Oggi, con una di quelle brezzoline gelide che affronteresti solo con passamontagna e guantoni di pelliccia, mi sono imposto di fare l'eroe e di non rinunciare all'uscita programmata.
Mi sono vestito con il meglio del mio abbigliamento invernale da corsa, che consiste in un paio di pantaloni tecnici ed una maglia parimenti tecnica. Tenete presente che per "pantaloni tecnici" si intendono delle specie di fuseaux aderenti neri che, a causa del mio attuale "fisico asciutto" ("da anoressico" lo descrive la mia gentile mogliettina) mi rendono inguardabile. Una specie di stecco nero che corre su due scarpe bianche. Come dicono a Roma, nun me se ppò vedè.
Comunque, me ne frego, e il motivo è molto semplice: correre al gelo è bellissimo.
Ovviamente, oltre pantaloni e maglia, occorre coprire anche fronte e orecchie tramite fascia e le mani con un paio di guanti, leggeri ma indispensabili.
E poi via.
L'aria fredda ti scivola addosso, tagliente e limpida. Il calore lo senti nascere da dentro, il tuo corpo è l'unica fonte di tepore che si abbia a disposizione. Ed è efficiente, nonostante tutto. Dopo pochi minuti senti che il freddo non ti infastidisce più, anzi, è l'unico modo di equilibrare una temperatura che sarebbe fin troppo alta, dentro a quelle diavolerie tecniche che ci si mette addosso. L'aria che entra nei polmoni è quasi bruciante, ma ti da una sorta di propriocezione amplificata: riesci ad avere la sensazione di ogni centimetro dei tuoi polmoni, li senti vivi nel petto come non mai.
Il fiato esce in nuvole di vapore, perfino dalle spalle ho visto salire del vapore.
Il parco era quasi deserto. Quasi, perché di irriducibili ce n'è diversi, non sono certo l'unico.
Gli alberi coperti da neve che non si scioglie, i prati ai bordi del percorso ghiacciati.
A un certo punto uno scoiattolo mi ha attraversato lesto la strada, a un paio di metri dai miei piedi.
Semplicemente perfetto.
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