31 marzo 2008

L'angolo della nostalgia (e del presente, e del futuro prossimo)

A chi si beava del fenomeno trip-hop durante gli sfuggenti anni '90, non sarà probabilmente sfuggita la notizia dell'imminente pubblicazione del nuovo album del Portishead, prevista per il 28 aprile. Chiaro che il sospetto di reunion commerciale aleggia come il sentore di fritto in un ristorante cinese, ma se si condivide almeno un po' della stima che il sottoscritto nutre nei loro confronti, un minimo di fiducia preconcetta gliela si deve.
Intanto il nuovo lavoro lo stanno portando in giro in un tour che ieri è passato per Milano e stasera per Firenze.
Sul sempre attento blog del boss si trova qualche pensierino sulla data di ieri e pure un filmato (fatto al telefonino, ma di qualità sonora non pessima) del momento Glory Box, che conferma che i ragazzi, e soprattutto la fascinosissima Beth Gibbons, sono sempre all'altezza del loro nome.

28 marzo 2008

Baustelle - Amen

Confesso di averlo snobbato.
E ammetto di essermi sbagliato.
I Baustelle arrivavano da La malavita, un album di mediocre noir-pop italico, un po' troppo pretenzioso per quel che alla fine vale. E con questo nuovo, mi pareva che il livello di pretenziosità fosse ulteriormente salito, impressione che dovevo più che altro all'entusiastica accoglienza che certi ambienti fighetti gli hanno tributato all'uscita. Mi è capitato pure di leggere benevole recensioni del singolo Charlie fa surf, che tutto mi pareva tranne che un brano degno di attenzione tra le numerosissime canzonette che scivolano costantemente fuori dalle radio commerciali senza distinguersi in alcun modo dai jingle pubblicitari a cui si alternano.
E invece, tanto per provare, un giorno che non avevo voglia di ascoltare roba impegnativa, l'ho infilato nel lettore CD e ho scoperto che si tratta di un lavoro davvero accattivante.
Intendiamoci: nulla che segnerà la storia della musica, rimaniamo coi piedi ben piantati nel territorio della canzonetta (o, per essere meno sufficienti, nel pop-melodico), ma il risultato è quello di un po' più di un'ora di musica di buon livello, con tante concessioni al "già sentito", ma quasi sempre orchestrate con intelligenza e buon gusto.
Non mancano i momenti pretenziosi, ogni tanto il Francesco Bianconi ci tiene a fare sapere che è una persona colta, lui. Però tutto sommato non è poi così pesante, anzi, fa piacere e pure un certo effetto sentire citare, adagiati su melodie orecchiabili, gente come Cassavetes, Baudelaire, Lee Hazlewood, Cattelan, Rohmer...
Allora, alla fine mi ritrovo a fare ammenda e a dovermi un po' rammaricare del mio snobismo ammettendo che sei tratta di un bel disco. Ogni tanto fa bene pure a me.
E a maggior penitenza faccio ancora un'ultima confessione: 'sto diavolo di ritornello di Charlie fa surf non me lo riesco a levare dalla testa. Appiccicoso come la marmellata.

27 marzo 2008

Mai più a scatola chiusa

Lungi da me la tentazione di condannare chi scarica musica da emule o da qualsiasi altro servizio p2p: io pure ne faccio uso, se posso, e se posso masterizzo, e se posso scambio gli mp3.
Però, una delle motivazioni (leggi: scuse) più frequenti per questa pratica, cioè che "non intendo certo comprare un CD a 20 euro senza sapere se mi piace o no!", è ormai diventata un'arma del tutto spuntata.
Tanto per fare un nome, i R.E.M. hanno messo su iLike il loro nuovo album, Accelerate. Lo si può ascoltare per intero (non scaricare eh, è in streaming) quante volte si vuole, semplicemente disponendo della stessa connessione a banda larga che permette il filesharing.
Poi uno dovrebbe decidere se comprarselo o meno. O se metterlo in coda su emule...
Per quanto mi riguarda, io che, oltre ad indulgere nella pratiche di cui sopra, sono uno di quelli che i CD li compra ancora, credo che in questo caso non lo farò: gli ho dato l'ascoltata che la storia di questo gruppo merita, ma poi dedicherò i miei soldini a qualcos'altro.
Però devo dire che con questo sistema la sua chance con me l'ha avuta, altrimenti come acquisto non l'avrei neanche preso in considerazione.

