28 febbraio 2008

Meno male che c'è la satira

A volte una satira ben fatta vale più di mille discorsi, dibattiti, convegni, inchieste, lezioni, tribune, chiacchiere da salotto, arringhe...
Voilà:



La vignetta (e quindi l'ovvio copyright) è di Stefano Disegni.

27 febbraio 2008

Mondo bastardo

Non sono solito dar retta alle notizie di cronaca, ma questa volta l’ho fatto e non riesco a non starci malissimo.
Porca puttana.

26 febbraio 2008

Einstürzende Neubauten - Kollaps

Mettersi ora a raccontare storia, arte, discografia e vicissitudini degli Einstürzende Neubauten è probabilmente superfluo, tante sono le informazioni che si possono trovare in giro ben più precise ed esaustive di quel che potrei fare io.
Ad ogni modo mi piacerebbe qui descrivere il mio punto di vista, dato che è già una settimana che Kollaps gira nell’impianto della mia macchina e che un disco del genere è per sua natura oggetto e accompagnamento di numerose riflessioni.
La prima è la più seria (o forse assolutamente la più futile): si tratta ancora di musica? Voglio dire: allontanarsi così tanto dai più consueti canoni da abbandonare non solo armonia, melodia e ritmo, ma pure l’idea di produrre suoni per mezzo di strumenti concepiti a tal fine, musicali appunto, e utilizzare invece martelli pneumatici, lamiere, seghe circolari e altre diavolerie il cui frastuono prodotto viene normalmente classificato come ‘casino’, ci permette ancora di classificare il prodotto come ‘musica’?
Beh, la mia risposta è un netto sì e anzi, mi chiedo che senso avrebbe continuare ad esplorare le possibilità della Musica (M maiuscola non casuale) intesa come Arte, se non si fossero date esplorazioni di questo tipo. E notare bene: non si tratta di estremizzazioni fini a se stesse. C’è tutta la tematica della società industriale, l’alienazione e tutte quelle storie lì, che è vero che è dai tempi di Tempi Moderni o Metropolis che ce le sentiamo raccontare, ma mai come durante l’ascolto dei dischi degli Einstürzende proviamo direttamente nelle viscere con tutto il loro sentore di macchinari e magli e fonderie e cemento e sudore e stridori e miasmi e vampate e di ogni altra delizia che la produzione industriale ci ha rivelato.
E che c’entra questo con la musica, non sarebbe sufficiente un reportage, un film, un libro, delle foto? Dobbiamo per forza sorbirci ritmi scanditi da utensili e ferraglie?
Beh, chiaro che occorre avere una visione un po’ ampia della parola “musica”, ma se per noi questa disciplina ha il compito di trasmettere emozioni o sensazioni attraverso i suoni, allora ci siamo eccome. Anzi, io direi che se non fossero state prese certe direzioni, a volte ben più espressive di qualsiasi rima o verso ben congegnato, la musica non avrebbe fatto altro che continuare a celebrare se stessa in un circolo vizioso sempre più arido.

La seconda riflessione è molto più personale e contingente: domenica scorsa ho partecipato a una sfilata di Carnevale in provincia. Per me si tratta di una novità, ma forse sono più anni che le cose vanno così: la sfilata dei carri non è solo un esibizione festosa di costruzioni colorate e maschere danzanti e lancianti coriandoli, ma è pure (e soprattutto) una brutale esibizione di forza sonora, con carri e trattori caricati di casse acustiche degne di un rave party che pompano musica, perlopiù da discoteca, a un livello di decibel quasi insopportabile.
Il peggio poi è che questi carri si radunano tutti in una piazza per dare seguito alla festa, e lì fanno a gara a chi pompa più forte, producendo di fatto una cacofonia terribile e incomprensibile che toglie ogni spazio alla comunicazione mettendo pure a repentaglio la salute dei timpani dei partecipanti.
Beh, mi son detto: se questa forma di “festa” ha diritto di essere (e ne ha, ci mancherebbe) ha pure senso una ben più consapevole creazione industriale rumorosa come quella degli Einstürzende Neubeuten. E vi assicuro che dopo tale strazio uditivo, la litania angosciante di Negativ Nein sembra ancora melodiosa.

