Perfino una città come Milano diventa simpatica oggi.
30 maggio 2011
27 maggio 2011
NBA Finals!
Mi spiace per il mio piccolo, che si è affezionato a Derrik Rose e ai suoi Chicago Bulls, ma come avevo ampiamente previsto (dall'alto della mia indiscutibile competenza…), i Miami Heats li hanno stritolati e si sono guadagnati il titolo di campioni dell'Eastern Conference e l'accesso alle finali NBA, contro i Dallas Mavericks che già avevano spazzato via i Lakers e poi i Thunder.
Ripubblico il mio bracket con tanto di previsione sul titolo finale.
Ancora una volta per dimostrare che "io ne so"[1]:
[1] Nota solo per chi è anche meno avveduto di me sul tema: questa è una finta sbruffonata, non mi prendete sul serio. Le previsioni che ho fatto (quelle in rosso nel bracket) erano talmente scontate (nel momento in cui le ho fatte) che ci sarebbe ben poco da vantarsi. Altra cosa sarebbe stato azzeccarle all'inizio dei playoff, ma io non ne sarei mai stato in grado.
Ripubblico il mio bracket con tanto di previsione sul titolo finale.
Ancora una volta per dimostrare che "io ne so"[1]:
[1] Nota solo per chi è anche meno avveduto di me sul tema: questa è una finta sbruffonata, non mi prendete sul serio. Le previsioni che ho fatto (quelle in rosso nel bracket) erano talmente scontate (nel momento in cui le ho fatte) che ci sarebbe ben poco da vantarsi. Altra cosa sarebbe stato azzeccarle all'inizio dei playoff, ma io non ne sarei mai stato in grado.
26 maggio 2011
24 maggio 2011
Il Piave mormorava
Oh, oggi è il 24 maggio!
Niente, solo un ricordo d'infanzia, quando il mio maestro di quinta elementare ci fece studiare a memoria una strana poesia.
Era un tizio a suo modo eccentrico, don Munari, un prete veneto, ex combattente alpino, ricchissimo di ricordi legati alla guerra che ci sciorinava praticamente sempre, usando i più edificanti come esempi di retta virtù.
Era bravo a raccontare, e parlare di guerra ai bambini significa affascinarli e rapirli, per quanto questo possa sembrare disdicevole.
Nei suoi intenti, i racconti delle sue notti in trincea, le marce forzate, le privazioni, dovevano rappresentare un grande esempio per i suoi allievi. Invece a noi piaceva l'aspetto truculento della vicenda. Elementare.
Il più coraggioso di noi una volta riuscì a fare la domanda che tutti, senza eccezioni, ci ponevamo: "Maestro, ma lei l'ha mai ucciso un nemico?". In fondo era un prete, la faccenda ci intrigava.
Non ci rispose. Silenzio.
Come dicevo, un giorno ci dettò e poi ci diede da studiare una poesia strana, lunga e dai termini molto desueti. Noi la studiammo, poi una volta ce la fece cantare. Tutta la classe in coro.
La poesia era questa:
Niente, solo un ricordo d'infanzia, quando il mio maestro di quinta elementare ci fece studiare a memoria una strana poesia.
Era un tizio a suo modo eccentrico, don Munari, un prete veneto, ex combattente alpino, ricchissimo di ricordi legati alla guerra che ci sciorinava praticamente sempre, usando i più edificanti come esempi di retta virtù.
Era bravo a raccontare, e parlare di guerra ai bambini significa affascinarli e rapirli, per quanto questo possa sembrare disdicevole.
Nei suoi intenti, i racconti delle sue notti in trincea, le marce forzate, le privazioni, dovevano rappresentare un grande esempio per i suoi allievi. Invece a noi piaceva l'aspetto truculento della vicenda. Elementare.
Il più coraggioso di noi una volta riuscì a fare la domanda che tutti, senza eccezioni, ci ponevamo: "Maestro, ma lei l'ha mai ucciso un nemico?". In fondo era un prete, la faccenda ci intrigava.
Non ci rispose. Silenzio.
Come dicevo, un giorno ci dettò e poi ci diede da studiare una poesia strana, lunga e dai termini molto desueti. Noi la studiammo, poi una volta ce la fece cantare. Tutta la classe in coro.
