26 agosto 2009

Talibam! - Boogie in the Breeze Blocks

Mi rendo conto che è un po’ che da queste parti non sto parlando della musica che sento. Il punto non è che ne stia ascoltando poca, anzi, forse è che ne sto ascoltando molta e parecchia di ottima qualità (vedi boxettino “Nel lettore CD” qui a fianco). Poi penso che vorrei scriverne qua, anche solo come consiglio di ascolto/acquisto, ma intanto passo ad un nuovo album e quello di prima viene messo in disparte e così via.
Mi rendo conto che come approccio può essere un po’ superficiale, un po’ troppo verso la bulimia acustica, ma in realtà dato che di musica ne ascolto pur sempre parecchia, preferisco questo ad un ascolto e riascolto degli stessi dischi. Mi perderò qualche dettaglio, qualche sfumatura (“Non ti piace quel disco??? Ma hai presente il cambio di tonalità a metà del sesto pezzo??? Quello da solo vale tutto l’album!"), ma ne guadagno in ampiezza di vedute. Tutto sta nel non esagerare, chiaro.
E vabbè vabbè.

Comunque l’album in questione è davvero stre-pi-to-so, e allora vale la pena di superare la pigrizia e di parlarne e consigliarlo. I Talibam! (gruppo il cui precedente album già mi aveva entusiasmato) sono un gruppo newyorkese che, dopo l'abbandono del sassofonista, rimane fondamentalmente composto da Kevin Shea alla batteria e da Matthew Mottel alle tastiere, ma poi in pure in questo album l’elenco delle collaborazioni su tutti gli strumenti è ampissimo, per cui non ci si fa mancare proprio nulla.
Il genere di musica che fanno (e qui arriva la parte più complicata e forse inefficace di ogni “recensione”) è un’altra cosa che non si fa mancare niente: prog, jazz, rock, noise, impro, funk, arty,… insomma un gran casino. Che però è proprio uno dei modi di fare musica che più mi sta piacendo ultimamente (assieme ad un altro genere del tutto opposto di cui parlerò a breve).
Va detto che tutto quel minestrone di generi e idee non è assolutamente lì per mascherare qualche imperizia tecnica, anzi, ogni strumento (su tutti la batteria di Shea) viene suonato in maniera impeccabile ed efficace, senza, per fortuna, mai scadere nel virtuosismo o in certe ampollosità progressive (che io detesto, de gustibus…).
Insomma, se vi piace ascoltare musica del tutto fuori dagli schemi, da qualsiasi schema, penso che questo disco lo troverete stupendo. Se invece vi piacciono le cose più ordinate, girate al largo, la reazione “ma che è sto casino???” sarebbe garantita.

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