Infine, la terza: ieri è cominciato Sanremo, il Festival della mediocrità italiana (detto anche “Quella manifestazione in cui Povia viene considerato il migliore”). Lì sì che siamo davvero all’esasperante, ossessiva, allucinante ripetizione dello stesso identico clichè, reiterato all’infinito anno dopo anno, canzone dopo canzone. Ecco, per quanto mi riguarda i rumori di Kollaps sono come uscire da un incubo: fortunatamente la realtà è molto migliore di quella robaccia.
E dato che gli Einstürzende Neubauten celebrano l’alienazione, è tutto dire.

20 febbraio 2008

Attenzione, può succedere anche a te!

Confesso di adorare Paola Cortellesi.
Ora, dopo avere visto il filmato qui sotto, la mia ammirazione cresce ulteriormente, se possibile.
Dura quattro minuti, per cui prendetevi il tempo necessario.
Tra l'altro in sottofondo c'è la bellissima "O Superman" dell'altrettanto splendida Laurie Anderson, la-canzone-dello-spot-dell'aids, per intenderci. Anche questa vale la pena di sentirla ogni tanto.

19 febbraio 2008

Lloyd & Mitchinson - Il libro dell'ignoranza

I lettori, o meglio, i fruitori de "la Settimana enigmistica" si dividono in due grandi famiglie: gli enigmisti veri e propri, cioè quelli che si divertono a fare cruciverba, rebus, anagrammi, zeppe, scambi di vocale e quesiti con la Giusy e i lettori passivi, cioè coloro che, in genere scroccando la rivista ai primi, si cibano di barzellette o di stupide indagini alla ricerca di sciocchi colpevoli, ma più di tutto divorano aneddoti e curiosità varie delle rubriche "Spigolature","Leggendo qua e la" e "Forse non tutti sanno che".
Personalmente appartengo alla seconda categoria, anche se qualche cruciverba di tanto in tanto me lo concedo pure io (ma ovviamente è in generale che le due categorie si sovrappongono) e al di là della Settimana Enigmatica nutro una vera predilezione per le notizie strambe, le rivelazioni sorprendenti, le spiegazioni inaspettate.
Questo libro contiene tutto ciò, anche se il suo scopo dichiarato non è tanto questo, quanto quello di sfatare moltissimi luoghi comuni, talmente comuni da finire non solo su tv e giornali, dove nessuno si stupisce più di tanto di trovare autentici strafalcioni, ma pure in libri scolastici o addirittura enciclopedie.
Qualche esempio? Ecco:
"Quanti sensi ha un essere umano?"
"Qual era il gesto con cui gli imperatori romani ordinavano la morte di un gladiatore?"
"Di dov'è Babbo Natale?" (ve lo dico subito: manco la storia della Coca Cola è vera)
"A che cosa servono le cinture di castità?"
"In che anno è finita la seconda guerra mondiale?"

Beh, se pensate di conoscere la risposta, o se avete la curiosità di sapere qual é quella giusta, allora questo è il libro che fa per voi come lo è stato per me.
Io l'ho letto quasi tutto in macchina, tra un semaforo e l'altro, a volte addirittura sperando che diventasse rosso per potere almeno sbirciare la risposta all'ultima domanda.
E approfitto di questo post per chiedere scusa a tutti coloro a cui ho inchiodato davanti all'apparire del giallo.

18 febbraio 2008

La fine del mondo è vicina

Poco tempo in questo periodo, e sto un po' trascurando il blog. Tra una cosa e l'altra trovo però il tempo di leggerne di altri, per esempio questo.
Qualche giorno fa è stata scritta una cosa che avrei voluto essere capace di scrivere io. Mi sembra intelligente e dolente, per cui la riporto per intero:

Il no(n)bel Belpietro

Non mi è mai piaciuto il fare tribunizio di Michele Santoro, condito spesso da una faziosità ormai fine a sé stessa: un ruolo interpretato ad arte perché il telegiornalista ex-epurato dalla Rai "è quella cosa lì". Riconoscibile e svettante proprio perché fazioso, Santoro non è più un semplice giornalista, ormai è un brand, che ha tuttavia il pregio di scegliere spesso ospiti interessanti, che non frequentano molto il tubo catodico.

