette allegria e lo si canta in coro. Mi preoccupa un po' questo proliferare di Jovanotti, ma tant'è...
28) Davide Caci - Il Pistolero
Pretesa con estenuante insistenza da Francesco, che l'ha imparata su un giochino a moneta al mare (un cavallo tutto nero…). Pure lui va accontentato, con buona pace di tutti.
29) Selena Gomez - Naturally
L'orlo del baratro. Richiesta da Lorenzo, scoperta da lui non so dove e non so come (penso alla tele). Inizia a sganciarsi dalle proposte paterne per richiedere roba che piace a lui autonomamente. Questa ragazzina made in Walt Disney è banale e scontata, ma piace ai ragazzini, non c'è niente da fare. Ci si adegua, temendo i giorni in cui mi imporranno l'equivalente contemporaneo di Erosramazzotti o Laurapausini.

13 luglio 2011

La mia vita nelle mani altrui

Sono sempre più disgustato, siamo a livelli insopportabili.
Mi riferisco al testo della legge sul testamento biologico approvato ieri da quell'acozzaglia di farabutti che siedono nel Parlamento della Repubblica Italiana, totalmente dediti ai propri piccoli e personali interessi, schiavi di disgustosi servilismi a danno di un paese che fingono di rappresentare, ma di cui non provano neanche ad avvertire le più elementari ed umane esigenze.
Persone che si arrogano il diritto di decidere della mia vita, che si investono del potere di scegliere quanto dignitosa dovrà essere la mia fine, senza alcun rispetto per la mia volontà. Pensando poi nel dettaglio quanto rivoltanti sono certi personaggi che siedono in quel luogo, mi viene da schiumare di rabbia. Sono furioso.

Un'analisi un po' più lucida della mia la fa Stefano Rodotà su Repubblica, ma il succo del discorso non è molto diverso:
L'ULTIMA VOLONTÀ ESPROPRIATA

Pessima giornata, ieri, per la civiltà giuridica di questo paese. Pessima giornata per la legittimazione sociale del Parlamento, che si allontana vertiginosamente dalle persone, da anni favorevoli quasi all´80% al diritto di ciascuno di decidere liberamente sulle modalità del morire.

Questo ci dice il voto con il quale la Camera dei deputati ha approvato le norme sulle "dichiarazioni anticipate di trattamento" che espropriano ciascuno di noi del potere di decidere sul morire. Non è ancora una legge della Repubblica, perché il testo dovrà di nuovo essere esaminato dal Senato. Ma, dopo che si è riusciti a peggiorare un testo orribile già all´origine, ogni speranza che i senatori possano avere qualche ripensamento sembra del tutto infondata.
Al posto della volontà della persona compare ormai, violenta e invadente, quella del legislatore.
Perdiamo il diritto all´autodeterminazione, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 438 del 2008, ha riconosciuto come diritto fondamentale della persona. Si esclude, infatti, che la persona possa liberamente stabilire quali siano i trattamenti che intende rifiutare qualora, in futuro, si trovi in situazione di incapacità. Le sue dichiarazioni non hanno valore vincolante, vita e corpo della persona sono sottratti al governo dell´interessato e affidate a regole autoritarie, alla pretesa del legislatore di farsi scienziato, ed alla decisione del medico. La persona scompare, altri soggetti compaiono al suo posto. La dignità nel morire è cancellata.
Invece di rispettare la persona quando riflette sul momento più difficile e intimo della sua esistenza, si dà voce ad uno spirito vendicativo, esplicitamente dichiarato da quelli che hanno attribuito al testo votato ieri la funzione di chiudere la fase aperta dalla decisione della Corte di Cassazione nel caso di Eluana Englaro.
Una rivincita contro una sentenza definita "giacobina" (quale approssimazione culturale in questo modo di esprimersi!), mentre si è trattato di una sentenza così accuratamente argomentata da mettere la nostra giurisprudenza al livello della miglior riflessione giuridica internazionale su questi temi.
Ieri, al contrario, ci siamo allontanati dall´Europa e dal mondo, spinti dal medesimo, cieco furore ideologico che ha prodotto la pessima legge sulla procreazione assistita, che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima in alcuni dei suoi punti più significativi e di cui si occuperà anche la Corte europea dei diritti dell´uomo.
Questo è il destino al quale va incontro la legge sul testamento biologico. Ed è inquietante che nel dibattito parlamentare siano state usate parole quasi intimidatorie, quando si detto che sarebbe un brutto giorno per la democrazia quello in cui la Corte costituzionale decidesse contro la maggioranza del Parlamento, una volta investita del giudizio sulla nuova legge.
Possibile che ogni volta si debba ricordare ai parlamentari che le corti costituzionali sono appunto "giudici delle leggi", che hanno proprio il compito di vegliare sul rispetto dovuto dal Parlamento alla Costituzione? Possibile che ignorino che la discrezionalità del legislatore incontra limiti precisi in particolare quando sono in questione la vita, la salute, la dignità della persona?
La verità è che il testo votato ieri non chiuderà le polemiche, ma avvierà una lacerante stagione di conflitti. Si è detto che si voleva sottrarre ai giudici il potere di decidere sulla vita. Accadrà il contrario, perché siamo di fronte a norme che apriranno la via a contestazioni, a ricorsi, a eccezioni di incostituzionalità.
Si è imposta una logica che rende le persone prigioniere proprio di quelle costrizioni dalle quali, con un testo semplicemente ricognitivo del diritto all´autodeterminazione, avrebbero potuto liberarsi. Si corre il rischio di vie traverse, di sotterfugi. Esattamente il contrario della lezione civile di Beppino Englaro, che ha accettato la via aspra e lunga della legalità, e che ieri, per questo, è stato insultato nell´aula di Montecitorio. Si incentiverà il terribile "turismo eutanasico" verso altri paesi, un cammino che già più d´uno ha cominciato dolorosamente a percorrere.
Questi sono i frutti amari dell´ideologia, della pretesa di sottomettere ai propri convincimenti "le vite degli altri", proprio quelle che dovrebbe essere massimamente rispettate. E´ quel che accade in tutti i paesi che hanno approvato leggi in questa materia, è quel che hanno fatto, con vera carità cristiana, la Conferenza episcopale tedesca e il Consiglio delle Chiese evangeliche nell´opuscolo con il quale hanno dato ai fedeli le istruzioni sul testamento biologico, che legittimano quasi tutto quello che in Italia viene vietato.
Ma questo è pure il frutto amaro di un bipolarismo distruttivo, di una cieca obbedienza di parlamentari ormai senza relazione alcuna con il mondo che li circonda, di una appartenenza imposta dal fatto che il loro destino personale e politico è solo nelle mani del padrone della maggioranza.
Nella vituperata Prima Repubblica la civiltà del confronto non venne meno neppure nella discussione di leggi assai più dirompenti per i problemi di fede che ponevano, come quelle sul divorzio e, soprattutto, sull´aborto. Oggi che si prospetta il ritorno di un partito cattolico, con imprimatur cardinalizio, la vicenda del testamento biologico non è l´auspicio migliore.

