17 ottobre 2008

Andrea Bove - Stagista a 40 anni

Andrea è un mio Amico (A maiuscola non casuale). Lo dico subito per evitare polemiche o spiritose scoperte dell'acqua calda. Però questo non mi spingerebbe a parlare bene di un suo libro se non fossi convinto che se lo merita. Piuttosto farei finta di niente e starei zitto (aurea regola che cerco sempre di seguire, da sempre).
Andrea ha avuto una vita che per certi versi si potrebbe definire avventurosa, almeno a confrontarla con altri e ben diffusi percorsi che, passando dalla scuola nei suoi vari gradi, approdano ad un impiego lavorativo più o meno stabile, più o meno soddisfacente.
Lui era più ambizioso, o meglio: a sentire lui, l'oggettiva dote di alcuni talenti lo ha convinto di essere destinato ad un grande futuro, così, per grazia ricevuta, a prescindere dal pagamento del proverbiale pegno in forma di sangue&sudore che queste mire richiedono (eppure anche lui, come tutti quelli della nostra generazione, deve avere visto più e più volte la sigla di Saranno Famosi con il celebre cazziatone della prof. di danza: "Voi avete sogni ambiziosi...successo...fama... ma queste cose costano.... ed è proprio qui che incominciate a pagare.... col sudore!!!").
Fatto sta che invece la vita, che si sa, è stronza e meretrice, invece di porgergli gli allori che lui si aspettava, ha preso a rifilargli una serie di sonori ceffoni che pian piano lo hanno convinto a ben più miti consigli, fino a costringerlo ad adattarsi a fare lo stagista, come fanno tanti giovani che scalpitano all'ingresso del mondo del lavoro. A lui però succede quarant'anni, come dice il titolo.
A prima vista questo libro potrebbe sembrare un atto di denuncia al sistema lavorativo (e probabilmente la scelta dell'editore di favorire l'equivoco non è casuale). In realtà Andrea per buona parte del libro invece biasima se stesso e le sue indoli, a volte troppo modeste e a volte troppo presuntuose, che lo hanno ridotto così. Ed è severo, molto severo con se stesso, forse fin troppo, considerando che purtroppo (o per fortuna) noi della nostra vita siamo artefici e responsabili, sì, ma quelle cose che popolarmente si chiamano culo e sfiga, alla fine hanno comunque un peso determinante nel dipanarsi dei destini. Però si sa,  quando si prende una batosta si tende a leccarsi le ferite e a fare un grosso, probabilmente eccessivo, esercizio di umiltà.
Però io Andrea stiamo raccontando tutta la storia.
Io rimedio subito dicendo che questo libro è poi alla fine ben lontano da essere un cupo mea culpa. È brillante e pure divertente a tratti, perché l'autoironia non è certo dote che manchi all'autore, e così tutto sommato è tutto un prendersi in giro e un cercare sempre di rivoltare la medaglia dal lato dritto, con sorrisi e gustosi aneddoti sulle sue strambe esperienze lavorative che mettono in risalto il lato accattivante e di piacevole compagnia del suo carattere.
E pure interessanti sono le tre postfazioni affidate a tre imprenditori (più o meno: due lo sono in senso tradizionale, l'altro è Madaski, leader di se stesso e degli Africa Unite) che tirano qualche scappellotto all'arrendevole e rassegnato autore.
Invece Andrea non ci racconta di come, nonostante le sue vicende, abbia deciso di intraprendere la strada della scrittura, altro ambiente che sicuramente condivide con quello della musica la forma dell'iceberg.
Da questo lato è stato un nuovo ritorno a galla, un cimento folle e sconsiderato, altro che mite rassegnazione. Tanto quanto pubblicare un disco, per dire, ma che ancora una volta un piccolo successo se l'è guadagnato, magari di nuovo transitorio, ma pur sempre un altro successo (per chi non lo sapesse l'esperienza musicale di Andrea, ben raccontata nel libro, aveva partorito un CD di piccolo ma benaugurante successo).
E ora, visto che, come dicevo in apertura, Andrea è mio amico, un piccolo consiglio mi permetto pure di darglielo: Andrè, bravo sei bravo, e l'hai di nuovo dimostrato. Però adesso basta guardarsi l'ombelico, ok?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

A differenza del tuo amico, non avevo la convinzione di essere bravissima e di arrivare senza sudare...ma neppure di fare la stagista per una vita! Non credo che la vita sia stronza ma, più semplicemente, che lo sia l'Italia...pensa che per lo stress sono finita a scrivire un blog sulle mie disavventure da stagista. Mi auguro per me, per il tuo amico e per tutte le persone che continuano ad essere sfruttate di realizzare i propri sogni. Io ci sto provando ma è molto, molto, difficile...

luca ha detto...

Ciao Luce,
tu hai ragione, da vendere.
Il libro, però non si occupa di questo aspetto della questione. È più incentrato sui motivi che hanno portato Andrea ad affrontare il mondo del lavoro passando dalla porta dello stage a 40 anni, perché lui non si trova a fare *ancora* lo stagista a quell'età.
Per lui effettivamente è una porta che, benché lo conduca solo a sostare provvisoriamente nell'anticamera del mondo del lavoro, almeno gli consente per qualche periodo di starsene al coperto.