Rubbia Tra gli ospiti della puntata di ieri della trasmissione Annozero c'erano il direttore di Panorama Maurizio Belpietro e il fisico Carlo Rubbia. Con un intervento mirato ed estremamente chiaro, Rubbia ha spiegato perché il nuovo piano energetico per l'Italia non potrà essere basato solo sul nucleare, tecnologia ormai sicura, ma talmente costosa da vanificare il reale risparmio ottenuto non comprando più energia dall'estero.

Belpietro Belpietro, l'uomo che sta al giornalismo come Biscardi all'Accademia della Crusca, ha ferocemente contestato le osservazioni di Rubbia, sparando dati e cifre apparentemente a caso. Infatti, nel giro di cinque minuti, il fisico ha puntualmente smontato l'inconsistente invettiva di Belpietro, il quale naturalmente continuava a sostenere di avere ragione.

Mentre osservavo allibito la scena, un pensiero mi ha crivellato il cervello: ti accorgi che la fine del mondo è vicina quando un tizio travestito da giornalista, che non sa nemmeno cosa sia un neutrone, pretende a tutti i costi di saperne di più di un premio Nobel per la fisica. Fossi un atomo di Belpietro avrei già iniziato un'intensa fissione...


6 febbraio 2008

De Gregori Live

Innanzitutto una premessa: Francesco De Gregori non è mai stato molto nelle mie corde, come si dice. Tempo fa lo snobbavo perché snobbavo tutti i cantautori italiani, nessuno escluso (vabè, a parte De André). Più recentemente perché troppo inserito nel flusso mainstream, supportato da major, tg nazionali e Vincenzi Mollica vari per andarmi a genio.
Ma sotto sotto lo stimavo. E il motivo era piuttosto semplice: nelle sue ultime canzoni non si capisce più che cazzo stia dicendo. Voglio dire, non che a me faccia così piacere rimanere perplesso ascoltando interminabili litanie di concetti slegati (…Pezzi di bastone, pezzi di carota/Pezzi di motore contro pezzi di ruota/Pezzi di fame, pezzi di immigrazione…), ma trovo ammirevole che un artista che avrebbe potuto continuare a fare soldi a palate scrivendo canzoni strappa-brividi, abbia scelto di deviare verso una direzione meno accessibile, meno popolare e quindi meno facile.
Per cui, quando un bel po’ di mesi fa ho scoperto che era in tournee e che sarebbe passato da Torino in un momento che si prevedeva quieto dal punto di vista logistico-familiare, ho fatto il bel gesto di comprare un paio di biglietti per me e mia moglie, tra le prime file del Teatro Regio per lo spettacolo di due giorni fa.
E come è andata? Beh, direi senz’altro bene, il concerto è stato bello e coinvolgente, l’atmosfera era perfetta, il teatro pure.
Innanzitutto il pubblico: decisamente over 30, ma per ampie fette pure over 40 o 50. Gente tranquilla, giacche di velluto a iosa, barbe e occhialini intellettuali, entusiasmo composto.
Poi la band: due chitarre, una pedal-steel guitar, tastiere e piano, batteria e basso. Tutti buoni musicisti, qualcuno secondo me non all’altezza, ma comunque niente di grave.
E poi lui, in gessato con camicia bianca, cravatta nera e cappello sempre calato sulla testa, come nella foto qui sopra (a parte camicia e cravatta), con la chitarra al collo per quasi tutto il concerto.
La scaletta (anomala, a sentire gli aficionados che commentavano alle mie spalle) è iniziata prima con i pezzi vecchi, gli storici (Titanic, La leva calcistica della classe '68, Generale, Rimmel,…), poi dopo una pausa alcune canzoni più recenti, quelle che dicevo sopra, meno accattivanti e comprensibili, infine il bis, con la Donna cannone, La valigia dell’attore (interpretata in modo piuttosto teatrale, quasi didascalico nell’evidenziare quanto fosse non solo autobiografica, ma pure strettamente legata alla sua condizione di artista viaggiante in quel momento) e una Buonanotte fiorellino completamente riarrangiata.

