28 agosto 2009

A. Nothomb - Mercurio

La trama di questo libro è presto detta: un’infermiera va a curare una ragazza praticamente reclusa in un castello su un’isola dove il proprietario la cela al mondo dopo che è stata orrendamente sfigurata in seguito ad un bombardamento. Tra il proprietario (77enne) e la ragazza (23enne) c’è pure una sordida relazione sessuale.
Questo è praticamente l’incipit. Il resto non lo dico perché rovinerei la sorpresa, basti dire che tutta la storia gira intorno al teso rapporto che viene a crearsi tra i tre personaggi e al perché e percome si è arrivati a quella situazione.

Devo dire che uno dei principali pregi di questo libro è la sua brevità. Attenzione, ho detto “uno dei” perché in effetti non è l’unico. A volere essere critici si direbbe che la storia raccontata era a rischio sbrodolatura e non sarebbe stato difficile farne un romanzo epico da 1000 pagine, inserendo maggiori descrizioni, un po’ più di avventura, digressioni ricche e circostanziate. Però il risultato sarebbe stata una costruzione un piuttosto fragile, poco consistente.
E in effetti, l’idea di debolezza della trama si è mantenuta un po’ per tutto il tempo, soprattutto dovuta ad un meccanismo di sospensione dell’incredulità che il sottoscritto fa sempre un po’ fatica ad attivare.
Al di là di questo però, è un bel libro. Occorre quindi un certo sforzo per accettare certe situazioni, ma se si riesce a farlo, queste poi si sviluppano in direzioni interessanti e tutto sommato plausibili.
Ripeto è un gioco bello perché dura poco, probabilmente se avesse superato le 150 pagine l’avrei accantonato. Ma si ferma a 122, allora effettivamente vale la pena.

27 agosto 2009

Total Eclipse of the Good Taste

Vabbè, sono per il cazzeggio.
Ho scoperto da poco, ma probabilmente va avanti già da un po', che in rete ci sono un sacco di video musicali "Literal Video Version", cioè dei video originali in cui la canzone viene ricantata descrivendo esattamente quello che avviene nelle immagini.
Come dicevo, ce ne sono diversi, ma quello che ho trovato più esilarante di tutti è la LVV di Total Eclipse of the Heart, della cotonatissima Bonnie Tyler.
Ora, vabbè che erano gli anni '80, ma che cazzo gli girava per la testa a quei registi?
Guardatelo, è veramente straordinario:

"But Arthur Fonzarelli's got an armour of clones" Potrei morire per questo!

(ah, l'ho trovato qua, quel che è giusto è giusto)

26 agosto 2009

Talibam! - Boogie in the Breeze Blocks

Mi rendo conto che è un po’ che da queste parti non sto parlando della musica che sento. Il punto non è che ne stia ascoltando poca, anzi, forse è che ne sto ascoltando molta e parecchia di ottima qualità (vedi boxettino “Nel lettore CD” qui a fianco). Poi penso che vorrei scriverne qua, anche solo come consiglio di ascolto/acquisto, ma intanto passo ad un nuovo album e quello di prima viene messo in disparte e così via.
Mi rendo conto che come approccio può essere un po’ superficiale, un po’ troppo verso la bulimia acustica, ma in realtà dato che di musica ne ascolto pur sempre parecchia, preferisco questo ad un ascolto e riascolto degli stessi dischi. Mi perderò qualche dettaglio, qualche sfumatura (“Non ti piace quel disco??? Ma hai presente il cambio di tonalità a metà del sesto pezzo??? Quello da solo vale tutto l’album!"), ma ne guadagno in ampiezza di vedute. Tutto sta nel non esagerare, chiaro.
E vabbè vabbè.

Comunque l’album in questione è davvero stre-pi-to-so, e allora vale la pena di superare la pigrizia e di parlarne e consigliarlo. I Talibam! (gruppo il cui precedente album già mi aveva entusiasmato) sono un gruppo newyorkese che, dopo l'abbandono del sassofonista, rimane fondamentalmente composto da Kevin Shea alla batteria e da Matthew Mottel alle tastiere, ma poi in pure in questo album l’elenco delle collaborazioni su tutti gli strumenti è ampissimo, per cui non ci si fa mancare proprio nulla.
Il genere di musica che fanno (e qui arriva la parte più complicata e forse inefficace di ogni “recensione”) è un’altra cosa che non si fa mancare niente: prog, jazz, rock, noise, impro, funk, arty,… insomma un gran casino. Che però è proprio uno dei modi di fare musica che più mi sta piacendo ultimamente (assieme ad un altro genere del tutto opposto di cui parlerò a breve).
Va detto che tutto quel minestrone di generi e idee non è assolutamente lì per mascherare qualche imperizia tecnica, anzi, ogni strumento (su tutti la batteria di Shea) viene suonato in maniera impeccabile ed efficace, senza, per fortuna, mai scadere nel virtuosismo o in certe ampollosità progressive (che io detesto, de gustibus…).
Insomma, se vi piace ascoltare musica del tutto fuori dagli schemi, da qualsiasi schema, penso che questo disco lo troverete stupendo. Se invece vi piacciono le cose più ordinate, girate al largo, la reazione “ma che è sto casino???” sarebbe garantita.