Earth Hour 2008

Scopro per caso l'Earth Hour 2008. È un'iniziativa del WWF che in pratica consiste nello spegnere le luci dalle 20 alle 21 del 29 marzo.
Lo scopo, tentando di abbassare i consumi di energia elettrica in quel lasso di tempo, è ovviamente più che altro simbolico e ha l'obiettivo di sensibilizzare le nostre zucche al problema del global warming, cioè il riscaldamento globale che rischia di devastare il pianeta a causa della smodata quantità di CO2 immessa continuamente nell'atmosfera, con conseguente aumento dell'effetto serra.
È indirizzato ad interi paesi, città, aziende e pure a singole persone.

Per la serata di dopodomani quindi vedrò di procurarmi qualche candela e organizzerò una serata educativa e tutto sommato divertente a casa nostra.
L'entusiasmo dei bambini penso sarà scontato. Se mi riuscirà pubblicherò poi qualche foto.
Qui sotto il video promozionale dell'iniziativa:


Come si diceva un tempo: partecipate numerosi.

26 marzo 2008

Io sono qui

Sul sito di Openpolis, rispondendo a 25 domande sui principali temi di attualità politica, è possibile visualizzare graficamente la propria posizione nei confronti dei partiti candidati alle Politiche 2008.
Io sono quel puntolino arancione lì in basso a sinistra, in una zona piuttosto affollata. Il partito che più mi è vicino, pare che sia la lista Per il bene comune, pensa un po'.
Notevole pure la collocazione del PD: pieno centro.

Why? - Alopecia

Il precedente Elephant Eyelash era stato il mio disco dell’anno 2005, per cui le aspettative per il nuovo album di Why? erano ovviamente notevoli. Nel frattempo scopro che Why?, da nome d’arte di Johnatan “Yoni” Wolf (che pare che da piccolo si divertisse ad imbrattare i muri con la madre di tutte le domande), è diventato un vero e proprio gruppo di tre elementi (insieme al fratello Josiah e Doug McDiarmid), come tre erano i mai abbastanza rimpianti cLOUDDEAD in cui esordì il nostro nel già lontanissimo 1998.
E tutto sommato devo dire che, nonostante lo sgradevole titolo, questo disco fa nuovamente un gran bel centro. 14 brani accattivanti, mai scontati, ma sempre nei territori del pop, della canzone, in bilico tra melodie canore e rap, con mirabolanti soluzioni di arrangiamento, un carnevale di brani piacevoli e ben strutturati, senza eccessi di maniera, ma pure senza scivolare troppo platealmente nel già sentito.

È un disco poliedrico e coloratissimo, colonna sonora ideale per questo inizio di primavera, limpido e luminoso, ma ancora freddo pungente.
Come al solito, trovarlo in giro nei negozi è un casino, ma come tutti i tesori rari non mancherà di mantenere le promesse

20 marzo 2008

I coniglietti suicidi

A volte il genio si può svelare in una sola vignetta, senza dialoghi, senza didascalie.
La serie dei Coniglietti Suicidi ha un unico e ricorrente tema: il modo escogitato da questi teneri personaggi per porre fine alla propria vita.
Tutto qui.
Eppure la fantasia dell'autore (Andy Riley) sembra proprio essere senza limiti, ai confini del genio, appunto.
Qualche esempio:



Qui se ne possono trovare un sacco, ma sospetto che si stia violando qualche copyright, quindi non so quanto rimarrà attivo 'sto link...