Per quanto mi riguarda ho avuto conferma che De Gregori è un cantautore degnissimo del rispetto istintivo che gli tributavo. Sa stare sul palco, e ci mancherebbe, dopo una carriera di più di trent’anni di carriera, ma lo fa sempre in un modo talmente impacciato da suscitare se non almeno tenerezza, almeno simpatia. Insomma, sembra quasi stupito dei calorosi e frequenti applausi, ringrazia come dire “Ma siete sicuri?”, invita all’applauso per la band, parla poco ma sorride tanto.
Una cosa che mi ha poi toccato particolarmente, che emerge pure nei dischi, ma che dal vivo è molto evidente: ha una bellissima voce. Voglio dire, non dal punto di vista tecnico, assolutamente, ma nel senso estetico. È una voce che fa piacere sentire, che interpreta magistralmente le proprie canzoni, che incarna alla perfezione il ruolo di folk-singer italico al punto che, tutto sommato, non sfigura affatto tra i suoi ispiratori d’oltre oceano.
Il concerto è durato poco più di due ore, due ore e mezza, contando una lunga pausa che mi ha permesso di fare un giro per lo splendido foyer dello splendido Teatro Regio e mi pare che abbia lasciato tutti soddisfatti, per scaletta, durata, affabilità del cantautore (mia moglie mi raccontava di un suo concerto di qualche anno fa in cui si era comportato in modo freddissimo e scorbutico), acustica e arrangiamenti. Io sono solo un po’ perplesso su quest’ultimo punto, non tanto per le scelte quanto per l’interpretazione di alcuni strumentisti. Mi sbaglierò, ma secondo me qualcuno ha litigato un po’ con la chitarra.
Comunque rimango anche stavolta convinto che il prezzo di questi concerti sia davvero eccessivo, soprattutto paragonato agli smandrappati gruppi che amo più spesso seguire, ma almeno ‘stavolta, a parte questo, non ho quasi nulla di cui lamentarmi.

Così va il mondo

Non so perché, ma ultimamente mi appassiona di più la politica d'oltre oceano che i bisticci e le ripicche del nostro paesello. Beh, appassiona è una parola grossa, diciamo che mi interessa.
Per vedere come funzionano le cose da quelle parti, mi sono imbattuto in questo sito qua.
Per mezzo di schemi di bell'aspetto mostra come, dove, quando e quanti soldi viaggiano dalle compagnie petrolifere alle tasche di presidenti, candidati presidenti o (come sta avvenendo in questi giorni con le primarie) candidati candidati. Ricordiamoci infatti che negli U.S.A. i finanziamenti privati ai partiti sono del tutto trasparenti e dichiarati e coinvolgono spesso cifre esorbitanti.
E' interessante anche notare come siano state finanziate le campagne presidenziali degli scorsi anni (in ogni sezione c'è un menu a tendina che permette di selezionare l'anno delle presidenziali). Guardando per esempio al 2000 e al 2004 risulta abbastanza evidente come si vengano a creare certi debiti di riconoscenza in grado poi di giustificare le più sfacciate menzogne.
C'è del marcio, un po' dappertutto.

