1 aprile 2009

Running in the rain

In generale in questo luogo vorrei evitare di vantarmi delle mie imprese personali. Però ogni tanto alcuni “fatti miei” qui li racconto e dato che questa cosa sta inesorabilmente diventando un mio chiodo fisso, faccio un’eccezione e ve la propino lo stesso.
Alcune settimane fa ho iniziato ad andare a correre durante la pausa pranzo lavorativa. Ho cercato di dare a questa attività una disciplinata regolarità più a causa di un cerebrale entusiasmo (vedi Le mie brucianti (ed effimere) passioni) che per un qualche fioretto o serio proposito.
Così, da allora, tre giorni alla settimana svesto abito, camicia e cravatta per infilare pantaloncini e scarpette e correre prima per le vie del centro e poi, finalmente tra i meravigliosi viali del Parco del Valentino.
Chiaro che anche dopo un inizio difficoltoso (anni e anni di sedentarismo pesano, eccome), dai e dai, i primi risultati non possono non venire. La corsa ha infatti il vantaggio, rispetto a (forse tutti) gli altri sport, di essere un’attività del tutto naturale, che non richiede tecnica. Corri e vai, non c’è altro[*].
E ora finalmente inizio a godermi i primi risultati. Che non hanno niente a vedere con il cronometro (i tempi di noi novellini fanno ridere), ma con la soddisfazione di percorrere una distanza decente ad un ritmo decente senza massacrarmi di fatica, ma godendomi ciò che sto facendo e con la sensazione che proprio a volerlo potrei fare ancora meglio. Un po’ come un bel giro in bicicletta, per dire.
Oggi poi pioveva e ho avuto modo di mettere a prova la mia determinazione: vado o non vado? Vado ovviamente, vado.
E sono andato pure bene, sempre meglio insomma.
La cosa più bella poi, a parte la corsa in sé, è stato lo stare sotto la pioggia. Ho realizzato che anche questo erano anni che non lo facevo più: essere all’aperto, con la pioggia che ti infradicia, piombando ripetutamente nelle inevitabili pozzanghere, senza curarmene minimamente, senza dover cercare un riparo, un ombrello e lasciando che l’acqua mi scivolasse addosso, come quella volta, secoli fa, che ci mettemmo a giocare a pallone in piazza sotto un autentico nubifragio. Secoli fa.
Sono rientrato alla base zuppo come il proverbiale pulcino, ma con addosso tante e tali belle sensazioni da avere voglia di cantare dalla gioia.
Singin’ in the rain, appunto.

[*] Sì, vabè, ad alti livelli la tecnica c’è. Ma la particolarità della corsa è che questa viene dopo, quando sei già fortissimo e vuoi ancora limare qualche secondo, al contrario di altri sport dove prima impari i movimenti, poi inizi ad usarli (vedi tennis, nuoto, sci, basket, calcio,…)[**]
[**] Già, forse pure il ciclismo su strada è tipo la corsa, a meno che imparare ad andare in bicicletta si possa considerare un apprendimento tecnico alla stregua del tennis

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