19 marzo 2008

La festa del papà

Mi concedo un momento sentimentale.
Di seguito la breve poesia che la mia bimba, in pigiamino e coi capelli arruffati dal sonno, mi ha recitato stamattina:
Sulla guancia un grosso bacione
nelle orecchie il tuo vocione
la tua festa adesso viene
ed io ti voglio tanto bene

Sightings - Through the Panama

Se l’avessi ascoltato qualche mese fa, questo disco sarebbe entrato sicuramente nella mia top-ten del 2007, e pure piuttosto in alto (con buona pace di M.I.A. che verrebbe così spinta fuori).
Siamo di nuovo alle prese con qualcosa di sorprendente, una fusione tra noise e rock così ben amalgamata da lasciare stupefatti. La musica è suonata da un semplicissimo trio chitarra-basso-batteria, ma con un tale uso di riverberi e distorsioni che si fa fatica a distinguere gli strumenti. Il ritmo è martellante, tribale, e questo, assieme ad un cantato quasi salmodiante ricorda un po’ i Liars, ma è il tappeto sonoro, fatto di armonie inintelligibili eppure presenti che li distingue nettamente.
Siamo alle solite, e questo è uno degli aspetti che mi piace di più in certo tipo di musica: ad un ascolto superficiale pare di assistere ad una performance puramente noise, casino allo stato puro insomma, poi, dandogli un po’ di fiducia e con una certa dose di pazienza (e di pelo sullo stomaco, direi) si scopre che sotto quelle cacofonie si celano invece dei gioielli di brani assolutamente accessibili, addirittura cantabili, volendo.
Come sempre si tratta di un disco mica facile da trovare in giro, ma se vi capita, o pure se volete passare tramite il p2p, acquisitelo, ne vale davvero la pena.

Lo sconsiglio per le feste in spiaggia però, eh. Siete avvisati.

18 marzo 2008

Ci vorrebbe una bella faccia di bronzo

Stavo incominciando a scrivere un post in cui auspicavo una congregazione di paesi che amano definirsi civili, andare ad annunciare a muso duro alle autorità cinesi che o iniziano a darsi una regolata con la questione tibetana , o le loro fottutissime Olimpiadi se le possono svolgere tra di loro, facendo gare tra Cina 1, Cina 2 e Cina 3.
Poi ho pensato a chi potrebbe andargli a fare una ramanzina del genere:
Gli USA? Con la loro pena di morte e le azioni di democratizzazione in giro per il mondo?
L’Europa? Con la sua coesione che neanche una macedonia e con la capacità che ha avuto (e ha tutt’ora) di gestire la questione Balcanica?
La Russia? Con la sua questione cecena (che tanto simile mi pare a quella del Tibet)?
L’Africa? Con le sue guerre etniche, la distruzione di ambienti naturali e gli integralismi religiosi?
Il Sud America? Con i suoi narcotraffici, le sudditanze governative agli USA, i regimi militari?
Magari l’Oceania. Ecco loro sì. Potrebbero andare a Pechino a gridare “Avete rotto i coglioni! Ora, o lasciate in pace il Tibet, o noi alle Olimpiadi non ci veniamo!”.
Non mi pare determinante.

Non vorrei fare pensare che io creda che il problema del Tibet sia cosa trascurabile per il fatto che nel mondo ci sono altri problemi. Un atteggiamento del genere porterebbe a dire che nessun problema è da risolvere perché ce ne sono sempre altri.
Ma quello che mi scoccia terribilmente è vedere come quest’ennesima prepotenza che si consuma sul nostro pianeta, stia già passando dalla prima pagina alla seconda, alla terza, fino a che non cadrà nel dimenticatoio come le altre.
Poi, quando si verificherà una tragedia del genere da qualche altra parte, non avrò altro che aggiungere alla lista di sopra la frase: “La Cina? Con la sua questione tibetana e l’assoluto disprezzo per i diritti umani?”

È triste, è davvero triste.