La poesia era questa:
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"
Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
"No", disse il Piave, "no", dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', o straniero!"
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!
21 maggio 2011
Predicozzo primaverile
Ci sono un paio di cose che nelle chiacchiere da bar o da dopocena ho sempre trovato insopportabilmente irritanti. Una è il malcelato e sciocco orgoglio con cui certe persone ti dicono "Io dico sempre quello che penso".
Non è vero, porca miseria! Chiunque prima di sciorinare una qualsiasi frase accende il cervello e valuta se e come sia il caso di dirla. Chiunque, sempre.
E chi dice "Io dico sempre quello che penso" lo fa solo per giustificare a posteriori un atto di maleducazione o di scarsa sensibilità verso i sentimenti altrui.
L'altra cosa è chi ti dice con un sorriso falsamente timido che vorrebbe coprire una falsa rassegnazione: "Io sono fatto così, non ci posso fare niente".
No! Non è che non ci PUOI fare niente, è che non VUOI, perché ti sembra troppo faticoso, o perché comunque pensi che tutto il mondo sia tenuto a sopportare, volente o nolente, ciò che tu sei, senza nemmeno potersi augurare che tu faccia qualcosa per migliorarti.
Sono un rompipalle, lo so. Ma ora ho trovato un supporto sorprendentemente concorde a queste mie intolleranze:
Luca Sofri, Un grande paese, BUR
Non è vero, porca miseria! Chiunque prima di sciorinare una qualsiasi frase accende il cervello e valuta se e come sia il caso di dirla. Chiunque, sempre.
E chi dice "Io dico sempre quello che penso" lo fa solo per giustificare a posteriori un atto di maleducazione o di scarsa sensibilità verso i sentimenti altrui.
L'altra cosa è chi ti dice con un sorriso falsamente timido che vorrebbe coprire una falsa rassegnazione: "Io sono fatto così, non ci posso fare niente".
No! Non è che non ci PUOI fare niente, è che non VUOI, perché ti sembra troppo faticoso, o perché comunque pensi che tutto il mondo sia tenuto a sopportare, volente o nolente, ciò che tu sei, senza nemmeno potersi augurare che tu faccia qualcosa per migliorarti.
Sono un rompipalle, lo so. Ma ora ho trovato un supporto sorprendentemente concorde a queste mie intolleranze:
In generale, tra noialtri esseri umani vige una certa sopravvalutazione della sincerità. A un certo punto abbiamo incominciato a spacciare per ipocrisia la buona educazione con cui sceglievamo cosa dire e cosa no, e a legittimare ogni accondiscendenza nei confronti di noi stessi definendola spontaneità: «Io sono fatta così...», «Ah, io dico quello che penso». Oppure, con ingenua simulazione di autocritica: «Ah, io non posso farci niente, dico quello che penso» o «Io ho questo difetto, che dico sempre quello che penso».Il problema è che è davvero un difetto, dire sempre quello che si pensa. Perché se uno pensa delle fesserie - e capita sovente - poi le deve dire, e magari era meglio di no. Perché se uno pensa delle cose cattive, o sgradevoli, forse è meglio che non le dica. Perché se uno pensa delle cose violente, o stupide, forse è meglio che le reprima. E questo ci porta - dalle parole ai fatti - a uno dei più catastrofici alibi costruiti dal genere umano per autoassolversi e mettere in vacanza la propria responsabilità su di sé.Sii te stesso.Già, bravi. Sii te stesso. E se uno è uno stronzo? «Sii te stesso», con tutta l'aura di grande dignità che si porta dietro, è una tra le peggiori predicazioni della storia. E sta dentro questo grande inganno autoassolutorio per cui l'impegno, l'applicazione, il lavoro di comprensione delle cose giuste e di quelle sbagliate, l'aspirazione a essere migliori, finiscono per essere disprezzati come artificiose ipocrisie, di fronte alla pretesa nobiltà del pigro e vile affidarsi alla propria natura.
(ne parlerò)
18 maggio 2011
La Pioggia (pensando a Y.)
