Un film bellissimo, un film russo di un paio di anni fa. Si intitola semplicemente “12”, e dodici sono i giurati chiusi nella palestra di una scuola con il compito di emettere una sentenza sul caso di un giovane ceceno accusato di omicidio.
La vicenda è tutta qua, non c’è altro (dovrebbe essere il remake di La parola ai giurati del 1957, ma la struttura è decisamente diversa).
Il caso pare inizialmente banale: il ragazzo (ceceno si badi, praticamente uno straniero per i giurati moscoviti) è palesemente colpevole, con l’aggravante di avere ucciso un benefattore, il padre adottivo che lo teneva con sé in casa.
La sentenza però deve essere necessariamente emessa all’unanimità e quando si svolge la votazione iniziale tutti si sorprendono nello scoprire che uno di loro è sfavorevole alla condanna. Questo significa affrontare una discussione invece che raggiungere la sentenza immediata come si auspicavano tutti.
A partire dal dubbio instillato da quell’unico giurato, si articola tutto il seguito del film con il confronto a volte drammatico, a volte esilarante tra i votanti che poco per volta mettono a nudo, assieme alle proprie convinzioni sul caso, anche aspetti diversissimi e profondi della propria personalità.
Come dicevo la vicenda si svolge in una palestra, a causa dei lavori di ristrutturazione del tribunale che rendono inagibile l’aula solitamente dedicata alle riunioni dei giurati, e questo permette di conferire un po’ di dinamicità alle scene e alla recitazione (superba) dei protagonisti.
Di tanto in tanto si hanno dei flash-back che illustrano momenti dell’infanzia dell’imputato, sprofondato negli orrori della guerra cecena. Altre divagazioni rispetto alla scena principale mostrano l’imputato in cella in attesa del giudizio e la vista di lui in attesa nervosa mentre i giurati discutono, conferisce ulteriore drammaticità al film.
A parte queste due divagazioni però, tutta la storia potrebbe benissimo essere un soggetto teatrale, con i personaggi che uno ad uno diventano protagonisti di intensissimi monologhi e dialoghi serrati conditi a base di razzismo (l’accusato come dicevo è ceceno e la vittima un ex militare russo), debolezze, orgoglio, intolleranze, stanchezza, fierezza… per una durata di quasi tre ore il cui peso però non si fa minimamente avvertire grazie ad una sceneggiatura sempre tesa e coinvolgente.
Ne avevo sentito parlare molto bene, ma da quando è uscito non sono stato in grado di trovarne una copia da nessuna parte. Sono poi riuscito a beccarlo sulla programmazione di Sky e non so se nel frattempo si sia reso più disponibile.
Prendetene nota però, e se vi capita di poterlo vedere non perdete l’occasione, ne vale davvero la pena.
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