Rutelli, ovvero non c'è limite al ridicolo

Questa è davvero strepitosa, anche se proviene da Libero:

13 marzo 2008

Daniel Pennac - Diario di scuola

Una cosa che mi ha sempre entusiasmato, fin dai primi giorni di vita del mio primogenito, è quanto il diventare padre permetta di rivivere esperienze e scoperte ormai relegate a ricordi troppo lontani o addirittura sepolti nell’inconscio.
Ti ritrovi infatti ad osservare quei cuccioli che crescono pensando a come deve apparire il mondo per te così usuale a chi lo scopre per la prima volta. E allora pure una cosa semplice come un calcio ad una palla, con la stupefacente scoperta del suo rimbalzo e il suo tornare indietro, diventano esperienze nuove di zecca, ricche di tutti i colori e la meraviglia delle cose appena conosciute, belle in quanto tali e per quanto si relazionano col nostro io, senza nessuna muffosa patina del già visto, del già compreso, del già digerito.
E poi, pure quando i bambini crescono, ti accorgi che quella sensazione di novità continua a rimanere viva anche nelle loro esperienze più sofisticate e incominci ad avere la sensazione che non ti abbandonerà mai finché campi, regalandoti la meravigliosa e preziosissima opportunità di una seconda vita per interposta persona (e qui capisci pure come la tentazione di impossessarsi di questa seconda vita, di cercare cioè che i propri figli la vivano come tu vorresti che fosse vissuta, possa essere forte e deleteria).

Una di queste esperienze, che sto vivendo da qualche mese a questa parte, è l’ingresso nella scuola che il mio primo ha iniziato lo scorso settembre.
È a dir poco affascinante assistere a quel suo ingenuo e entusiasta approcciarsi alla vita che non è più solo gioco, ma che incomincia a diventare lavoro, impegno, concentrazione, applicazione, ordine, disciplina e tutte quelle cose lì che ci fanno allontanare sempre più dall’essere bambini e ci avvicinano al mondo degli adulti con uno slancio che, ora che lo siamo diventati, ci sembra del tutto incomprensibile.
Il libro qui sopra parla appunto di scuola e lo fa dalla parte degli insegnanti (chi lo scrive è un insegnante), ma pure dalla parte dei “somari” (chi lo scrive è anche un ex somaro, ma, a quel che dice, e non c’è motivo per dubitarne, proprio somaro somaro, da zero in pagella per intenderci) e cerca di spiegarci come si possa fare di un somaro un buon allievo.
Si tenga presente che quel somaro, oltre ad essere diventato uno studente decente e poi un professore di scuola media, è pure diventato uno scrittore famosissimo, che con la sua saga della famiglia Malaussene ha venduto milioni di copie in tutto il mondo.
Col suo stile brillante e mai serioso ci fa rivivere alcune situazioni legate alla nostra infanzia tra i banchi, regalandoci sia il punto di vista degli studenti che quello degli insegnanti, permettendoci così di comprendere a fondo le dinamiche dell’apprendimento senza trascurare questioni importantissime, come la noia tra i banchi, la difficoltà di tenere sveglia l’attenzione, la capacità di stimolare l’interesse, l’apparente inutilità di certi argomenti di studio.
Uno spazio non irrilevante è dedicato ai genitori: apprensivi, scocciati, difensivi, disperati, increduli, caparbi, ostinati, provano a mettersi in mezzo in quel rapporto tra insegnanti e studenti che troppe volte sfugge non solo dal loro controllo, ma pure dalla loro comprensione. Ed è proprio questo punto che mi stimola una riflessione che ai tempi della mia carriera scolastica non mi era mai passata per la testa: nel caso di insuccessi scolastici chi ne soffre di più sono forse proprio i genitori.
Mi ricordo ancora con un brivido di angoscia i giorni deputati alla consegna delle pagelle o ai colloqui professori-genitori. In quei momenti si valutava il mio lavoro, la mia condotta scolastica, e con le magagne che cercavo in tutti i modi di tenere nascoste ai miei genitori, quelle occasioni erano delle vere e proprie redde rationem il cui esito era sempre da attendersi con timore. Attendevo quindi angosciato il rientro a casa di mio padre e la relativa discussione su quanto riferito dagli insegnanti.
Mai e poi mai mi è passato per la testa che il primo ad essere afflitto da quelle occasioni potesse essere proprio lui. Per me anche lui era dalla parte dei giudici, io dalla parte degli imputati. Punto.
E invece, ora che sono diventato grande, inizio a capire cosa significhi per un genitore sentirsi dire da un insegnante che non è contento (quando va bene) del proprio figlio. È un misto di mortificazione, delusione e sconfitta che rende quasi trascurabile il timore del giudizio patito dallo studente.
No, anzi, invece dal punto di vista dello studente è la sua la paura più grande e insormontabile di tutte e non c’è motivo di pretendere che possa pensare a quella del genitore. Ma ora che sono passato dall’altra parte della sponda, rischio (a torto) di pensare che in fondo si stesse bene con la cartella a spalle, che le angosce di quei tempi fossero ridicole e puerili. E così questo libro, senza essere un trattato noioso e pedante, ci aiuta a riportare le cose nelle loro giuste prospettive: angosce piccole per uomini giovani e angosce grandi per i grandi, ma sempre di angosce si tratta. Per fortuna, e qui questo viene raccontato, il modo per ridurle c’è e la sua formula è semplicissima a dirsi: comprensione, comprensione, comprensione.
Il difficile è realizzarla, ovvio, ma grazie a queste pagine è possibile fare qualche passo in avanti.

