30 settembre 2007

Classifiche - 1

Qui in ufficio ci stiamo divertendo a stilare classifiche varie à la Alta Fedeltà. Ne abbiamo fatte di generi diversi, dal cinema alla cucina e le pubblicherò di tanto in tanto. Per iniziare, dato che mi sono sentito in diritto di criticare Rolling Stone, mi sembra giusto esporre pure la mia lista sui migliori album rock (io qui escludo il jazz).
Iniziamo:

1. Robert Wyatt - Rock Bottom [1974] L’avevo già detto, questo è il mio preferito di sempre. È stato scritto e poi registrato in seguito ad un incidente in cui l’autore perse l’uso delle gambe. Essendo lui principalmente un batterista, questo evento lo costrinse ad adottare una prospettiva diversa nei confronti della musica. Ne scaturì questo capolavoro, che mischia, frammenta e frulla rock, jazz e pop, in una serie di 6 brani stupendi.

2. Can - Tago Mago [1971] Avanguardia tedesca di inizio anni ’70. A dirla così sembra un mattone insostenibile, invece è un album, sicuramente non facile, ma almeno per me più che accattivante. Cavalcate psycho-progressive sostenute da una batteria perfetta, passaggi minimali, rumorismi, tecnicismi, ritmi incalzanti, sono solo alcuni degli ingredienti di questo album dalle apparentemente infinite sfaccettature.

3. Pere Ubu - The Modern Dance [1978] Prendi il rock, procurati una robusta mazza e incomincia a battere. Spaccalo, deformalo, ammaccalo, rendilo quasi irriconoscibile. Quasi, ma non del tutto, perché ancora di rock si deve trattare. E questo è quello che hanno fatto i Pere Ubu quasi trent’anni fa. Ne è venuto fuori un album strepitoso,con suoni assurdi appoggiati su una ritmica basso-batteria impeccabile. E poi lui, David Thomas con il suo cantato folle, ubriaco e sghembo. Un genio, davvero.

4. Sonic Youth - Daydream Nation [1988] Sono muri di chitarre a sostenere questo colosso. Chitarre che creano una cortina, un magma su cui galleggiano e si muovono come fantasmi gli altri strumenti e la voce. Album difficile, anche pesante per certi versi, ma davvero magnifico, colossale appunto.

5. Portishead - Dummy [1994] Spleen, atmosfere noir, ritmo lento, echi del passato in forma di samples, e poi lei, Beth Gibbons, ultima dark lady, capace di cullarti e ammaliarti in quel sublime connubio tra retrò e moderno che ancora oggi ad ascoltarlo ti sorprende con la modernità di quel raffinato e ben dosato mix generi ed epoche.

6. The Rolling Stones - Beggars Banquet [1968] Incredibili Stones. Di questo album già solo la copertina è un programma. Quel cesso repellente, i titoli dei brani scritti come graffiti sul muro. Questa ghenga di teppisti sguaiati ha usato il blues e il rock incatenandoli assieme e brandendoli come un arma per soggiogare chiunque avesse a che fare con loro. Questo è per me il loro album più bello.

7. Jimi Hendrix - Are You Experienced [1967] Come si fa a strapazzare in quel modo uno strumento musicale senza mai perderne il controllo? Come si fa a scrivere canzoni così belle senza mai cadere nell’ovvio, anzi dando a tutti una lezione talmente esemplare da trasformare in ovvietà plotoni di egregi musicisti. Di tutti questi si finirà col dire: “sì, bravo, però Hendrix…”. Una iattura per loro, una benedizione per noi.

8. Talk Talk - Spirit of Eden [1994] Una delle storie più affascinanti della storia del rock. Il gruppetto teen-pop dell’epoca dei paninari conquista a suon di hits la fiducia dei produttori, ottiene carta bianca e sforna questa gemma di assoluta e rarefatta bellezza, lasciando sgomenti gli impresari e incantati noi. Minimalismo ed improvvise esplosioni, suoni calibrati col bilancino, una metamorfosi la loro talmente sbalorditiva da far sembrare insulsa quella del bruco-farfalla.

9. Slint - Spiderland [1991] Se quelli al n.3 il rock lo hanno fracassato, questi lo hanno sfibrato, smagliato, reso un tessuto fatto di trame leggere e complicate, costruito sugli essenziali batteria, basso, chitarre e una flebile voce, creando un album unico, epocale e bellissimo.

10. Animal Collective – Feels [2005]
Alla faccia di quelli che “di grandi dischi non se ne fanno più”. Questo strano collettivo di musicisti laterali concepisce un’opera che si concede, rispetto alle proprie abitudini, leggerezza e moderata accessibilità. Ed è un capolavoro di psichedelica contemporanea, acida, dolciastra e ipnotica.

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