A volte capitano delle coincidenze che, lasciandoti sconcertato a pensare ai due eventi che le compongono, sembrano avere il preciso scopo di farci assaporare meglio la vita.
Sempre più spesso mi capita di ascoltare dischi in modo un po’ troppo frettoloso, a causa del poco tempo che ho per dedicarmici e della bulimia musicale che mi costringe a cambiare troppo frequentemente i cd dentro al lettore. Ogni tanto però rinsavisco e mi costringo a prendere il fiato e ad andarmi ad ascoltare un disco a cui avevo dedicato poca attenzione. Uno di questi dischi è I sing the body electric, dei Weather Report.
La coincidenza è che, oggi, mentre lo ascoltavo per la terza volta di fila, è morto Joe Zawinul.
Non intendo descrivere ne' tantomeno recensire un disco così complesso, solo spalanco gli occhi increduli di fronte alla maestria con cui quest'uomo riuscì per tutta la sua vita a ordire raffinate e complicate trame musicali, dentro ogni disco, dentro ogni brano. E in questo cerco di bearmi di fronte alle incredibili invenzioni che lui e gli altri musicisti crearono 36 anni fa, un po’ in studio e un po’ dal vivo, a Tokyo, mi faccio trasportare dalle progressioni, dalle esplorazioni armoniche, dai voli pindarici, dai dialoghi (soprattutto tra lui e Shorter) che fanno di questo disco un vero capolavoro, uno di quei miracoli che solo dei veri artisti, come lui era sicuramente, sono in grado di produrre.
E mi sa che non lo tolgo ancora dal lettore, Joe si merita un altro ascolto.
11 settembre 2007
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