11 marzo 2008

Augh!

Eppure, sotto sotto, c'è del genio.
Mi chiedo come questi richiami possano essere presi sul serio, ma un premio all'inventiva glielo si deve, niente da dire.

10 marzo 2008

Parenti?

Non so se questo signore sia un mio parente alla lontana:

ma di sicuro ha avuto l'encomiabile spirito di iniziativa di mettere in pratica uno degli argomenti delle triviali (e tipicamente maschili) battute legate alle nuove tecnologie:

Se vi interessa lo potete trovare a questo indirizzo.

(grazie al Boss)

5 marzo 2008

Richard Yates – Revolutionary Road

È un libro bellissimo, sicuramente uno dei più belli che abbia letto negli ultimi anni.
Si tratta di un romanzo scritto nel 1961, ma praticamente sconosciuto dalle nostre parti fino a che nel 2003 minimum fax ha deciso di ripubblicarlo colmando un vuoto davvero colpevole negli scaffali delle nostre librerie. La vicenda narrata è abbastanza semplice (ma non tanto da valergli l’etichetta “minimalista”, come si legge da qualche parte) e non la svelerò, primo perché io stesso appartengo a quella schiera di persone che detesta qualsiasi anticipazione sulla trama, e poi perché forse non è neanche la cosa più straordinaria del romanzo.
Quello che mi ha affascinato è la precisione chirurgica con cui vengono descritti stati d’animo e pensieri dei protagonisti: Yates sembra avere quella capacità rara di cogliere e rappresentare le sfumature più tenui della psiche umana, con tanto di contraddizioni, slanci e debolezze. Lo fa così bene che è facilissimo immedesimarsi nei personaggi che racconta, mettendoci ogni volta nella condizione di poter dire “potrebbe capitare anche a me”, se non addirittura “capita così anche a me”. Ecco, a me piacerebbe scrivere così, o meglio: se il classico genio della lampada mi proponesse di diventare bravo quanto uno scrittore esistente o esistito, a questo punto non avrei dubbi: vorrei sapere scrivere come il Richard Yates di Revolutionary Road.
C’è poi un ritratto della società americana di quell’epoca, che, al di là dei dettagli, non è poi tanto diversa da quella di oggi, pure dalle nostre parti, tra apparenza, voglia di fuga, inanità e riluttante conformismo.

L’ho scoperto in rete questo libro, frequentando un gruppo di discussione che si occupa di tutt’altro, a ennesima dimostrazione di quanto questo paradigma del web 2.0 sia realmente una miniera inaudita di tesori preziosissimi.
Nel mio piccolo provo a fare anch’io opera di divulgazione.

P.S. Googlando alla ricerca dell’immagine da mettere in apertura, scopro che di questo libro ne han fatto un film. Figo*!

*Io sono uno di quelli che accetta di buon grado l’inevitabile inferiorità di un film rispetto al libro da cui è tratto, pur di vedere personaggi e situazioni che ha amato sulla carta materializzarsi e assumere sembianze reali sullo schermo.