Ho iniziato a correre ad aprile di quest’anno e con la corsa è stato amore a prima vista. Ma ho subito esagerato e mi sono fatto male. Un dolore alla caviglia mi ha costretto a stare fermo quasi un mese. Poi ho ripreso con calma, sono riuscito a migliorare costantemente e a settembre ho fatto la mia prima gara, la Turin Half Marathon che ho chiuso ben sotto l’ora e mezza. Un tempone.
Potete immaginare l’entusiasmo.
La settimana successiva avrei dovuto scaricare e in effetti sono andato tranquillo tranquillo, pur facendo una decina di chilometri ogni uscita.
Poi ho incominciato a pensare alla prossima gara e ne ho individuata una a poco più di un mese dalla prima. Mi sono fatto due conti e ho deciso che avrei provato ad abbassare ulteriormente il tempo, così ho rincominciato a tirare al massimo e dopo una sessione di ripetute (4x2km a 3’55”) è saltato fuori un dolore notevole alla tibia sinistra, che fortunatamente non ho dovuto indagare ulteriormente perché è scomparso con un po’ di riposo, ma che mi hanno detto poter essere una cosa molto rognosa.
Allora ho pensato bene di darmi una calmata.
Insomma, mi sono detto, per cosa sto correndo? Faccio uno sforzo di memoria e ricordo di avere iniziato “tanto per fare qualcosa”, "per non rassegnarmi ad una vita sedentaria", "per rimettermi in forma", "per perdere qualche chilo". E che poi, accorgendomi di riuscire a correre abbastanza forte, ho iniziato a dare importanza al cronometro, a tenerlo sempre d’occhio a correre sempre contro di lui. E a vincere le piccole sfide che mi ponevo, entrando così in un circolo vizioso che diventava sempre più impegnativo.
Intendiamoci: tra i tanti eccessi a cui ci si può abbandonare, questo è probabilmente ancora uno dei più sani, però è un atteggiamento che almeno in parte si sostituisce all’obbiettivo iniziale. Correre diventa un fine, il benessere fisico non è altro che un effetto collaterale. E si badi bene che questo non è altro che il primo passo verso il doping. Non è cosa che mi riguarda, state tranquilli, ma sicuramente il concetto è quello: se la prestazione è la cosa più importante, allora posso anche volerla inseguire a scapito della salute e della correttezza sportiva. E vi assicuro che quando si pratica uno sport ad un certo livello di intensità, allora si incomincia a pensare a tutti i sistemi per migliorare la prestazione: un paio di scarpe migliori, un allenamento più specifico, un'alimentazione più mirata… e il doping è laggiù, dietro ad alcune barriere morali e salutistiche magari, ma la direzione è quella, senza dubbio.
E poi, ultima considerazione: per quanto possa fare, per quanto riesca a correre meglio di diversi miei conoscenti, per quanto possa ancora migliorare, continuerò a ritrovarmi comunque sempre nel gruppone dei “tapascioni”, cioè tra quei corridori che, per quanto possano fare, stanno sempre su un pianeta diverso da quello dei corridori veri, quelli che la gara la fanno sul serio.
E allora ho cercato di tornare allo spirito iniziale della corsa, correre per stare bene e divertirsi. Perché correre può essere anche un gran piacere, e pur senza strafare con i tempi, può essere una soddisfazione incredibile guardare quanta strada si riesce a percorrere in tempi ragionevoli, fin dove si riesce ad andare. “Oggi vado fino a… di corsa”. Una cosa così un anno fa mi sembrava una follia impossibile, oggi posso farla quando voglio.
Poi però, dopo qualche settimana corsa così, ho iniziato ad annoiarmi. Va bene correre per correre, ma farlo sempre con la sensazione che solo a volerlo potresti farlo meglio, alla fine un po’ stufa. Ti mancano degli stimoli.
E allora mi sono posto un nuovo obiettivo, una nuova gara da fare a fine novembre, una nuova tabella di allenamento da seguire con rigore.
E sono tornato a tirare come un matto, a farmi un mazzo così in allenamento, a svegliarmi prima dell’alba della domenica per andare a correre al gelo. Ma anche a provare delle sensazioni pazzesche, delle soddisfazioni che con la corsa blanda non riuscirei neanche ad avvicinare, ad essere fiero di me mentre controllo il cronometro col cuore che batte fortissimo, con un fiatone da non riuscire a parlare.
Mi dicevano che questo sport può diventare come una droga. In effetti mi sa che sono entrato in un bel tunnel.
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