L’incantevole Joanna pubblica a meno di un anno da Ys questo EP che nel titolo (ma solo in quello) si permette di fare il verso nientemeno che a sua maestà The Boss. Si tratta di un CD con tre canzoni, una inedita e le altre due tratte dai suoi precedenti LP, per un totale di 24 minuti che in fondo non aggiunge niente di sostanzialmente nuovo alla meraviglia che mi aveva regalato Ys.
Di fronte a queste operazioni mi trovo in genere ad essere un po’ prevenuto, e mi chiedo, quale sia l’incontenibile urgenza artistica di pubblicare un EP a ridosso di un album così complesso e articolato. Il primo sospetto è quello che si cerchi semplicemente di trarre congruo profitto dall’ultima gallina dalle uova d’oro del panorama indie, che naturalmente non è affatto esente da logiche di marketing e da vili inquietudini di tipo commerciale. O forse l'eterea Joanna si trova in questo momento nella fortunata posizione di indie-star con relativo stuolo di cortigiani pronti e solerti ad esaudire ogni suo capriccio, quale per esempio quello di dare alle stampe un’altra esibizione della sua originalissima arte.
All’interno dell’EP un foglio scritto a mano funge da libretto con testi, credits, ringraziamenti e note dell’autrice. Queste ci dicono che le registrazioni sono il frutto di una tre giorni in studio durante la quale i brani sono stati registrati live facendo uso oltre dell’inseparabile arpa di Joanna, pure di strumenti quali la tambura, la sega musicale (musical saw), il banjo e l’accordion.
Il primo brano, Colleen, è l’unico originale dell’EP. È quello che si direbbe ormai un tipico pezzo Newsomiano, fatto di complicate melodie interpretate dalla strana voce della Newsom, l’accompagnamento dell’arpa e, al posto degli archi di Van Dyke Parks, gli strumenti di cui sopra.
Ancora una volta, e forse più che mai, si avverte l’intrigante contrasto tra arrangiamenti e suoni di stampo antico e un incedere del cantato e dell’armonia che in certi passaggi ha un’impronta rock molto tesa, non facilmente definibile, ma sicuramente molto moderna.
Il secondo pezzo, Clam, Crab, Cockle, Cowrie, ripreso da The milk eye bender è più tipicamente folk, dall’incedere lento e con tanto di controcanto maschile.
Infine Cosmia (notare l’enigmatica insistenza sulla lettera C nei titoli), pescata dall’ultimo LP, è il brano in cui si avverte più nettamente la dimensione pseudo-live della registrazione. Rispetto all’originale il brano dura circa il doppio (più di tredici minuti) con una lunga coda strumentale in cui si coglie il piacere che questi musicisti devono avere provato nel suonarlo insieme e nel giocare a sfumarlo, portandolo a minimalismo fino al silenzio.
Insomma, alla fine l’impressione su questo EP è più che buona e fuga l’iniziale mia diffidenza, collocandosi come più che degna continuazione di Ys. Ad esso per la verità non aggiunge molto, arrangiamenti diversi, non in maniera radicale, ma comunque interessanti (e per conto mio il fischio della musical saw è incantevole).
A questo punto sorge la solita domanda che ogni buon disco propone: cosa farà ora la Newsom? Ha trovato la sua formula perfetta o ci sorprenderà ancora? Con questo EP non l’ha fatto, ma in fondo… è solo un EP.
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