9 marzo 2009

Chiamale se vuoi emozioni

Ieri, a capo di un’allegra e alquanto chiassosa brigata (il sottoscritto e moglie, i due figli “grandi” e un nipote) sono andato a vedere la giornata conclusiva degli Europei Indoor di Atletica Leggera. A mia memoria e tanto per fare due chiacchiere, riporto qui qualche pensiero che mi è frullato per la zucca durante e dopo la manifestazione.

Emozioni. Erano anni che non mi esaltavo così per una prestazione sportiva. Tutto l’andamento della giornata in effetti sembra sia stato studiato per renderla il più entusiasmante possibile: nelle prime gare di italiani non si vedeva manco l’ombra. Tutti russi, tedeschi, moldavi, polacchi… e di tutine azzurre manco una.
Non importa però, perché una delle cose più belle di questi sport è che il tifo c’è, ovvio, semo itajani e tifamo azzuri, ci mancherebbe, però non si tifa contro. Per cui è capitato più volte di gridare di meraviglia e di applaudire da spellarsi le mani per un salto di un tedesco, il getto del peso di un polacco (impressionante Majewski), lo sprint di un portoghese…
E poi gli italiani sono spuntati, prima senza azzeccare un risultato, poi con un bronzo, poi con un argento e un bronzo nella stessa gara e infine l’apoteosi dell’oro nell’ultima gara in programma, la staffetta 4x400 maschile. Ho urlato a squarciagola ad ogni frazione e ogni volta che passavano sotto di noi e quando Licciardello ha superato due avversari sull’ultimo rettilineo ed è arrivato primo al traguardo ho saltato, urlato, gioito come un folle (Carlotta da sotto mi guardava un po’ preoccupata…). E con me tutto il palazzetto. Memorabile.

L’impianto. Sarà pure partigiano orgoglio torineis, ma la zona dove sorge l’Oval, e l’Oval-Lingotto stesso sono davvero spettacolari. È un piacere andarci e un piacere passarci la giornata.

Le atlete. Per me le mezzofondiste sono le donne più ben fatte del mondo. Indubbiamente.
Penso poi che il discorso valga anche al maschile, magari spostandosi in categorie più muscolose, ma non posso esprimermi.

Gli atleti. Uscendo dall’impianto a fine gare, era pieno di atleti in tuta che si stavano organizzando per il rientro, tranquilli, quasi tutti sorridenti. Mi ha toccato vedere la vincitrice della medaglia di bronzo di salto in alto ferma ad aspettare il pullman della federazione su un marciapiedi del parcheggio. Ai piedi la scatola con il dono fatto ai vincitori e il rituale mazzo di fiori. Immagino che la medaglia la tenesse nelle mani in tasca, in ogni caso non l’ho vista. Ho incrociato il suo sguardo e ho spremuto le meningi alla ricerca di qualcosa da dire, un gesto da fare, solo per comunicarle la mia ammirazione.
Niente.
Ho rimediato con un sorriso e una specie di saluto. Lei ha ricambiato.
Quando penso ai calciatori…

Lo sport di nicchia. Fortunatamente fuori dai nostri confini non è così, ma qui siamo talmente calcio-centrici che qualsiasi altro sport diventa praticamente underground. Come certa musica.
E proprio al paragone musica underground-atletica leggera volevo arrivare: assistere alla gare di ieri è stato come andare a vedere certi concerti di gente ben al di fuori dai circuiti mainstream. Poca gente (vabbè, diverse migliaia e palazzetto quasi pieno, ma non certo le decine di migliaia degli stadi del calcio), competentissima (ascoltare i commenti della gente che ti sta intorno equivale grossomodo a seguire la telecronaca del mitico duo Bragagna-Monetti), civilissima, simpatica, orgogliosa della propria “diversità”, appassionata, rispettosa (durante gli inni delle premiazioni, tutti in piedi e composti; e durante le fasi di partenza delle gare di sprint il silenzio era impressionante).
E l’atteggiamento dei protagonisti: ci sono certamente le eccezioni, soprattutto a livello mondiale o olimpico, ma quello che ho visto ieri del tutto simile a quello dei musicisti indie: prima e dopo le gare (=il concerto) sono in mezzo al pubblico a chiacchierare, tranquillissimi. 
“Già, perché tu ascolti musica di gente sfigata. Chi vuoi che se la fili, oltre a te e a quei quattro sciamannati che vanno a ‘sti concerti?” dice quella spiritosa di mia moglie.
Ora, visto che lei in fondo è la vera appassionata di famiglia, le potrò rispondere: “Proprio come l’atletica: spettacolo per intenditori”.

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