Stefano Rodotà

29 giugno 2011

Riflessione del dopocena

Si prova una sensazione strana a leggere libri scritti da persone decisamente più giovani di noi.
Innanzitutto c'è una perdita di "automatica autorevolezza". Voglio dire: da giovani, quando ci si ritrova un libro tra le mani, spesso capita che questo sia scritto da persone che magari hanno il doppio o il triplo dei propri anni, o più. La loro autorevolezza la si dà per scontata. Se uno proprio scemo non è, e se ha riflettuto sull'argomento di cui ti parla per un tempo pari o ancora maggiore di tutta la tua vita, qualcosa di intelligente da dire dovrà pure averlo. Con gli scrittori giovani questo discorso invece non si può fare, allora leggi in modo guardingo, non ti fidi ad occhi chiusi. Valuti se magari il tizio non ha scritto una cretinata. E alla fine, se qualcosa riesce davvero a insegnartelo, la soddisfazione è tanta.
Poi c'è una sorta di invidia. Molti di noi hanno il classico libro nel cassetto o almeno hanno sognato di scriverne uno (io appartengo alla seconda categoria). Così quando ti trovi a riconoscere che uno ben più giovane di te ce l'ha già fatta, bè, allora scatta l'invidia. Poi magari si tratta di invidia positiva, cioè senza astio, ma solo quel desiderio di essere al suo posto (l'invidia negativa è quella in cui desideri che dato che tu non sei al suo posto, non vorresti che neanche lui ci fosse), ma di invidia pur sempre si tratta.
Infine c'è il compiacimento di non essere ancora un vecchio che se la fa solo con i vecchi. Lo so, il rischio di scadere nel giovanilismo è forte (il 40enne che si atteggia a 20enne per dire, cosa tristissima), però la soddisfazione di essere non dico al passo con i tempi, perché noi maturi i tempi che corrono li guardiamo con diffidenza, o tempora, o mores!, ma almeno quella di saperli osservare, di capirli e di esserne in certo modo in sintonia.

Cose così, che mi passano per la testa leggendo i libri di Jonathan Safran Foer, che ha 7 anni meno di me.