All'inizio, proprio all'inizio, quando i tuoi occhi sono grandi e luminosi e voraci, delle gocce non ti accorgi neanche.
Poi ogni goccia che ti cade vicino ti sconvolge e ti sbatte per terra.
Dopo iniziano a fare male, molto male a volte, ma tu rimani in piedi, devi stare dritto: sei diventato forte.
Poi la pioggia inesorabilmente aumenta, le gocce sono sempre più frequenti e il cielo diventa scuro.
Ci si abitua a tutto, dicono. Ma anche al diluvio?
Poi ogni goccia che ti cade vicino ti sconvolge e ti sbatte per terra.
Dopo iniziano a fare male, molto male a volte, ma tu rimani in piedi, devi stare dritto: sei diventato forte.
Poi la pioggia inesorabilmente aumenta, le gocce sono sempre più frequenti e il cielo diventa scuro.
Ci si abitua a tutto, dicono. Ma anche al diluvio?
16 maggio 2011
Affacciato sull'NBA
Che io continui a non capirci un granché continua ad essere un dato di fatto, ma nel frattempo ho azzeccato tutte e 4 le semifinaliste per il titolo NBA 2010-11.
Per chi ne sa ancora meno di me, elenco qualche cosa che ho capito da poco, soprattutto le cose diverse dalla nostra mentalità:
Allora, secondo le mie ponderatissime ed autorevoli previsioni ho azzeccato tutte le finaliste di Conference, che sono:
A Est: Chicago Bulls vs. Miami Heats
A Ovest: Dallas Mavericks vs. Oklahoma Thunder
Invece la mia sparata "gli Heat gli fanno un mazzo così ai Bulls" inizia già a vacillare: in gara 1 i Bulls hanno strapazzato gli Heat 103-82.
Mio figlio, che ha già dimenticato i Lakers e tifa Bulls, a colazione ha fatto i salti di gioia:
"Grandi Buuulsss!"
"Piano, che versi il latte!"
Per chi ne sa ancora meno di me, elenco qualche cosa che ho capito da poco, soprattutto le cose diverse dalla nostra mentalità:
- L'NBA, la National Basketball Association è composta da 30 squadre, che in realtà si chiamano franchigie e che sono una cosa un po' diversa da come intendiamo noi le squadre
- Le franchigie infatti sono tipo delle aziende (ah, l'Amerika…) che possono fallire e sparire di botto. Non sono legate in maniera indissolubile ad una città, anche se il loro nome ne indica la collocazione geografica. I Los Angeles Lakers sono di Los Angeles, ma se i proprietari vedessero dei buoni motivi per trasferirsi a Chattanooga in Tennessee, diventerebbero i Chattanooga Lakers. Poi è chiaro che gli abitanti di una città si affezionano alle squadre locali, per cui questi spostamenti sarebbero dei traumi sportivi da gestire, ma in linea di massima si può fare e in effetti ogni tanto succede. Proprio i Lakers fino al 1960 erano i Minneapolis Lakers, poi si trasferirono a L.A.
- L'ingresso di una nuova franchigia nella lega è frutto di trattative a me ignote. In ogni caso chi si propone deve dimostrare che il proprio inserimento significherà un beneficio (economico, of course) per la lega, portando tifosi, impianti, giocatori ecc.
- Non esiste retrocessione. La lega è unica, anche se in qualche modo collegata con altre leghe inferiori, ma se arrivi ultimo in campionato ti becchi solo l'ira dei tifosi, non la serie B.
- Nonostante il nome, l'NBA va oltre i confini nazionali USA e ammette anche squadre canadesi: al momento ci sono solo i Toronto Raptors, fino a poco tempo fa c'erano anche i Vancouver Grizzlies, ora trasferiti a Memphis.
- La lega è divisa in due Conference, la Eastern e la Western. Durante la stagione regolare, ogni squadra gioca principalmente contro le altre squadre della propria Conference, ma gli incroci con l'altra sono frequenti.
- In totale le partite giocate da ogni squadra durante la sola stagione regolare sono 82! Poi ci sono playoff. Prima c'è la pre-season. In mezzo c'è l'All Star Game, che è un weekend di puro spettacolo in cui si esibiscono i migliori giocatori della lega in sfide Est-Ovest, gare di schiacciate, dei tiri da 3 punti,...
