Purtroppo non ho molto tempo per scriverne quanto vorrei, ma, se non fosse che i due ascolti che gli ho dato finora sonoun po' pochi per sbilanciarsi così tanto, non esiterei a dire che questo disco è un vero capolavoro.
Si sono fatti aspettare dieci anni, durante i quali il gruppo non si è mai ufficialmente sciolto, ma che davano ben poche speranze a chi attendeva la registrazione di un nuovo album.
Poi un mesetto fa la notizia è diventata ufficiale: i Portishead avevano registrato un nuovo album che sarebbe uscito il 28 aprile. Giuro (e l'ho detto) che la mossa mi lasciava abbastanza diffidente: gruppo di discreto successo e di indubbia ed eccelsa qualità sparisce dalla scena per un decennio, per tutto questo tempo si mormora di registrazioni fantasma, poi smentite, poi riconfermate, ma mai ufficialmente, concerti, video, lavori solisti, e infine, con alti squilli di fanfara si annuncia la reunion e il nuovo disco. Ovvio che il sospetto della solita mossa per rimpinguare le casse di ex-musicisti bolliti è stato il primo ad affiorare.
E invece no. Il terzetto (o quartetto, dipende se oltre a Gibbons/Barrow/Ultey si tira dentro o no pure McDonald) era stato in silenzio per la ragione più nobile possibile per un gruppo di musicisti: non aveva niente da dire(*).
E poi, quando l'ispirazione, la voglia di fare musica, di lavorare ad un progetto, di dire qualcosa, sono diventati una vera urgenza, il lavoro è stato fatto, e che lavoro!
Di nuovo, come ai tempi di Dummy, spiazzano per la loro originalità, per la loro capacità di inventare e sorprendere, mischiando suoni, stili e strumenti con un'intelligenza e un estro sublimi.
Nessun revival quindi, nessun dejà entendu, niente che faccia pensare ai vecchi Portishead, non sarebbero nemmeno riconoscibili se non fosse per l'inconfondibile timbro di Beth Gibbons. Suoni modernissimi o vecchissimi, ritmi sghembi o semplicissimi, mai nessuna paura di spingersi oltre i canoni della musica ordinaria, assalti violenti alle viscere e alle ossa, repentini ed inesorabili salite verso il caos e placide planate incontro all'armonia.
Descrivere questo disco è praticamente impossibile, troppo difficile e coraggioso (altro che operazione commerciale, questo è il lavoro meno accessibile dei loro), troppo complicatamente e straordinariamente bello.
Concludo con una foto qui sotto della fascinosissima Beth Gibbons. Si merita tutta l'ammirazione possibile.
(*) In realtà le ragioni sono anche e soprattutto altre: stress, crisi personali e familiari, stanchezza... ma in fondo, dal punto di vista artistico, il fatto è proprio quello: non avevano niente da dire e, piuttosto di dire cose inutili, come troppo raramente si fa, non hanno detto niente.
30 aprile 2008
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