4 febbraio 2008

E. Boncinelli - L'etica della vita

Questo libro è per tutti quelli che come me sono affascinati dai meccanismi e dai processi che, a partire da un ovulo fecondato, portano alla generazione di un essere umano.
Solo a pensarci io provo una meraviglia da farmi venire le vertigini. Un ovulo, cioè una cellula, inizia a duplicarsi in 2, poi in 4, in 8, in 16… e poi pian piano, dalla pallina (morula) che è all’inizio, incomincia ad assumere una struttura, prima appena accennata, quindi sempre più articolata e definita, fino a portare alla costituzione di una forma umana, meravigliosa, perfetta, incredibile.Incredibile è forse il termine giusto, basta guardarsi anche solo una mano, un piede, o il proprio viso allo specchio e chiedersi come si potrebbe fare a costruire uno strumento del genere, tanto complesso, preciso, sofisticato. E ad avere anche solo qualche nozione di anatomia, lo sbalordimento è ancora maggiore: tessuti, strutture, legami, apparati, e poi nervi, tendini, ossa, vene, arterie, muscoli… e tutto perfettamente piazzato e interconnesso all’organismo generale in maniera assolutamente funzionale.
E tutto, ribadisco (ma forse non riesco a trasmettere la meraviglia che mi pervade di fronte a tutto ciò), a partire da un’unica cellula.
Questo libro descrive molto a grandi linee, ma lasciando comunque una sensazione precisa di quello che ci sta sotto, tutto questo processo che in realtà non si conclude neppure con il parto, ma prosegue con tutto lo sviluppo fino ai 18, 20 anni, quando si diventa a propria volta in grado di produrre una tale meraviglia.
Il livello di trattazione, pur essendo sufficientemente rigoroso da evitare discorsi animistici e rimanendo sempre ben piantato nelle attuali conoscenze scientifiche, è comunque abbastanza divulgativo da risultare digeribile anche per i non addetti ai lavori. Ovviamente ogni tanto si perde un po’ l’orientamento, soprattutto quando ci si impelaga in descrizioni di strutture complesse senza ausilio di figure (che ci sono, ma secondo me si poteva fare di più), ma tutto sommato i dettagli sarebbero comunque eccessivamente complessi per un lettore medio.
Il libro è diviso in tre grossi capitoli: lo sviluppo dell’embrione dalla fecondazione al parto, lo sviluppo dell’uomo (e del suo cervello) dalla nascita alla maturità e infine una breve trattazione di alcuni aspetti etici legati a questi argomenti, fondamentalmente incentrati su due argomenti fondamentali: quando inizia la vita e la diagnosi pre-impianto. Le sue sono posizioni scientifiche, o almeno cercano di esserlo pur nel delicato ambito in cui vengono applicate, e comunque cercano di descrivere anche diversi punti di vista e le conseguenza nell’adottare ciascuno di essi.

Un ultima nota a riguardo del titolo: questa volta non c’entrano i traduttori, quella di citare nientepopòdimeno che Totò (siamo uomini o caporali?) e pure il volere spingere a forza un trattato che è per il 90% scienza e solo nella sua coda finale bio-etica, nella polemica sulla “sacralità della vita”, è una esplicita scelta editoriale (e pure dell’autore?) che la dice lunga su quanto sia tenuta in considerazione la sete culturale dei frequentatori di librerie: un titolo serio e non polemico non vende, meglio buttarla sulla boutade o sulla rissa.

1 febbraio 2008

Altro - Aspetto

Continuo un mio momentaneo viaggio nella produzione musicale nostrana, quell'officina che paga a volte ingiustamente il fatto di trovarsi "ai confini dell'impero". La mia opinione è che dalle nostre parti si soffra effettivamente di un male che si potrebbe chiamare semplicisticamente "provincialismo", ma occorre pure riconoscere che questo status oggettivo finisce troppe volte con l'essere un preconcetto negativo che tarpa le ali di qualsiasi velleità internazionale dei musicisti italiani.
In altre parole, trovo che forse dall'Italia magari non arrivino dei capolavori degni di svettare ai massimi livelli del panorama musicale mondiale, ma nella grande massa della musica "di buon livello" troppe volte si venga sorpassati da gruppi che magari hanno il solo merito di provenire da UK o USA. Un esempio lampante sono i Trabant di cui ho parlato nello scorso post, ma pure altri di cui spero di parlare a breve.

In questo ambito voglio pure segnalare questo disco degli Altro, un trio pesarese del giro La tempesta dischi dei Tre allegri ragazzi morti (altro italico laboratorio degno di interesse). Fanno un disco di matrice punk vecchia maniera: ritmi binari, riff distorti e elementari, voce urlata e monotòna, pezzi brucianti e brevissimi (17 minuti per 11 tracce). Eppure proprio questo loro essere così vecchia maniera nel 2008, interpretando per di più un genere che, oltre ad avere raggiunto il suo momento di massimo fulgore oramai trent'anni fa, l'ha pure repentinamente esaurito a causa della intrinseca essenzialità, li rende a loro modo originali.
E poi hanno un nonsoché, qualcosa che rende estremamente accattivante la loro musica, forse sono i testi , acuti e stranianti, forse è quel modo essenziale di suonare che punta dritto ai nervi, forse è solo quella sottile discrepanza dovuta al tempo trascorso, che li rende a loro modo sufficientemente diversi dai cliche di genere da meritagli il prefisso Post- all'appellativo punk.