12 novembre 2011

E comunque noi si festeggia

Già, noi si festeggia questa volta, con tanto di spumante e pasticcini. Spumante, non champagne come mi ero promesso non so neanche più quanti anni fa, perché quello lì ci ha ridotti peggio di quanto temessimo, e ora, anche se l'occasione sarebbe una di quelle che meritano, non è il caso di fare spese folli.
È proprio questo il punto, quello che più mi ha fatto lentamente, ma inesorabilmente, montare il nervoso: il fatto che quello là, il Berlusconi, sia stato in grado di deludere perfino le più disilluse delle aspettative, quelle smaliziate.
Perché noi eravamo quelli che in quel 1994 ridevano come matti di fronte al video della sua "discesa in campo", la scrivania in stile classico, le foto di famiglia rivolte verso la telecamera, la libreria alle spalle (finta, ci dissero subito dopo i detective del video), la calza sulla telecamera per ammorbidire i dettagli.
"Un venditore di pentole", pensavamo, "chi ci può cascare"? E ridevamo. E rideva pure lui, che ha poi riso per vent'anni, alla faccia nostra.
Quella prima campagna elettorale fu impressionante.Eravamo abituati ai cartelli col simbolo di partito, VOTA COMUNISTA, DEMOCRAZIA CRISTIANA, magari il faccione del candidato in giacca e cravatta. Lui invase le città di manifesti 6x3, il sorriso accattivante, trasmetteva entusiasmo.
E noi ridevamo. UN PRESIDENTE OPERAIO, MENO TASSE PER TUTTI, UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO. E in rete fioccavano le parodie, e noi ridevamo, credevamo che svelando il ridicolo di questi slogan avremmo convinto tutti della loro inconsistenza.
"Libererò l'Italia dal comunismo" diceva, e noi ridevamo. Al partito aveva dato un nome ridicolo "Forza Italia", e noi ridevamo. Ma gli stupidi eravamo noi che non capivamo quanto fossero azzeccati quegli slogan, quanto fossero in linea con quanto tanta gente voleva sentirsi dire.
Slogan diretti, semplici, efficaci, come quando devi vendere le pentole.
Ci levammo dalla faccia quel sorriso sbruffone quando il Berlusconi vinse le elezioni. Com'era possibile che tanta gente ci fosse cascata? Come potevano essere così stupidi? Ci siamo perfino arroccati in un'arrogante senso di superiorità, il popolo bue, i cervelli cotti dalla televisione (le sue televisioni, poi...), dai cellulari.
Quel sorriso dalla faccia ce lo siamo levato a fatica, ci abbiamo messo un po' ad ammettere che le sue strategie elettorali erano micidiali, azzeccate e vincenti.
E siamo partiti all'inseguimento. Poster 6x3 per tutti, da sinistra a destra, spot televisivi, cantautori ingaggiati per gli inni di partito, promesse.
E in questa gara siamo stati sempre dietro, non c'è niente da fare. Anche quando al governo non c'era lui, le strategie di comunicazione migliori erano le loro. Rimanevamo impressionati da quanto potenti fossero i messaggi che riuscivano a fare passare. Soprattutto quando erano all'opposizione, le loro dichiarazioni erano convincenti pure per noi. Riuscivano a farci dubitare della bontà delle posizioni dei nostri, ne svelavano le debolezze. E se noi duri e puri vacillavamo ma non crollavamo, il "partito degli indecisi" passava compatto dalla sua parte. E lui tornava in sella.
E allora, ora vengo al punto, noi sconfitti, coltivavamo segretamente una sciocca speranza: quello che propone è ridicolo, troppo lontano dai nostri sogni di giustizia sociale per essere condivisibile, ma se lui realizzasse davvero quello che promette, se davvero si creasse questo milione di posti di lavoro, se davvero calassero le tasse, se davvero la cosa pubblica funzionasse come un'azienda, sarebbe poi così male? Non sarebbe comunque meglio della mafia democristiana, delle tangenti socialiste, del nepotismo, dell'inefficienza, del malaffare? Non avrà cinicamente ragione chi se ne sbatte del conflitto di interessi e pensa che se lui fa il bene delle sue aziende, fa il bene di tutta l'Italia?
Pure alle ultime politiche lo abbiamo pensato: questa volta ha una maggioranza talmente schiacciante che se davvero volesse realizzare le sue promesse da venditore di pentole, potrebbe farlo senza problemi.
Eravamo troppo stanchi di prendere mazzate, si continua ad opporsi, perché tutto ciò era troppo profondamente ingiusto e scorretto per essere accettato, ma quel diavoletto cinico sulla spalla continuava a sussurrarci "sei proprio sicuro che il ponte sullo Stretto non sia davvero una spinta all'economia?". No, certo, è una cazzata colossale, rispondevamo, ma il diavoletto non lo ammazzavamo mai del tutto.

E ora, alla fine, ci rendiamo conto che siamo riusciti a liberarcene solo quando è stato inequivocabile che quell'uomo ci ha ridotto col culo per terra, quando è diventato palese agli occhi anche dei più sprovveduti che le sue promesse erano inconsistenti, che il Berlusconi non aveva nessuna capacità (e in fondo nessun interesse, forse) a realizzarne nemmeno una, nemmeno quelle che non avremmo voluto, ma meglio che niente, e ci ha trascinato nel baratro con un tale misto di incompetenza  e inettitudine che alla fine ha sorpreso perfino noi.

E allora noi si brinda. Non è il momento di festeggiare ora, siamo di fronte alle macerie e non abbiamo neanche iniziato a sistemare qualcosa, ma la sensazione che l'opera di distruzione sia finita è netta. Ora toccherà tornare a fare le persone serie, a lasciare perdere l'inseguimento al venditore di pentole, ma noi per ora festeggiamo, con il gradevolissimo sollievo di un peso che ci siamo tolti.
Cin cin.

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