Ogni promessa è debito.
Lo scorso post ho detto che avrei pubblicato la mia opera d'arte Halloweeniana. Eccola qua, ditemi se non è splendida:
E poi ne approfitto per fare una piccola cronaca degli osceni, truculenti, immondi e turpi fatti occorsi durante l'orgiastica celebrazione del 31 ottobre scorso.
[chiaramente mi piacerebbe che questo blog avesse il potere di costituire almeno una risposta alle stupidaggini che ho raccontato qualche giorno fa. Ne dubito, ma non importa, questa è la mia versione]
Allora, tutto è iniziato alla chiusura di scuola e asilo.
I bambini si sono radunati in un locale preparatorio (una sorta di anti-sacrestia) dove si sono travestiti da bestie immonde e hanno truccati i loro visi, fino al quel momento ingenui ed angelici, per ridurli a turpi rappresentazioni di Satana a cui avrebbero reso omaggio di lì a poco...
Vabbè, la pianto...
Avrei voluto proseguire il racconto in stile "messa nera" per sfottere un po' i benpensanti dell'Associazione Giovanni XXIII, ma non ne vale la pena. Troppo sforzo senza speranza.
Proseguo in stile un po' più sobrio, perché c'è qualcosa che vorrei raccontare, al di là delle polemiche.
I bambini si sono effettivamente radunati in un locale nel paese, dove le mamme hanno provveduto a vestirli e a truccarli per l'occasione. Posati i grembiulini e le cartelle, quella rumorosa congrega si è quindi trasformata in una masnada di streghette, vampiri, scheletri, fantasmi, mostriciattoli... (ma si è visto pure un Bat-Man e qualche fatina).
Poi sono partiti, e hanno fatto il giro delle botteghe e delle case nel centro storico a urlare chiassosamente dolcetto o scherzetto! Si noti, che per raggiungere la massima efficienza, la truppa si è divisa in più gruppi, in modo da presentarsi per primi alle porte, con conseguente maggiore disponibilità di dolcetti e ridotto rischio di tornare a mani vuote (perché si sa, lo scherzetto è minaccia solo teorica, al più si riduce a qualche spruzzata di stelle filanti spray, per cui l'unico obbiettivo previsto è quello del dolce, non dello scherzo).
Bene, proprio questo volevo raccontare: tutti, ma proprio tutti nel paese, hanno fatto a gara per accontentare nel migliore dei modi i bambini: caramelle, sacchetti di dolci, biscotti, fette di torta, gelatine,... E sto parlando anche di personaggi noti per il loro essere schivi, se non proprio burberi. Negozianti di quelli che bofonchiano scocciati quando sono costretti a dare troppe monete di resto (quanto fa, 85 centesimi? guardi, mi spiace, ho solo 50 euro... apriti cielo!), paesani sempre accigliati che aprono bocca solo per brontolare, vecchiette solitamente infastidite da qualsiasi voce oltre i 30 decibel. Bé, anche per queste persone, la sera (si parla di prima di cena, eh) del 31 ottobre si è trasformata in una simpaticissima festa. Pure loro regalavano caramelle, ma soprattuto sorrisoni a quelle manine aperte e pitturate[*] e, giuro, molti si sono dispiaciuti per non essere stati visitati un numero sufficiente di volte.
Alcuni negozianti hanno preparato sacchettini confezionati di dolci. Uno ne aveva 180! Sapete cosa significa confezionare 180 sacchettini? Insomma, non una fatica di Ercole, ma facendolo per regalo...
Bè, in buona sostanza: questa festa è diventata, anche più che qualsiasi Natale, Pasqua o anche Carnevale, una festa che coinvolge simpaticamente chiunque. Generazioni lontanissime (parliamo di novantenni e treenni!) che, se non sono parenti, davvero difficilmente si incontrano altrimenti, hanno potuto ancora divertirsi assieme e darsi reciprocamente piccole ma preziosissime soddisfazioni.
Non so, non vorrei adesso dare una descrizione svenevole della festa di Halloween, ma devo ammettere che nonostante il suo essere un'americanata, frutto del consumismo, trionfo della superficialità e bla bla bla..., è una rara occasione capace di riattivare certi sentimenti che altrimenti non possono fare altro che rimanersene intorpiditi nelle tribolazioni vita quotidiana.
Ma poi tutto sommato non è la festa ad avere questo merito. Sono i bambini, con il loro soprannaturale potere di strappare sorrisi. Basta coinvolgerli e il gioco è fatto.
E così sia.
[*] In pratica si svolge così: si suona il campanello o si entra nel negozio. L'abitante o il negoziante arriva con un contenitore (cesta, sacchetto, secchiello) pieno di dolciumi e inizia a distribuirlo ai bambini che tendono le mani aperte verso di lui (prima io! prima io!) cercando di accontentare tutti, e sapendo che appena andati via questi, ne arriverà a minuti un'altro gruppo.
A mio parere, essere al centro di questa distribuzione può essere uno dei piaceri della vita (ad averne a sufficienza ovviamente, se no son guai)
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