8 settembre 2009

Ciao Mike

Mike Bongiorno se ne è andato, ed è come se non ci fosse più una di quelle cose che pensavi che ci fossero da sempre e che fossero eterne, tipo il Festival di Sanremo, la Formula 1, i sacchetti di plastica (tanto per citare cose che sembrano eterne e che invece ogni tanto si mettono in discussione).
Un po' dappertutto oggi salta quindi fuori la celebre Fenomenologia di Mike Bongiorno, scritta da Umberto Eco quasi... reggetevi forte: 50 anni fa!
Ecco, me la sono riletta e trovo che sia ancora attualissima nel descrivere il fenomeno Mike come è stato da quando lo conosco io, quindi diciamo da 15 anni dopo quel saggio a ieri.
Cioè, Mike è sempre restato uguale.
Quello che invece è un po' più triste è che, a leggerla oggi, i telespettatori ne risulterebbero perfino sopravvalutati.
Quindi: prima Mike era a un certo livello e gli spettatori potevano considerarsi superiori. Ora Mike è (era) sempre lì, ma gli spettatori, ben che vada, sono allo stesso livello.
L'esortazione finale del saggio, "Voi siete Dio, restate immoti" non è stata ascoltata.

La riporto qua, leggetevela:
[...]Il caso più vistoso di riduzione del superman all'every man lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta uni ta (questa è l'unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o fin zione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.
Per capire questo straordinario potere di Mike Bongior no occorrerà procedere a una analisi dei suoi comporta-menti, ad una vera e propria "Fenomenologia di Mike Bongiorno", dove, si intende, con questo nome è indicato non l'uomo, ma il personaggio.
Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlan do, un grado modesto di adattamento all'ambiente. L'amore isterico tributatogli dalle teen-agers va attribuito in parte al complesso materno che egli è capace di risvegliare in una giovinetta, in parte alla prospettiva che egli lascia intrav vedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.
Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressio nare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fat ti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.
In compenso Mike Bongiorno dimostra sincera e primiti va ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la me todologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso (occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l'uomo non predesti nato rinunci a ogni tentativo.
Mike Bongiorno professa una stima e una fiducia illi mitata verso l'esperto; un professore è un dotto; rappre senta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza.
L'ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quan do, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L'uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio.
Mike Bongiorno ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore ("Pensi, ha guadagnato già centomila lire: è una bella sommetta!").
Mike Bongiorno anticipa quindi, sul concorrente, le im pietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: "Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto tanti soldi così tra le mani?".
Mike Bongiorno, come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: "Scusi, signora guardia...") usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: "si gnor spazzino, signor contadino".
Mike Bongiorno accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d'Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).
Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È pa terno e condiscendente con gli umili, deferente con le per sone socialmente qualificate.
Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosi na che di guadagno. Mostra di credere che, nella dialettica delle classi, l'unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).
Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sem pre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è ri gorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neo-posi tivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all'occasione, egli potreb be essere più facondo di lui.
Non accetta l'idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabuc co e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fer mamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di con seguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.
Mike Bongiorno è privo di senso dell'umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l'interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si na sconda una verità, comunque non lo considera come vei colo autorizzato di opinione.
Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non man ca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa... "Mi dica un po', si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos'è di preciso questo futurismo?"). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l'opinione dell'altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.
Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale: "Cosa vuol rappresentare quel quadro?" "Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?" "Com'è che viene in mente di occuparsi di filosofia?".
Porta i clichés alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con le calze co lorate e la coda di cavallo è "bruciata". Chiede alla prima se lei, che è una ragazza così per bene, desidererebbe di ventare come l'altra; fattogli notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la sua superiorità fisica e umiliando l'educanda. In questo vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare pe rifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e le agudezas ap partengono a un ciclo vichiano cui Bongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l'artificio retorico è una sofisticazione. In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quan do la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provo cazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei cri­tici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l'uo mo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta por tando la gaffe a dignità di figura retorica, nell'ambito di una etichetta omologata dall'ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.
Mike Bongiorno gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi trasvola ad altre cure confortafo sull'esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.
Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rap presenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiun gere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.

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