Mulatu Astatke è il sessantaseienne massimo esponente di una cosa che si chiama Ethio-Jazz, cioè di jazz che viene dall'Etiopia. L'Etiopia è in Africa e il Jazz trova in Africa le sue radici più profonde, e questo dovrebbe in qualche modo chiudere un cerchio.
Gli altri sono gli Heliocentrics, un collettivo inglese guidato dal batterista Malcom Catto che bazzica dalle parti di DJ Shadow, Madlib e di altra avanguardia iper-figa.
Capita che i secondi siano in qualche modo fans del primo e che l'etichetta STRUT si stia dilettando da un po' di tempo a questa parte a fare entrare in contatto tra loro esponenti di concezioni musicali il più possibile eterogenee.
E come in una ricetta particolarmente felice, si è fatto il botto.
Mulatu e alcuni suoi collaboratori (etiopi di stanza a Londra) hanno registrato musica secondo il loro stile, che poi sarebbe un jazz ovviamente infarcito di influenze e sonorità afro, ma lontanissimo dalla world-music di Peter Gabriel & Co. (con rispetto parlando). Anzi il genere è quanto di più occidentale si possa pensare (in senso jazz, quindi per il cerchio di cui si diceva sopra, una capriola con ritorno in piedi), con influenze free, Duke Ellington (con cui Mulatu ha avuto il piacere di collaborare ai tempi), Sun-Ra...
Poi gli Heliocentrics hanno raccolto il testimone e hanno sapientenmente rielaborato il materiale ricevuto, donandogli sfumature psych, funk, ambient, rock,...
Per quanto mi riguarda il risultato è straordinario, una di quelle cose bellissime che fortunatamente continuano a capitare anche ai nostri giorni.
Mi rendo conto che lo sto dicendo già un po' troppo spesso, ma questo è davvero un album che segnerà a lungo queto 2009 già piuttosto ricco.
Per me, ex ignorante, una scoperta in più. Stupefacente peraltro.
0 commenti:
Posta un commento