
L’indice di gradimento durante tutto questo processo ha comunque un andamento generalmente lineare: parto dal disappunto per arrivare all’entusiasmo, oppure mi mantengo sul livello ‘gran cagata’ per tutte le fasi, o in qualche caso resto folgorato fin dal primo approccio e rimango ammirato per tutti gli altri ascolti (questo caso è raro, e fa parte del mio limite: in genere quello che mi piace al primo colpo tende ad annoiarmi e a perdere di valore in breve tempo).
Stavolta invece l’andamento del mio personale indice di gradimento è stato oscillante: all’inizio mi sono detto, “ecco una scopiazzatura dei Coldplay (ed è tutto dire…) in salsa elettronica”, quindi pollice verso. Poi ho fatto caso ai ritmi inusuali, alla batteria suonata davvero bene, al buon gusto negli arrangiamenti e al fatto che la voce, pur con un timbro troppo simile a quello di Chris Martin, ha una duttilità e un’estensione notevole. Ok, mi sono detto, bella scoperta, buon acquisto. E così ne ho pure fatto regalo (masterizzato) a mia sorella.
Poi dopo averlo regalato l’ho ascoltato ancora una volta e sono rimasto sconcertato dalla pochezza delle linee melodiche, che soprattutto nei ritornelli (non si sfugge mai dalla forma-canzone) tende veramente al banale.
Ero quindi deciso a scriverne un post al vetriolo, e ho pensato che fosse il caso di farlo rinfrescandomi la memoria, così ho incominciato a scriverne ascoltandolo in cuffia e finalmente ho trovato la sua collocazione giusta: da sottofondo. Non è un gran pregio questo: essere un buon album “da sottofondo” è una tipizzazione che rasenta l’offesa, ma per questo disco rappresenta invece una rivalutazione, al punto che, lasciandolo fluire senza dedicargli troppa concentrazione, rimane l'impressione di stare sentendo qualcosa di delizioso, che provoca tiepide e piacevoli sensazioni.
Insomma, un buon, anzi, ottimo album da sentire, molto meno da ascoltare. Non so se mi spiego.
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