- Quando si parla delle partite, le squadre sono citate in ordine inverso rispetto a come facciamo noi: Boston-Chicago vuol dire che si gioca a Chicago, in casa dei Bulls. Difatti spesso si trova la @, che in questa accezione significa "at": Boston @ Chicago (I Boston Celtics vanno a Chicago).
- Non essendoci pareggi, non ci sono punteggi per la vittoria o sconfitta. Semplicemente la classifica si fa contando quante vittorie ha ottenuto ogni squadra. I risultati di ogni squadra sono in genere messi tra parentesi dopo il nome. Per esempio, quest'anno i Chicago Bulls hanno vinto 60 partite e perse 22, per cui si trova frequentemente scritto Chicago Bulls (60-22).
- A fine stagione le migliori 8 squadre di ogni Conference partecipano ai Play-Off. Questi sono rigorosamente divisi tra Western e Eastern conference. Non ci sono incroci prima della finale.
- Gli scontri di playoff sono giocati al meglio di 7 partite. Chi ne vince 4 passa il turno.
- Il sistema "al meglio di 7", la logica degli abbinamenti e lo schema in casa-fuori casa è stato oggetto di polemiche e revisioni nel corso dell'intera storia dell'NBA. Attualmente lo schema è il 2-2-1-1-1, cioè la squadra che aveva fatto più punti durante la stagione regolare gioca in casa le partite 1, 2, 5 e 7; quindi la squadra con il miglior piazzamento viene premiata con un maggior numero di gare in casa, compresa l'eventuale ultima sfida.
- Le finali di Conference costituiscono le semifinali di lega. Chi vince il titolo di Conference si gioca il titolo NBA con l'altra vincitrice di Conference, sempre al meglio di 7.
Allora, secondo le mie ponderatissime ed autorevoli previsioni ho azzeccato tutte le finaliste di Conference, che sono:
A Est: Chicago Bulls vs. Miami Heats
A Ovest: Dallas Mavericks vs. Oklahoma Thunder
Invece la mia sparata "gli Heat gli fanno un mazzo così ai Bulls" inizia già a vacillare: in gara 1 i Bulls hanno strapazzato gli Heat 103-82.
Mio figlio, che ha già dimenticato i Lakers e tifa Bulls, a colazione ha fatto i salti di gioia:
"Grandi Buuulsss!"
"Piano, che versi il latte!"
Wanjiru
Quando ti appassioni a qualcosa ti appassioni pure ai personaggi stellari che quell'attività la praticano a livelli eccelsi.
Mi capita per ogni mia Bruciante Passione, e dato che l'attuale e più bruciante di tutti è la corsa, il mio amore si rivolge incondizionato verso i fantastici maratoneti che corrono i 42km a velocità che neppure la mia mente riesce a concepire, senza parlare delle gambe.
Ce n'era uno, fino a ieri, che prometteva di diventare Il Più Grande Di Tutti, si chiamava Samuel Wanjiri e aveva vinto la maratona Olimpica di Pechino 2008, una di quelle vittorie che ti lanciano senza dubbi nell'empireo dei Grandissimi dello Sport. Lui tra l'altro l'aveva fatto da giovanissimo, a 21 anni trionfando in una gara dove l'esperienza e la testa contano tanto quanto le gambe, forse ancora di più.
Ha detenuto il record mondiale sulla mezza maratona per diversi anni (la prima volta l'aveva battuto a 18 anni), palleggiandoselo con Sua Maestà Haile Gebrselassie, e dato che questa è la gara che corro anch'io(1), la mia ammirazione per lui raggiunge livelli sconfinati.
Sempre giovanissimo aveva già vinto alcune delle maratone più prestigiose del mondo: Pechino, Londra e Chicago due volte.
Sportivamente un fenomeno, un fuoriclasse destinato a cose grandissime.
E invece la vita, le cose più banali e ordinarie della vita, lo hanno sconfitto. Non si sa bene cosa sia successo, pare che la moglie l'abbia trovato a letto con un'altra, che l'abbia chiuso a chiave in camera. Poi lui è volato giù dal balcone, non è chiaro perché, se sia suicidio o cosa.
