15 giugno 2009

Sotto le stelle del Jazz, un resoconto

Come annunciato sono andato a vedere il concerto del sabato sera del Pino Jazz Fest, una rassegna di concerti jazz che si svolgono all’aperto nella piazza principale di Pino, paesino sulla collina torinese che non sarebbe fuori luogo definire ridente (è stato perfino definito “La Beverly Hills di Torino”, visto il reddito medio di chi abita da quelle parti).
Questa rassegna, da qualche anno in qua ospita alcuni dei più famosi (non solo in Italia) jazzisti nostrani, trasformando quella che era una coraggiosa scelta artistica, incentrata soprattutto sul jazz delle origini (il nome di New Orleans ancora fa capolino da qualche parte nella denominazione della rassegna), in una manifestazione di grande richiamo per gli amanti del genere.
Tutto ciò si traduce semplicemente nel fatto che, arrivando io all’ultimo momento, ho faticato da bestia a trovare un posto legale dove mollare la macchina.
E poi che nella piazza tutti i posti migliori erano già abbondantemente esauriti e io, dibattuto nell’alternativa tra comodità e buona acustica, ho optato per la seconda e mi sono sciroppato buona parte del concerto in piedi.
Ecco: con queste due timide rimostranze – parcheggio e posti a sedere – ho concluso gli aspetti negativi della serata, perché tutto il resto è stato davvero molto bello.
Mentre ero in coda per la birra d’ordinanza è iniziato il concerto dei 3quietmen, un trio torinese che propone una rivisitazione in chiave jazz molto moderno di alcuni brani del Mikrocosmos di Béla Bartók. Li ho trovati davvero molto bravi e suggestivi, nonostante fosse la prima volta in assoluto che li sentivo e che i primi due pezzi li abbia potuto ascoltare nella non proprio perfetta situazione di coda-per-la-birra.
Poi, dopo essermi piazzato al mio posto vicino-palco-ma-impietosamente-in-piedi, me li sono goduti a pieno e ho potuto lasciarmi trascinare in derive jazz di intensità notevolissima e struttura davvero gradevole.
Per dire quanto mi sono piaciuti, se non fossi uscito di casa con pochi spiccioli in tasca, avrei comprato seduta stante il loro cd.
Per dire che bella scoperta che ho fatto.

Poi sono entrate le star: prima il quintetto di Paolo Fresu che ha suonato per più di un ora filata, e poi a loro si è aggiunto Gianmaria Testa, italico vanto che spesso si trova a suonare in compagnia di alcuni membri del quintetto.
La prima parte del concerto per me è stata strepitosa, veramente. Fresu e i suoi quattro amici suonano insieme da ben 25 anni (cosa che credo sia un record nel cangiante mondo del jazz) e la cosa si sente in modo impressionante. Un suono coeso come pochi, interplay perfetto, in alcuni momenti fin troppo, per i miei personali e forse più sanguigni gusti, intesa mirabile tra i 5 musicisti.
Sarà per il nome, sarà per il fatto di essere leader, ma Fresu l’ho trovato davvero grande, per personalità e impatto una spanna sopra tutti. Gli altri sono bravi, e pure tanto, ma lui è davvero un grande.
Hanno suonato senza risparmiarsi 6 brani del loro repertorio, 5 di loro composizione, partoriti durante la loro pluridecennale carriera e uno non loro (Fresu ne ha detto il titolo, ha detto “…lo avrete senz’altro riconosciuto…”, see, come no. ‘gnurant!) ed ascoltarli è stato davvero un piacere per nulla diminuito dalla mia scomoda posizione.
Poi sul palco è salito Gianmaria Testa, e qui lo dico, a costo di prendermi qualche improperio: non è che mi sia piaciuto un granché…
Insomma, bravo è bravo, simpatico e pure divertente nel suo finto understatement, ma, puramente a livello musicale, il livello è sceso parecchio rispetto quanto si era sentito fino ad un attimo prima.
Fresu & Co. si sono posti nel ruolo di accompagnatori e, mi si perdoni, non è che la musica da chansonnier di Testa sia poi tutta ‘sta sofisticatezza. Bei testi, atmosfera coinvolgente, bella voce calda, ma poi sono le classiche arie da chanson, appunto.
E si sente che il quintetto che a questo punto sta alle sue spalle si trova a manovrare in spazi ben più ristretti rispetto a prima. Deve cambiare registro.
Poi magari in ogni canzone si prende un po’ di spazio per dare sfogo alle proprie attitudini, ma la base purtroppo è quella che è, e si sente.
Come al solito io cerco di fare un passo indietro e rilevare quanto sia personalissimo questo mio punto di vista, e che la gente che mi stava intorno lo apprezzava veramente e penso pure a ragion veduta, ma dato che i gusti non si disputano, qui sciorino i miei.
Comunque l’occasione che ho avuto, ad un passo da casa, di godere di tanta bella musica, talmente bella da permettermi di fare le pulci ad un indubitabile artista, è una di quelle cose che penso che riuscirò a portarmi dietro per molto tempo.
Me la sono portata dentro nel tragitto alla ricerca della macchina, sulla strada per casa e ancora adesso (giuro) avverto le forti emozioni per alcuni momenti mozzafiato di quel raro spettacolo.
Potere della musica.

2 commenti:

ramon moro ha detto...

grazie di cuore, veramente per le cose che hai scritto, sono ramon il trombettista del 3quietmen.
ciao grazie a presto.

www.3quietmen.com
www.myspace.com/3quietmen

ramon moro ha detto...

ah, dimenticavo, il cd è acquistabile on line su www.jazzos.com

ciao!