Sprechiamo la gioventù a conquistare la ricchezza e la ricchezza a conquistare la gioventù
Douglas Coupland
alla deriva nel mare magnum
Sprechiamo la gioventù a conquistare la ricchezza e la ricchezza a conquistare la gioventù
Sono a una riunione con le maestre della scuola elementare di mia figlia. Mi deprimo ogni minuto di più a sentire che quest’anno i tagli sul personale insegnante non permetteranno più uscite e visite esterne, costringeranno ad affollare le classi ogni volta che manca una maestra, impediranno di poter dedicare tempo e recuperi necessari ai bambini che ne hanno bisogno, e demoliranno il tempo pieno (“non è un tempo pieno, è una schifezza”, dice la maestra). E avanti così, e mi deprimo.
E poi mi arriva, negli aggiornamenti delle news sul telefono, questa:
“Roma, 11 ott. (Adnkronos) – ”Sono convinto che non destinare adeguati investimenti all’educazione e alla scuola sia una politica poco lungimirante, destinata a condannare un Paese all’impoverimento culturale, alla decadenza economica e sociale”. E’ quanto afferma il presidente della camera dei Deputati, Gianfranco Fini”
E vaffanculo, detto da padre
Sono convinto che le limitazioni siano fondamentali nell’espressione artistica. Hai cento pennelli possibili? Vade retro. Dammene tre. Via, va bene quattro.
«Obama? Una grandissima delusione Sono stato fra i primi a credere in lui, ad appoggiarlo, ma adesso devo confessare che mi è diventato perfino antipatico». Philip Roth, forse il più illustre dei narratori americani d’oggi, autore di capolavori quali Lamento di Portnoy, Pastorale americana, Zuckerman scatenato e, da poco uscito in Italia, Indignazione, esprime con forza, per la prima volta, il suo giudizio fortemente negativo sull’attuale Presidente Usa. Ci tiene a farlo subito, nella nostra conversazione telefonica.
Per caso, è insoddisfatto anche da Barack Obama? Da un’intervista a un quotidiano italiano, Libero, risulta che lo trova persino antipatico, oltre che inconcludente e assopito nei meccanismi del potere.
Ma io non ho mai detto una cosa del genere. E’ grottesco. Scandaloso. E’ tutto il contrario di quello che penso. Considero Obama fantastico. E trovo che l’attacco che gli stanno sferrando i repubblicani è molto simile a quello subito da Roosevelt al suo primo mandato. E’ la destra più stupida mobilitata da Sarah Palin. Agitano la bufala dell’atto di nascita che dimostrerebbe che è nato in Kenya. E trovano ascolto. Sotto c’è il problema della razza, della pelle. Sono molto seccato per queste dichiarazioni che mi vengono attribuite: non ho mai parlato con questo Libero. Smentisca tutto. Ora chiamo il mio agente.
Chiama il suo agente, che gli filtra tutti i contatti: nell’agenda delle interviste passate e future non risulta nè Libero nè il nome dell’intervistatore.
J-Bone lo guardava con un’aria folle. Si piegò un pochino, come per alzare una gamba. Strabuzzò gli occhi. Un’enorme scoreggia squarciò l’aria della tavola calda zittendo il tintinnio e l’acciottolio di tazze e posate dell’ora di pranzo, sbalordendo i clienti, precipitando il locale nel silenzio. Boneyard si alzò all’istante e andò a mettersi su uno sgabello al bancone, guardandosi alle spalle atterrito. Ai fornelli il greco arretrò vacillando, una mano sulle fronte. Hoghead barcollò tra i tavoli boccheggiante, l’angoscia dipinta in volto mentre la signora del séparé accanto si alzò e li guardò dall’alto con un’aria cadaverica e si diresse alla cassa.
Hiii, cantilenò J-Bone dentro le mani a coppa.
Cristo santo, disse Suttree , alzandosi con piatto e bicchiere.
Ti sei fatto male Jim?, disse forte Boneyard schermandosi con il dorso della mano.
Caspita, fece Hoghead seduto al bancone. Mi sa che qualcosa è venuto a tirare le cuoia nelle tue budella.
Il greco lanciava occhiate truci verso il retro del locale. Rimasto solo nel séparé, J-Bone arricciava il naso. Un minuto dopo strisciò fuori tra i tavoli. Gesù bambino, disse. Mi sa che manco io la reggo.
Vattene di qua.
Sto cercando di mangiare, Jim.
Gesù, disse J-Bone, mi sa che mi si è ficcata nei capelli.
Andiamo via, disse Boneyard.
Suttree considerò quelle facce ridenti. Un secondo, lasciatemi finire, disse.