28 giugno 2011

A. Baricco - I Barbari. Saggio sulla mutazione

Personalmente apprezzo più il Baricco saggista che non il Baricco romanziere. Questione di gusti immagino, ma in questo agile saggio mi pare di trovare un solido fondamento a questa scala di preferenze.
Nelle 200 pagine scarse del libro, che in realtà è stato pubblicato "a puntate" su Repubblica nel corso del 2006, Baricco descrive quella che molti vedono come una degenerazione dei costumi culturali, come il manifestarsi di una rivoluzione di portata simile a quella costituita dall'avvento del romanticismo nella cultura occidentale.
Caposaldo di quella rivoluzione fu la Nona sinfonia di Beethoven, opera che ancora oggi assume agevolmente il titolo di capolavoro, ma che al tempo fu osteggiata da eminenti critici, che la reputarono frivola, affettata, adatta a cervelli essenzialmente dediti a moda, gossip e (udite udite!) lettura di romanzi. E proprio da questo baluardo della cultura parte il ragionamento di Baricco: per godere di una simile opera (e poi quelle successive, Wagner su tutti) è necessario scavare in profondità, lavorare, studiare, sforzarsi, concentrarsi, ostinarsi, ritornarci su, fino ad arrivare a scovare il profondo tesoro che essa nasconde.
Oggi invece, per i barbari, non è più cosa.
Il mondo è vasto interconnesso, si può viaggiare da una meraviglia all'altra con grande velocità, fare scoperte inaspettate, prendere strade impreviste e trovare altre meraviglie. Certo, non si ha tempo per scavare mai a fondo, ma qual è la perdita? Enorme dicono i romantici, non apprezzare la Nona di Beethoven è una perdita più che enorme: incommensurabile.
Risibile, dicono invece i barbari. Perdo la Nona di Beethoven, ma nel tempo che ci avrei messo a coglierne il segreto tesoro (e non è affatto detto che dopo tanta fatica ci sarei arrivato), ho esplorato un universo, ho fatto esperienze bellissime ed eterogenee, ho vissuto in un mondo che sta cambiando, che diventa sempre più veloce e spettacolare. Non è affatto una perdita, anzi.

L'ho buttata giù semplice e spero di non avere mancato di molto il succo della questione, ma Baricco nel suo saggio articola, giustifica e offre gli strumenti necessari a sostenerla, la sua tesi, per cui consiglio a chiunque voglia almeno ascoltare un'interpretazione di quanto sta succedendo di questi tempi, di procurarselo e leggerselo, o almeno di dare un'occhiata all'esaustiva pagina di wikipedia dedicata.

Per conto mio voglio provare a riportare tre obiezioni. Non credo che siano critiche, anche perché è lo stesso Baricco a trasmettere alcuni dubbi, qualche incertezza non su quanto descrive, ma sul suo valore positivo.
Innanzitutto durante tutta la lettura del libro non si estingue mai la sensazione che tutto questo discorso non sia che uno strutturato sdoganamento della sciatteria. "Elogio della superficialità" l'ho sentito definire. Poi è vero che Baricco la propone piuttosto come una reinvenzione della superficialità, ma, rimanendo nella metafora, viene da chiedersi che cosa ne sarebbe di un mondo in cui non esistessero più menti dedite alla profondità, a creare le strutture portanti di quello che navigando in superficie si coglie come straordinario. Va bene per gli spettatori dunque, ma per suonare il piano, anche solo come Giovanni Allevi, ci va studio e dedizione, altroché. Allora cosa ascolteranno i barbari se quello sforzo non sarà più considerato un valore?
Poi, cosa di cui viene fin troppo accusato, sembra che Baricco parli sostanzialmente di sé stesso. Lo stile di scrittura di Baricco è agile, spettacolare, leggero, incrocia temi e narrazioni, salta di registro senza mai scendere nei meandri più profondi dell'argomento. Questa attitudine è quella per cui, come dicevo all'inizio, lo apprezzo più come saggista che come romanziere, ma troppe volte in questo saggio mi è sembrato che Baricco parlasse proprio di sé e del suo modo di scrivere, di scorgere dunque una certa auto-analisi, o meglio, una specie di auto-legittimazione.
Infine a volte ho la sensazione che sia più una questione di quantità che di qualità. I fenomeni descritti da Baricco (attrattiva per la spettacolarità, superficialità, velocità, iconoclastia, successo commerciale, il supporto di nuove tecnologie...) sono propri di ogni epoca, non sono una novità dei nostri giorni. Quello che cambia oggi è la loro semplicità di diffusione per mezzo dei media (internet su tutti) e per la loro fruizione da parte di strati sempre più ampi di popolazione. Forse il paragone con l'orda barbarica è azzeccatissimo se descrive un movimento che è sempre esistito al di là dei nostri confini, ma che solo ora ha raggiunto una forza d'urto tale da travolgere il mondo come lo conoscevamo. Nel pensarlo mi riconosco un po' troppo all'antica per i miei gusti, ma temo che in tal caso una certa nostalgia per la profondità dei bei tempi passati continuerà a pervadermi.
Ma io non sono un ragazzino, respiro ancora coi polmoni, io.