15 ottobre 2007

Chicago Underground Trio – SLON

Cosa sarebbe successo se Miles Davis fosse sopravvissuto al suo stile di vita eccessivo e fosse giunto fino ai giorni nostri?
Da tempo vagheggiavo una contaminazione tra elettronica “come si deve” e jazz “come si deve”, ma finora ero sempre rimasto deluso dalla pochezza di almeno uno dei due ingredienti: jazz decente su elettronica da quattro soldi o viceversa. Per cui nei miei sogni proibiti immaginavo il Genio ancora vivo a darci l’ennesima lezione su come si possa innovare ancora una volta il jazz, questa volta intrecciandolo con macchine e samples, glitch, loop e sequencer.
Poi ho letto un articolo su Rob Mazurek e i suoi innumerevoli progetti e ho incominciato a sperare che quell’ibrido che andavo immaginando si fosse realizzato. Veramente non ho mai avuto il dubbio che qualcuno lo avesse fatto, solo che è uno di quegli argomenti che fai fatica a scovare, in genere le risposte che riesci a recuperare sono intorno a quel cosiddetto nu-jazz che sinceramente mi annoia terribilmente, quando proprio non mi irrita nelle sue derive fighetto-lounge.
Però immaginavo che un’idea così ovvia non potesse non avere dei validi interpreti, in fondo siamo nell’era delle infinite possibilità, l’unico limite è la fantasia e la mia tutto sommato non è che sia straordinaria.
Non è facile trovare in giro i CD di Mazurek e soci, pur nelle molteplici denominazioni che i suoi lavori assumono (Chicago Underground Duo, Chicago Underground, Exploding Star Orchestra, Sao Paulo Underground,…) per cui è rimasto un appunto nella mia lista di CD da comprare per diversi mesi, fino a che ho finalmente trovato SLON nel reparto Alternative di Fnac. Va da sé che non ho manco guardato il prezzo (mento: erano circa 15 euri, ma non mi importava) e l’ho comprato.
Per certi versi ho trovato quello che stavo cercando: dal punto di vista del jazz il livello è decisamente buono e pure il lato elettronico è di tutto rispetto. Mazurek suona la cornetta con uno stile hard-bop molto moderno e utilizza il laptop per la parte digitale. Assieme a lui suonano Chad Taylor alla batteria e Noel Kupersmith al contrabbasso e pure lui al laptop. Le composizioni sono tutte originali e spaziano da un jazz suonato in modo classico arrivando alla musica per solo laptop, passando ovviamente per la sovrapposizione dei due generi.
È tutto di buon livello, l’unica cosa che mi spiace è che i momenti veramente ibridi siano pochi nel complesso, concentrati sostanzialmente in due brani (Slon e Zagreb) con qualche accenno in un altro paio, poi si rimane coi piedi ben piantati su una o l’altra sponda.
In sostanza un buon disco con dentro jazz e elettronica, ma meno miscelati tra loro di quanto mi aspettassi (o che sperassi).
Non so quindi se Miles Davis avrebbe fatto questo disco se fosse arrivato dopo il 2000 con la grinta di un tempo (tanto più che tromba e cornetta sono simili, ma non proprio la stessa cosa), ma quel paio di brani me lo hanno davvero ricordato. E per quanto mi riguarda questo è un gran complimento.

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