In fondo però non importa.
È stata una vicenda piccola e meschina a uccidere un uomo grandissimo, un piccolo atleta (poco più di un metro e sessanta per 52kg) capace di fare cose meravigliose. In uno sport poi, in cui la saggezza, la capacità di sopportare dolore e fatica, la voglia di soffrire per ore, lo rendono più adatto ad animi ponderati che a giovanili esuberanze. Uno sport che non ammette colpi di testa, gesti inconsulti.
E invece, ad ulteriore dimostrazione di quanto il nostro carattere sia sempre troppo sfaccettato e articolato per essere descritto semplicemente, è stato tutto ciò che non deve esistere nella corsa di resistenza a ucciderlo.
Mi piacerebbe crederci e potergli augurare "Buone corse, ovunque ti trovi", ma non è nel mio sentire. Mi limito a digli "Grazie Samuel, sei stato una grandissima testa calda, ma grandissimo davvero".
(1)Oddio, mi sembra ridicolo mettermi nello stesso post in cui parlo di certa gente.
Lo è. È ridicolo.
Mi capita per ogni mia Bruciante Passione, e dato che l'attuale e più bruciante di tutti è la corsa, il mio amore si rivolge incondizionato verso i fantastici maratoneti che corrono i 42km a velocità che neppure la mia mente riesce a concepire, senza parlare delle gambe.
Ce n'era uno, fino a ieri, che prometteva di diventare Il Più Grande Di Tutti, si chiamava Samuel Wanjiri e aveva vinto la maratona Olimpica di Pechino 2008, una di quelle vittorie che ti lanciano senza dubbi nell'empireo dei Grandissimi dello Sport. Lui tra l'altro l'aveva fatto da giovanissimo, a 21 anni trionfando in una gara dove l'esperienza e la testa contano tanto quanto le gambe, forse ancora di più.
Ha detenuto il record mondiale sulla mezza maratona per diversi anni (la prima volta l'aveva battuto a 18 anni), palleggiandoselo con Sua Maestà Haile Gebrselassie, e dato che questa è la gara che corro anch'io(1), la mia ammirazione per lui raggiunge livelli sconfinati.
Sempre giovanissimo aveva già vinto alcune delle maratone più prestigiose del mondo: Pechino, Londra e Chicago due volte.
Sportivamente un fenomeno, un fuoriclasse destinato a cose grandissime.
E invece la vita, le cose più banali e ordinarie della vita, lo hanno sconfitto. Non si sa bene cosa sia successo, pare che la moglie l'abbia trovato a letto con un'altra, che l'abbia chiuso a chiave in camera. Poi lui è volato giù dal balcone, non è chiaro perché, se sia suicidio o cosa.
In fondo però non importa.
È stata una vicenda piccola e meschina a uccidere un uomo grandissimo, un piccolo atleta (poco più di un metro e sessanta per 52kg) capace di fare cose meravigliose. In uno sport poi, in cui la saggezza, la capacità di sopportare dolore e fatica, la voglia di soffrire per ore, lo rendono più adatto ad animi ponderati che a giovanili esuberanze. Uno sport che non ammette colpi di testa, gesti inconsulti.
E invece, ad ulteriore dimostrazione di quanto il nostro carattere sia sempre troppo sfaccettato e articolato per essere descritto semplicemente, è stato tutto ciò che non deve esistere nella corsa di resistenza a ucciderlo.
Mi piacerebbe crederci e potergli augurare "Buone corse, ovunque ti trovi", ma non è nel mio sentire. Mi limito a digli "Grazie Samuel, sei stato una grandissima testa calda, ma grandissimo davvero".
(1)Oddio, mi sembra ridicolo mettermi nello stesso post in cui parlo di certa gente.
Lo è. È ridicolo.
14 maggio 2011
Mi preoccupo?
Non sono residente a Torino, ma ci lavoro e ci passo molto del mio tempo, poi abito abbastanza vicino da conoscerne problemi e temi, per cui, anche se domenica non dovrò votare, ho fatto il gioco Voi Siete Qui di openpolis per verificare la mia vicinanza o lontananza con i candidati sindaci in città.
