Ogni tanto mi capita uno di quei periodi in cui ravàno alla scoperta di capolavori talmente grandi e universalmente riconosciuti che a scriverne non dico una recensione, ma anche solo un post descrittivo, mi sento inadeguato.
Mi era già capitato un po' di mesi fa, e ora sono di nuovo in quella fase. Solo che questa volta non si tratta di rock o derivati, ma di jazz, e pure abbastanza classico. Quindi se già allora veleggiavo negli anni intorno alla mia infanzia (anni '70), ora vado ancora più indietro, tra il '55 e il '65, quando i miei genitori si conoscevano e sposavano, per dire.
Ho iniziato a frequentare il jazz da non molto tempo e pertanto mi considero ancora praticamente un neofita. Questa condizione ha naturalmente lo svantaggio di costringermi a vagare un po' a tentoni in quel mondo vastissimo ed oggettivamente non semplice, ma ha pure il pregio di regalarmi delle epifanie meravigliose che ancora oggi non accennano a vedersi esaurire la fonte, tanto è vasto, dicevo, il materiale a cui attingere.
E allora, qui di seguito, un elenco di quello che mi sta estasiando in questo periodo. I link fanno riferimento a Amazon.com dove per ogni album ci sono sempre degli interessanti commenti di ascoltatori che spesso sono davvero preparati.
Miles Davis - Miles in Tokyo: Inizio per questioni affettive con il divino Miles. Questo album è la registrazione di un concerto del 1964 a Tokyo appunto, con il suo secondo quintetto acustico. È uno dei periodi che preferisco della sua lunghissima carriera, un periodo che produsse alcuni capolavori (Sorcerer, E.S.P., Nefertiti...), alcune tournee straordinarie e che forse costituisce l'apice tecnico (allo strumento) dello stesso Davis. È tutto bellissimo, ma tra le altre spiccano una My Funny Valentine da pelle d'oca e una So What tiratissima, da urlo.
Oliver Nelson - The Blues And The Abstract Truth: Probabilmente il miglior compendio di tutto ciò che il jazz era nel 1961. Con un cast stellare (Dolphy, Hubbard, Bill Evans, Chambers e Haynes) e componimenti arrangiati perfettamente fanno di questo disco una piccola indispensabile enciclopedia di quello che questo genere poteva dare mezzo secolo fa.
Wayne Shorter - Speak No Evil: Questo album è uno dei tanti frutti miracolosi che il Davis di cui sopra sapeva produrre. Wayne e Miles avevano iniziato a collaborare qualche mese prima, e questo è il disco che Shorter produsse da solista appena ricevutone il tocco. Una specie di concept album intorno all'esoterismo macabro, tanto per cambiare interpretato da un cast da fine del mondo (Hubbar, Hancock, Carter e Jones).
Dave Brubeck - Time Further Out: L'elegantissimo Brubeck continua la sua esplorazione dei tempi dispari (3/4, 7/4, 9/8, 5/4...) nel jazz. Quest'uomo aveva la rara capacità di sapere tradurre una brillante idea teorica (perché limitare il jazz ai tempi pari?) in una realizzazione pratica che non appare mai forzata o pretestuosa. Tutti i brani sono splendidamente ascoltabili, solo che a battere il ritmo col piedino ci si trova sempre fuori fase... Comunque, chi ancora non lo conoscesse, inizi dal primo e più famoso suo lavoro in questo senso: Time Out.
Clifford Brown and Max Roach - At Basin Street: Max Roach è l'unico batterista al mondo di cui riesca a sopportare (a malapena) un assolo. Clifford Brown una stella della tromba che si è spenta davvero troppo presto. In questo album, a questi due giganti si affianca Sonny Rollins a costituire uno dei più fenomenali quintetti di sempre (assieme a R.Powell e a G. Morrow). Raramente ho trovato tanta energia in un disco come in questo (che tra l'altro non è un live, se la cosa può essere importante).
Herbie Hancock - Maiden Voyage: Un altro concept album, questa volta intorno al mare, al suo respiro eterno e al suo essere sempre un continente inesplorato. Meraviglioso album, ricco di atmosfera, frutto di uno stile che partiva dalla ricerca modale di Miles Davis (ancora lui, sempre lui!) per andare verso nuove avanguardie che non disdegnavano la musica colta. Forse questo è il disco che più di tutti stupisce per la sua età, tanto è ancora moderno e sfavillante dopo 43 anni.
4 novembre 2008
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