25 agosto 2009

È record!

Sì, penso proprio che questo sia un record.
Di ignoranza, di stupidità, di incompetenza, di scarsa professionalità, di superficialità, di spreco dei soldi pubblici...
Testuale:
"Al CERN vogliono provare a produrre anche la materia oscura, l'antimateria resa celebre da film e libri di fantascienza, formata solo da particelle di carica elettrica negativa, al contrario di quelle che formano il mondo a cui siamo abituati."

24 agosto 2009

Jonathan Trigell - Boy A

Da un po’ di tempo a questa parte sono pervaso da un sentimento decisamente poco condiviso. Si tratta di una riflessione su ciò che può voler dire essere rinchiuso in prigione e la sostanza del mio sentimento è che privare un uomo della propria libertà, impedirgli di fatto di vivere, sia una cosa totalmente disumana, mostruosa.
Sì, poi lo so, tutte le obiezioni a questa mia ipersensibilità sono tutte valide: chi viene rinchiuso in una cella sarebbe pericoloso se lasciato andare in giro, queste persone hanno privato altre persone della loro libertà (se non della vita), una qualche forma di punizione a mo’ di deterrente deve pur essere trovata, e così via.
Tutte obiezioni validissime. E in effetti il mio sentimento è davvero poco condivisibile, mi rendo conto.
Ciò non toglie però che l’idea di una persona a cui viene impedito di essere libero, e che questa coercizione venga imposta da un’autorità superiore (la Giustizia), composta da uomini che liberi lo sono e che vengono investiti del (legittimo) potere di decidere della libertà altrui, mi mette i brividi. So che non è razionale forse, ma è così.
Mi sono trovato quindi particolarmente coinvolto a leggere questo libro.
Racconta la storia di un ragazzo, rinominato Jack, che uscito di galera in Inghilterra dove era stato rinchiuso per avere commesso uno dei delitti più atroci che la recente storia di quelle parti ricordi, viene aiutato a reinserirsi in società tramite un programma tipo quelli di protezione dei testimoni: una nuova identità, una nuova città, un lavoro elementare ma sufficiente a mantenersi, un supporto psicologico. Ma non è affatto semplice, e su questa difficoltà, aggravata dal fatto che sulla vicenda iniziale -il Delitto-, la stampa sensazionalistica locale (The Sun, per intenderci), aveva impostato una campagna di linciaggio che la notizia della scarcerazione ha rinfocolato ulteriormente, sulla difficoltà di questo reinserimento si sviluppa la trama del libro.
La storia è palesemente ispirata alla tragica vicenda di James Bulger, un bambino ucciso nel 1993 da due altri bambini. Chi avesse voglia di rovinarsi l’umore si vada a leggere la descrizione della vicenda quaggiù. Io non ho abbastanza stomaco per raccontarla.
In ogni caso, dopo avere scontato la pena in vari istituti penitenziari inglesi, i due baby-mostri sono stati scarcerati con un programma di witness-protection simile a quello descritto nel libro. Ed analoga è pure la feroce campagna con cui i tabloid inglesi chiesero a gran vode la condanna più severa possibile per quei due assassini. E confesso che leggendo la vicenda del piccolo James, pure io, nonostante il buonismo che dicevo all’inizio, mi troverei in difficoltà a non condividere la rabbia di simili campagne.

In definitiva questo è un libro davvero toccante, riesce a trasmettere il peso di quella colpa lontana ma inestinguibile che pesa sulle spalle del protagonista, la sua speranza di rifarsi una vita, la difficoltà di inserirsi in un mondo dal quale era stato espulso da bambino e sul quale si riaffaccia da adulto, la gioia per la scoperta delle piccole cose che a noi sembrano così ovvie, la paura di essere riconosciuto…
E non manca quindi la possibilità di fare qualche riflessione un po’ più profonda del solito su che cosa sia un delinquente, un assassino, un criminale. Etichette che istintivamente si affibbiano a persone con lo stesso criterio con cui si dice avvocato, cantante, farmacista, trascurando non solo le innumerevoli sfaccettature di cui è dotata una personalità reale, ma pure e soprattutto di quanto sia scorretto etichettare per sempre un uomo sulla base di un suo singolo, atto, per quanto efferato questo sia.