Sono finito praticamente in braccio a Fassino:
Sono finito praticamente in braccio a Fassino:
12 maggio 2011
EnBiEi
Del difficile ed esaltante mestiere di padre, una delle cose più belle è senz’altro la possibilità di guardare con occhi nuovi le cose vecchie. Ed è esaltante pure l’occasione di appassionarsi alle cose nuove, ma qui il terreno è più scivoloso, dato che si rischia facilmente di scadere nel giovanilismo,.
Come il 99% dei miei coetanei, lo sport che ho quasi esclusivamente praticato durante l’infanzia e l’adolescenza è stato il calcio, in ogni sua forma, dal correre dietro una lattina schiacciata al giocare su campi regolari in squadrette da oratorio.
I risultati di tanto impegno, per quanto mi riguarda, sono stati penosi e l’aggravante è che con questa monotematicità mi sono precluso non solo la pratica, ma pure la conoscenza di qualsiasi altro sport di squadra.
[esagero naturalmente, sono tanti gli sport che ho in qualche modo praticato, ma se metto vicine le ore dedicate al calcio a quelle dedicate a tutto il resto, il confronto è assolutamente impietosamente a favore del primo]
Mio figlio, il primogenito, pratica invece qualsiasi cosa che non sia il calcio, chiaramente entro vincoli di tempo e disponibilità. Nuota, scia, giocava a rugby (ora ha smesso), va in bici, pattina, ha fatto pure qualche garetta di corsa, ma il suo sport preferito è indubbiamente il basket, che gioca regolarmente nelle giovanili della squadra locale.
Temo che questioni di altezza gli tarperanno le ali in futuro, ma per ora è un piacere vederlo accanirsi con ogni sua forza per gettare la palla nel canestro in pantaloncini e canotta.
Pantaloncini e canotta sono gialli e viola, i colori dei Los Angeles Lakers. Il numero è il 24, quello di Kobe Bryant. E qui veniamo al punto.
Praticare uno sport significa appassionarsi per le gesta dei protagonisti ai livelli più alti, e quando si tratta di basket non c’è dubbio che la massima espressione di questo sport sia quella giocata dai giocatori USA, nell’NBA.
Nelle mie vesti di padre dunque mi ritrovo a fare da accompagnatore e facilitatore (non è facile qui in Italia seguire le vicende dell’NBA) di questa sua passione, finendo a mia volta per appassionarmi con lui.
La squadra (franchigia, si dice franchigia!) scelta come oggetto di tifo è appunto quella dei L.A. Lakers, una delle più titolate e campione della scorsa stagione, la cui stella è proprio Kobe “Black Mamba” Bryant (quello della foto), uno dei più forti giocatori di sempre. Il tifo da così lontano ci permette comunque di essere abbastanza flessibili, per cui, dopo la disastrosa eliminazione al secondo turno di playoff (0-4 contro i Dallas Mavericks), ci siamo orientati verso i Chicago Bulls, in cui milita l’astro nascente Derrik Rose (mentre la stella di Bryant è per motivi anagrafici in fase calante).
Via, morto un papa se ne fa un altro. Ma d’altronde nel calcio (che comunque seguiamo, non siamo marziani) già tifiamo per il Toro e di essere condannati alla sofferenza pure nel basket non ci va, quindi pigliamo la squadra più forte, coi giocatori più sensazionali e tifiamo per quella. Poi un giorno ci affezioneremo e saremo più fedeli, forse.
Però, per il mio piccolo ragazzo ho una brutta notizia: secondo me i Miami Heats gli fanno un mazzo così ai Bulls. Comunque per ora facciamo gli spettatori e va detto che seguire una partita di quelle, significa assistere ad uno spettacolo pazzesco, dove la gente fa delle cose che sembrano impossibili, a ritmi frenetici e intensità mostruosa (niente a che vedere col calcio, ci diciamo io e il mio compare dandoci di gomito).
Vabbè, le mie previsioni valgono poco più di niente, sto ancora cercando di capire le regole più sottili, per dire, ma ora metto qui il mio bracket, tanto per poter vantarmi, quando avrò azzeccato ogni pronostico, che io ne capisco.
