24 giugno 2009

Coordinate estive 2 - Ascolti

Quest’anno ho deciso di fare le cose in grande. Non un disco dell’estate come l’anno scorso, ma tutta una band e la sua discografia.
La band in questione si chiama June of 44, l’ho scoperta sul sito della mia rivista preferita e dopo una breve indagine ho compreso di essermi imbattuto in uno di quei casi di completa affinità con i miei gusti e di sufficiente oscurità delle loro vicende da rendermeli del tutto affascinanti.
Mi sono procurato i loro primi due album ed ho completamente confermato le mie aspettative.
I June of 44 sono una band che è stata attiva negli anni dal 1994 al ’99 durante i quali ha prodotto 6 tra album ed EP. Dovunque andiate a cercare informazioni su di loro, li troverete definiti come “un supergruppo”, cioè una band costituita con la crema dei altri gruppi di già ben consolidato successo.
Chiariamo, per gente come questa il termine "successo" è piuttosto relativo: vi dicono niente nomi come Rodan, Lungfish, Codeine, Rex e Hoover?
No?
Beh, questi sono i gruppi di origine dei quattro componenti della band.
A me suonavano familiari solo i Codeine, ma diciamo che il messaggio che passa è che fin dal primo album questo è un gruppo tutt’altro che acerbo, e si sente.
Già, ma che si sente?
Post-rock.
Il post-rock dovrebbe essere quella cosa che è venuta dopo il rock (tautologico, no?) e che ne rappresenta non tanto l’evoluzione quanto la decomposizione post-mortem. Perché il rock è morto e sepolto, si sa, e se non si vuole finire con l'essere grotteschi nel tentare di mantenerlo artificiosamente in vita, allora è molto meglio sfibrarlo, dilaniarlo, disgregarlo e baloccarsi ancora un po' con la sua materia. Decomporlo, appunto.
In pratica quella dei June of 44 è una musica fatta con strumenti e sonorità tipiche del rock più classico (chitarre elettriche, basso, batteria, voce), ma elaborato completamente fuori dai consueti canoni. L’aspetto strumentale è predominante (la musica non è banale accompagnamento del cantato), i ritmi sono definiti ma mutevoli all’interno dello stesso brano, le sensazioni sono dilatate, le concessioni all’orecchio sono poche, anche se la deriva verso la dissonanza non è mai gratuita, gli sbalzi d’umore dal cupo al rabbioso al disteso, improvvisi e frequenti.
Come al solito queste descrizioni lasciano il tempo che trovano, ma pure dare dei riferimenti somiglianti non è facile, data la non grande diffusione del genere. A volerli proprio dare, per chi li conosce citerei inevitabilmente degli Slint più sanguigni, dei Codeine meno letargici, dei Fugazi meno scanditi, pure i nostrani e rimpianti Massimo Volume, ma molto meno ordinati.
Insomma, dategli una chance e provate ad ascoltarli almeno su Youtube. Poi magari non li digerite e finisce lì.
Oppure ne rimanete ammaliati come me, e allora vi si apre un mondo. Una stagione intera, almeno.

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