I Flaming Lips sono in giro da più di vent'anni, hanno già fatto di tutto, sono uno dei pochi gruppi veramente longevi che ha il coraggio di rimettersi sempre in discussione, di cambiare rotta e rischiare nuove strade. E alla fine si sono conquistati il loro pubblico, che sarà pure di nicchia e alternativo, ma diffuso su tutto il pianeta e quindi neanche tanto ristretto.
E ultimamente si erano pure orientati verso un suono pop, non convenzionale, ci mancherebbe, ma sicuramente più accessibile rispetto alle stravaganze di un tempo. Wayne Coyne va verso i 50, si prepara ad un'agiata e serena vecchiaia, si sarebbe detto.
Quindi la strategia più ovvia sembrava essere quella di mantenimento del pubblico consolidato, quello che pure lui avanza negli anni, ché si sa, tanto i ragazzini i CD non li comprano più.
E invece hanno fatto 'sta roba qua.
70 minuti, 18 tracce. E che musica!
Caotica, disordinata, ossessiva, sporca, cupa, sbilenca, distorta.
Trascinante, emozionante, innovativa, originale, geniale, coraggiosa, sorprendente.
In poche parole, i Flaming Lips hanno fatto un album eccezionale, secondo me una delle cose più belle uscite quest'anno. Certi passaggi sono davvero toccanti, mentre per altri lunghi brani si rimane invischiati in torbidi sommovimenti di genere indefinito e indefinibile.
Già il genere... A chi dovesse chiedermi di che genere si tratti, non potrei rispondere che stringendomi nelle spalle, trattenere il fiato e proferire un insoddisfacente "bah...". Per farla breve diciamo pop-rock, ma se vi viene in mente qualcosa che avete sentito da altre parti, siete fuori strada.
Per conto mio siamo dalle parti del capolavoro, e non esagero.
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