Ah, la fase dei playoff è già piuttosto avanzata, quindi i giochi sono già piuttosto facili. In nero i risultati già acquisiti, in rosso quelli previsti.
Come il 99% dei miei coetanei, lo sport che ho quasi esclusivamente praticato durante l’infanzia e l’adolescenza è stato il calcio, in ogni sua forma, dal correre dietro una lattina schiacciata al giocare su campi regolari in squadrette da oratorio.
I risultati di tanto impegno, per quanto mi riguarda, sono stati penosi e l’aggravante è che con questa monotematicità mi sono precluso non solo la pratica, ma pure la conoscenza di qualsiasi altro sport di squadra.
[esagero naturalmente, sono tanti gli sport che ho in qualche modo praticato, ma se metto vicine le ore dedicate al calcio a quelle dedicate a tutto il resto, il confronto è assolutamente impietosamente a favore del primo]
Mio figlio, il primogenito, pratica invece qualsiasi cosa che non sia il calcio, chiaramente entro vincoli di tempo e disponibilità. Nuota, scia, giocava a rugby (ora ha smesso), va in bici, pattina, ha fatto pure qualche garetta di corsa, ma il suo sport preferito è indubbiamente il basket, che gioca regolarmente nelle giovanili della squadra locale.
Temo che questioni di altezza gli tarperanno le ali in futuro, ma per ora è un piacere vederlo accanirsi con ogni sua forza per gettare la palla nel canestro in pantaloncini e canotta.
Pantaloncini e canotta sono gialli e viola, i colori dei Los Angeles Lakers. Il numero è il 24, quello di Kobe Bryant. E qui veniamo al punto.
Praticare uno sport significa appassionarsi per le gesta dei protagonisti ai livelli più alti, e quando si tratta di basket non c’è dubbio che la massima espressione di questo sport sia quella giocata dai giocatori USA, nell’NBA.
Nelle mie vesti di padre dunque mi ritrovo a fare da accompagnatore e facilitatore (non è facile qui in Italia seguire le vicende dell’NBA) di questa sua passione, finendo a mia volta per appassionarmi con lui.
La squadra (franchigia, si dice franchigia!) scelta come oggetto di tifo è appunto quella dei L.A. Lakers, una delle più titolate e campione della scorsa stagione, la cui stella è proprio Kobe “Black Mamba” Bryant (quello della foto), uno dei più forti giocatori di sempre. Il tifo da così lontano ci permette comunque di essere abbastanza flessibili, per cui, dopo la disastrosa eliminazione al secondo turno di playoff (0-4 contro i Dallas Mavericks), ci siamo orientati verso i Chicago Bulls, in cui milita l’astro nascente Derrik Rose (mentre la stella di Bryant è per motivi anagrafici in fase calante).
Via, morto un papa se ne fa un altro. Ma d’altronde nel calcio (che comunque seguiamo, non siamo marziani) già tifiamo per il Toro e di essere condannati alla sofferenza pure nel basket non ci va, quindi pigliamo la squadra più forte, coi giocatori più sensazionali e tifiamo per quella. Poi un giorno ci affezioneremo e saremo più fedeli, forse.
Però, per il mio piccolo ragazzo ho una brutta notizia: secondo me i Miami Heats gli fanno un mazzo così ai Bulls. Comunque per ora facciamo gli spettatori e va detto che seguire una partita di quelle, significa assistere ad uno spettacolo pazzesco, dove la gente fa delle cose che sembrano impossibili, a ritmi frenetici e intensità mostruosa (niente a che vedere col calcio, ci diciamo io e il mio compare dandoci di gomito).
Vabbè, le mie previsioni valgono poco più di niente, sto ancora cercando di capire le regole più sottili, per dire, ma ora metto qui il mio bracket, tanto per poter vantarmi, quando avrò azzeccato ogni pronostico, che io ne capisco.
Ah, la fase dei playoff è già piuttosto avanzata, quindi i giochi sono già piuttosto facili. In nero i risultati già acquisiti, in rosso quelli previsti.
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