26 febbraio 2008

Einstürzende Neubauten - Kollaps

Mettersi ora a raccontare storia, arte, discografia e vicissitudini degli Einstürzende Neubauten è probabilmente superfluo, tante sono le informazioni che si possono trovare in giro ben più precise ed esaustive di quel che potrei fare io.
Ad ogni modo mi piacerebbe qui descrivere il mio punto di vista, dato che è già una settimana che Kollaps gira nell’impianto della mia macchina e che un disco del genere è per sua natura oggetto e accompagnamento di numerose riflessioni.
La prima è la più seria (o forse assolutamente la più futile): si tratta ancora di musica? Voglio dire: allontanarsi così tanto dai più consueti canoni da abbandonare non solo armonia, melodia e ritmo, ma pure l’idea di produrre suoni per mezzo di strumenti concepiti a tal fine, musicali appunto, e utilizzare invece martelli pneumatici, lamiere, seghe circolari e altre diavolerie il cui frastuono prodotto viene normalmente classificato come ‘casino’, ci permette ancora di classificare il prodotto come ‘musica’?
Beh, la mia risposta è un netto sì e anzi, mi chiedo che senso avrebbe continuare ad esplorare le possibilità della Musica (M maiuscola non casuale) intesa come Arte, se non si fossero date esplorazioni di questo tipo. E notare bene: non si tratta di estremizzazioni fini a se stesse. C’è tutta la tematica della società industriale, l’alienazione e tutte quelle storie lì, che è vero che è dai tempi di Tempi Moderni o Metropolis che ce le sentiamo raccontare, ma mai come durante l’ascolto dei dischi degli Einstürzende proviamo direttamente nelle viscere con tutto il loro sentore di macchinari e magli e fonderie e cemento e sudore e stridori e miasmi e vampate e di ogni altra delizia che la produzione industriale ci ha rivelato.
E che c’entra questo con la musica, non sarebbe sufficiente un reportage, un film, un libro, delle foto? Dobbiamo per forza sorbirci ritmi scanditi da utensili e ferraglie?
Beh, chiaro che occorre avere una visione un po’ ampia della parola “musica”, ma se per noi questa disciplina ha il compito di trasmettere emozioni o sensazioni attraverso i suoni, allora ci siamo eccome. Anzi, io direi che se non fossero state prese certe direzioni, a volte ben più espressive di qualsiasi rima o verso ben congegnato, la musica non avrebbe fatto altro che continuare a celebrare se stessa in un circolo vizioso sempre più arido.

La seconda riflessione è molto più personale e contingente: domenica scorsa ho partecipato a una sfilata di Carnevale in provincia. Per me si tratta di una novità, ma forse sono più anni che le cose vanno così: la sfilata dei carri non è solo un esibizione festosa di costruzioni colorate e maschere danzanti e lancianti coriandoli, ma è pure (e soprattutto) una brutale esibizione di forza sonora, con carri e trattori caricati di casse acustiche degne di un rave party che pompano musica, perlopiù da discoteca, a un livello di decibel quasi insopportabile.
Il peggio poi è che questi carri si radunano tutti in una piazza per dare seguito alla festa, e lì fanno a gara a chi pompa più forte, producendo di fatto una cacofonia terribile e incomprensibile che toglie ogni spazio alla comunicazione mettendo pure a repentaglio la salute dei timpani dei partecipanti.
Beh, mi son detto: se questa forma di “festa” ha diritto di essere (e ne ha, ci mancherebbe) ha pure senso una ben più consapevole creazione industriale rumorosa come quella degli Einstürzende Neubeuten. E vi assicuro che dopo tale strazio uditivo, la litania angosciante di Negativ Nein sembra ancora melodiosa.

Infine, la terza: ieri è cominciato Sanremo, il Festival della mediocrità italiana (detto anche “Quella manifestazione in cui Povia viene considerato il migliore”). Lì sì che siamo davvero all’esasperante, ossessiva, allucinante ripetizione dello stesso identico clichè, reiterato all’infinito anno dopo anno, canzone dopo canzone. Ecco, per quanto mi riguarda i rumori di Kollaps sono come uscire da un incubo: fortunatamente la realtà è molto migliore di quella robaccia.
E dato che gli Einstürzende Neubauten celebrano l’alienazione, è tutto dire.

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