14 giugno 2007

Vado in vacanza


Qui.

Shannon Wright

Fino ad oggi potevo vantarmi di non avere mai comprato un CD per la copertina. Libri sì, ma lì c’è la quarta (di copertina) che ti frega con descrizioni ammalianti, ma coi dischi fino ad ora mi ero astenuto.
Tecnicamente non l’ho fatto neppure stavolta, ma forse ho fatto di peggio, l’ho comprato per la foto, questa qua a lato. Vedere una donna che canta in questo modo mi ha rapito, stregato, e ho deciso l’acquisto.
E alla fine ho fatto una bella scoperta, non un capolavoro, ma un buon album, dove lei si destreggia con una voce non limpida, simile (forse fin troppo) alla Lisa Germano più intima, e brillanti accompagnamenti, ora di piano, ora con chitarra.
Canzoni semplici, nulla di pretestuoso o originalissimo, ma mai troppo banali e sempre piacevoli nei loro sbocchi.
Insomma, nonostante il discutibile criterio di scelta, una bella scoperta.
Ah, il disco che ho preso è questo qua.

13 giugno 2007

Trovato il disco dell’estate

È questo. Per quanto mi riguarda è una novità, l’ho scoperto ravanando in libri e siti che trattano la storia del rock, ma di fatto ha quasi la mia età.
Definirne il genere non è semplice, diciamo che fonde un po’ di rock-jazz, pop, folk, flauti, testi stralunati-fiabesco-psichedelici ed è uno dei prodotti della cosiddetta scena di Canterbury che all’inizio degli anni settanta ha sfornato capolavori come gli album dei Soft Machine o di Robert Wyatt.
Rispetto a questi mostri però, i Caravan erano molto più solari, giocosi, divertiti e divertenti e questo album, pur presentando come piatto forte una suite di quasi 23 minuti, si rivela una doccia d’acqua fresca, ma non solo, pure colorata e scintillante, rispetto alla seriosità magnifica, ma a volte impervia degli altri esponenti del gruppo di Canterbury.
E già mi vedo, sotto il sole della Sardegna, occhiali da sole e braccio fuori dal finestrino a canticchiare (stonato) “Standing on a golf course/ Dressed in P.V.C./ I chanced upon a Golf Girl/ Selling cups of tea…

12 giugno 2007

Lanciato alla deriva

Con il mio consueto ritardo (pare che in questo caso si stia addirittura celebrando il decennale) mi cimento pure io con lo strumento blog.

Da bambino l’ho fatto. Non so quanti anni avessi, forse otto, nove o dieci, comunque pure io ho preso una bottiglia, era una di quelle marroni, della birra, ci ho infilato un foglio dentro, l’ho tappata e l’ho gettata in mare.
Non c’era scritto niente di particolare in quel messaggio, mi chiamo Luca, abito a Torino, ho otto (o nove, o dieci) anni, ho messo il mio indirizzo e dichiarato l’immenso piacere che mi avrebbe fatto essere contattato da chiunque avesse recuperato il mio messaggio, tanto per scoprire, almeno per iniziare, quale giro potesse fare una bottiglia lanciata in mare dal terzo molo di Spotorno.
Naturalmente omettendo che se a trovarlo fosse poi stata una ragazzina dai grandi occhioni scuri e smaniosa di consacrare il suo cuore a me, la cosa mi sarebbe stata ancora più gradita.
E invece di quella bottiglia non ho avuto nessuna notizia. Rimane la curiosità di sapere che fine abbia fatto, schiantata contro gli scogli durante una mareggiata, affondata nonostante le mie cure nel sigillarla, dragata durante un’operazione mare pulito (anche se non mi pare che a quei tempi se ne facessero poi tante).
Tra le ipotesi più ottimistiche, quelle cioè che prevedono il ritrovamento del messaggio, questo è stato raccolto poco tempo dopo da un adolescente brufoloso che, alla vista di tale oggetto gravido di promesse, ha fatto di tutto per recuperarlo, già immaginandosi un’avventura alla ricerca di un tesoro favoloso, o perlomeno del salvataggio di una procace naufraga in forzata astinenza sessuale, e che poi, colto da rabbiosa frustrazione, abbia invece appallottolato e gettato via il messaggio di quello sfigato bamboccio alla ricerca di amici lontani.
Naturalmente rimane ancora quell’assurdo barlume di possibilità che il messaggio sia tutt’oggi a spasso per i mari nella sua bottiglia e che il suo ritrovamento sia questione di giorni.
Chissà, il mio indirizzo è rimasto lo stesso, mi potete trovare ancora lì.

Beh, tutta questa tirata per descrivere quello che mi aspetto da questo blog: in fondo niente, ma poi chissà…
Mi piace l’idea di un diario pubblico, un posto dove ogni tanto lanciare un messaggio nel mare della rete, dove chi mi conosce possa andare a leggere cose che non ho avuto tempo o modo di raccontargli, e chi non mi conosce possa farsi un’approssimativa idea di quel che passa per la mia testa.