Pur avendo sempre amato Fabrizio De Andrè , e nonostante sia forse l’unico cantautore italiano degno del mio amore (bum!), non ho mai pensato che potesse essere anche seminale(*).
Invece spesso mi trovo ad ascoltare canzoni che ne richiamano ora il modo di cantare (il modo più semplice di imitare il Faber), ora i testi, ora le atmosfere musicali, e in genere la sensazione è quella della lesa maestà: come ti permetti tu, cantantucolo da quattro soldi, di scimmiottare uno dei più bei personaggi della musica (e non solo) italiana?
E poi ho scoperto che lo spirito di De Andrè lo si può fare rivivere senza farlo rimpiangere e senza fare la figura del discepolo che ha fatto il compitino.
Il disco di Cesare Basile mi ha fatto appunto vivere la sensazione di avvertire quello spirito aleggiare, ma in un contesto originale e personalissimo dell’autore. È un disco di canzoni che tendono al blues, in bilico tra acustico ed elettrico, sorrette dalla trama di testi meditati e mai banali. I ritmi sono quasi sempre blandi, aeccetto un paio di momenti in cui volume e la tensione crescono particolarmente.
Bello, veramente bello. Capace di farmi ritrovare un bel po’ di ottimismo sulle italiche doti musicali.
(*) Seminale: agg. Termine alternativo-fighetto che definisce l’artista la cui opera ha fatto scuola. Meglio è se l’artista in questione è totalmente oscuro [...l'unico album dei Dadamah, che resta un seminale lavoro di avant-rock...]. Contr. derivativo
23 aprile 2008
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1 commenti:
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